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REVIEWSLE RECENSIONI
23/02/2018
AWOLNATION
Here Come the Runts
Una personale visione dell’America di oggi: quella dei lunghi viaggi in macchina, dei pub con il cappello da cowboy, della contemplazione dei laghi di montagna e dell’inestinguibile autodeterminazione di ognuno. Un mix che fa i conti con le distorsioni electro-pop e il rock alternative, dove il richiamo al classico non dura mai a lungo e dove le aspettative sono sempre disattese dalla creatività innata di Aaron Bruno.

Aaron “Awol” Bruno, leader del progetto Awolnation, lo dichiara senza problemi: Here Come the Runts è influenzato da Born in the USA di Bruce Springsteen; con questo ultimo lavoro vuole raccontare l’America di oggi per quella che è realmente, nelle sue radici. Lo fa però sempre attraverso il suo personalissimo punto di vista, creando una struttura sonora che unisce distorsioni, melodia, elettronica spinta, linee vocali a più livelli, sperimentazioni e tanta energia positiva.

Traccia dopo traccia, per 45 minuti, Aaron guida l’ascoltatore in un viaggio mentale tra i laghi di montagna americani dove ha registrato questo ultimo album, dove ogni canzone è colonna sonora di un momento particolare, di un movimento dell’animo o di uno stralcio di paesaggio. Ogni emozione espressa in musica ha infatti molteplici colori e luminosità differenti, e non solo tra canzone e canzone, ma ancor più all’interno di ogni singolo brano. Ogni pezzo è denso di tante sperimentazioni e mostra diversi volti, talvolta palesemente, talvolta solo a seconda della predisposizione d’animo con cui si ascolta.

Sin dall’omonima traccia di apertura, Here Come the Runts inizia con il botto, ricordando tutti i punti di forza della musica di Aaron: linee vocali dal falsetto allo scream, distorsioni, elettronica, melodia, beat e solarità. “Passion” non è da meno (degno di nota anche l’originale videoclip in ambito skate, che fa l’occhiolino alla passione di Aaron per il surf) e il beat che fa muovere testa e piedi continua anche nelle successive “Sound Witness System” e “Miracle Man”. Con questa infatti si chiude idealmente la prima parte del disco, quella che ricorda il meglio di Megalithic Symphony (2011) e che rende a pieno l’originale marchio Awolnation.

Con “Handyman” e “Table for One” si cambia passo e si rallentano i ritmi, sperimentando l’incontro tra un’elettronica più delicata e l’indie rock più emozionale, un mix già utilizzato in alcune delle tracce del precedente Run (2015), ma qui più centrato e consapevole. In questa seconda parte del disco si entra nel vivo dell’americanità e “Seven Sticks of Dynamite” ne è probabilmente la rappresentazione migliore (e non solo perché nel videoclip troviamo le perfette atmosfere USA in cui Aaron ci vuole far immergere e un bel cameo di Rick Rubin).

“Jealous Buffoon” tiene le redini del “tiro” nella parte centrale dell’album con un elettronica più marcata e un’elegante leggerezza autoironica e “My molasses” porta con il suo indie rock un po’ più ritmato verso la terza ed ultima parte del disco. Tra la rockeggiante “Cannonball” e i territori un po’ più cupi di “Tall, Tall tale” l’ascoltatore si avvicina al crepuscolo del viaggio.

L’avventura termina con “Stop That Train”, una suite di sei minuti in più movimenti, dove Aaron Bruno riversa tutta la sua creatività sperimentale, passando dai toni più lievi ai ritmi più spinti, sfociando in scream e sonorità quasi metal. Una sintesi quasi schizofrenica della molteplicità di Aaron Bruno, capace di unire uno sfrontato atteggiamento punk alle sonorità electro-synth-pop.

Awolnation non è mai banale, prevede sempre stratificazioni che si apprezzano con il tempo e che richiedono diversi ascolti per poter essere colte nella loro unitarietà, soprattutto nel rapporto tra tracce con ritmi e atmosfere molto differenti. Con Here Comes the Runts Aaron pennella un ventaglio di emozioni e di luoghi, che forse non realizzano il migliore album della sua carriera, ma rendono comunque giustizia al talento di questo ragazzo californiano e alla molteplicità del suo animo.