Il 2023 sembra un anno fortunato per il progressive metal, visto il livello dei dischi usciti fino ad ora: i polacchi Riverside, gli inglesi Haken, i francesi Klone e, quindi, i norvegesi Enslaved, che il genere lo declinano, da circa trent’anni, nell’accezione più estrema del black.
Il loro suono unico è immediatamente riconoscibile e, dai loro esordi, quando l’approccio al genere vestiva abiti più tradizionali, fino alla versione odierna di prog metal multidimensionale, la band ha dimostrato di essere un’autentica forza della natura in continua evoluzione, raffinando e perfezionando una proposta che, pur senza rinnegare le radici black, ha acquisito una complessità e un’autorevolezza di altro livello, impossibile da costringere entro le pastoie di un’asciutta e impersonale definizione.
Una band speciale, quindi, la cui musica, come avviene in quest’ultimo Heimdal, possiede un andamento imprevedibile, capace di spingere l’immaginario dell’ascoltatore ovunque, tra le brume spirituali della mitologia norrena, nell’accecante bellezza di una natura selvaggia, nelle acque livide e ostili di un mare avvolto di nebbia, nel clangore del campo di battaglia, tra violenti corpo a corpo e scudi che cozzano tra sangue e sudore. Gli Enslaved, insomma, continuano a spingere sulla creatività, non rinnegandoo il passato, certo, ma aprendo a scenari che vanno oltre i riff pesanti e la ritmica tonitruante.
"In Behind The Mirror" introduce la scaletta evocando tutto il patrimonio iconografico norreno della band, e aprendo le danze attraverso lo sciabordio delle acque dei mari nordici e il suono dei corni da guerra vichinghi (suonati da Eilif Gundersen di Wardruna). Un brano in cui la perfetta simbiosi tra prog e black metal è innescata dall’immaginazione di acque gelide e nebbiose su cui è pronto a scatenarsi l’inferno della battaglia. "Congelia" è un brano ancora più cupo, attraversato da riff glaciali e da un breve passaggio di tastiere, che ammanta di solennità la canzone, ma non salva i padiglioni auricolari da un'eruzione ritmica vertiginosa e ipnotizzante di feroce prog metal.
La più ariosa "Forest Dweller" contrasta l'assalto precedente con contorni melodici di più ampio respiro, aprendosi tra le brume di un doom emotivo ed echi progressive anni ’70, cantato pulito alternato al growl, il riff infuocato, saturo di black, della sezione centrale, prima di dissolversi in un viaggio pacificamente psichedelico attraverso un’elettronica dolce e soffusa. La straordinaria teatralità di "Kingdom" è decisamente uno dei vertici dell’album, un gioiello di prog caotico e industrializzato, che possiede un’incredibile carica elettrica e si nutre di una ritmica che proviene direttamente dagli inferi.
"The Eternal Sea" testimonia ulteriormente sulla profondità creativa degli Enslaved, un brano cupo e oscuro, in bilico fra ferocia e malinconia, maestosità e potenza, che riflette la natura dei vasti oceani, a volte limpidi e sereni, altre, minacciosi e ostili.
Se "Caravans To The Outer Worlds", è un brano già noto, che era stato pubblicato per la prima volta nel 2021, ma che si adatta perfettamente allo scorrere della scaletta, la title track "Heimdal" chiosa l'album con un'introduzione carica di riff fangosi e lenti che evocano un’atmosfera nebbiosa e dissonante, salvo poi, nella seconda parte, esplodere di vitalità attraverso un ritmo incisivo e rimbalzante, prima di evaporare in una conclusione rarefatta e suggestiva.
Gli Enslaved si confermano una band di statura mondiale e in continua evoluzione, pur riuscendo a rimanere in qualche modo fedeli alla propria storia e alle proprie origini. Questo nuovo Heimdal è l’ennesimo capitolo di una discografia senza una pecca, un disco che va ascoltato con calma, in modo da poterne assorbire la complessità nel flusso sanguigno, perché sono davvero tante le sfumature e gli strati da scoprire e assimilare. Un disco dinamico, non immediato forse, ma coinvolgente, capace di stuzzicare l’immaginazione, facendo viaggiare l’ascoltatore verso territori suggestivi, ma al contempo colpendo con quelle sferzate feroci che sono l’anima del black metal. Un’opera ambiziosa, dagli intenti sperimentali, ma anche intrisa del sangue norreno della band, che finisce per essere al contempo famigliare e in qualche modo diversa, inaudita. Un equilibrio di assoluta perfezione.