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REVIEWSLE RECENSIONI
28/09/2022
Oliver Sim
Hideous Bastard
Che alla base di Hideous Bastard vi sia un certo coefficiente di ambiguità è in effetti evidente sin dal titolo, insolitamente duro, se associato al viso innocente e quasi angelico del cantante e bassista degli XX.

L’aggettivo che Oliver Sim ha associato a questo disco è “louche”, una parola che lui stesso non conosceva (gliel’avrebbe insegnata suo padre qualche mese fa). In italiano è tradotta come “sospettoso” ma per come la spiega lui c’è ben altro, la associa ad una persona bella e affascinante che però, se la si guarda bene, ha il diavolo negli occhi. “Uno tipo Brian Ferry” ha detto durante un’intervista rilasciata di recente.

Che alla base di Hideous Bastard vi sia un certo coefficiente di ambiguità è in effetti evidente sin dal titolo, insolitamente duro, se associato al viso innocente e quasi angelico del cantante e bassista degli XX.

Ma forse è proprio questo il punto: che probabilmente il suo autore voglia utilizzare questo lavoro per scoprire, e di conseguenza raccontare, una nuova dimensione di sé, con tutta la difficoltà insita nel fare musica per la prima volta da soli, senza la presenza rassicurante dei suoi due compagni di sempre (anche se in realtà Jamie XX gli ha dato una grossa mano, sia nella fase di ideazione che in quella di produzione vera e propria).

 

L’amore per i film horror e il coming out, due aspetti non necessariamente collegati che trovano però in queste canzoni una sintesi non scontata. C’è per esempio “Hideous”, che apre il lavoro in maniera sorprendente, Pop scintillante e raffinato, con orchestrazioni dal sapore Sixties e una prova vocale da crooner di razza. È un pezzo che parla dell’accettazione di sé, di quanto sia difficile donare agli altri anche gli aspetti più turpi e scomodi della propria personalità. Nel video che lo accompagna si vede Oliver con un viso mostruoso, cantare all’interno di un club dove anche gli avventori presentano lineamenti deformi. Le luci sono basse, l’atmosfera inquietante, a dispetto del mood soffuso della melodia, ci sono uomini che si cercano di sfuggita, si avvicinano e poi si separano, in una persistente sensazione di incertezza. Alla fine, liberatoria, arriva la voce di Jimmy Somerville, che nel video, stando a quanto spiegato da Sim stesso, incarna una sorta di fata madrina, una figura che rivelerà al protagonista il proprio destino.

A ben vedere, è già tutto dentro qui. Innanzitutto l’immaginario horror, che a Romy e a Jamie non è mai piaciuto e che lui ha esplorato da solo, trovandovi la perfetta rappresentazione della musica che voleva fare: piena di significato, vera, ma allo stesso tempo cruda e anche un po’ assurda. Dei film horror ha recuperato anche il sinistro fascino dei suoi villain più famosi, come Patrick Bateman, Norman Bates e Hannibal Lecter: personaggi indubbiamente cattivi ma anche in possesso di quella “queerness” che, a sentire lui, avrebbe poi scoperto come autentica dimensione di sé.

 

Non è un caso se in alcuni testi di queste canzoni (soprattutto in quello di “Unreliable Narrator”) Oliver li usa come veri e propri alter ego, a sottolineare che la linea che separa bene e male non è così definita, esattamente come non è possibile tracciare un confine tra normalità e anormalità. Il mostro come allegoria dell’io, dunque: malvagio, crudele, ma anche bisognoso d’amore.

E difatti in “Run the Credits” ironizza sullo stereotipo del principe azzurro, il buono che incarnerebbe il bene a tutto tondo, ripetendo all’infinito nel ritornello che “Anche Romeo muore nell’ultima scena”.

Parte da qui anche la ricerca dei modelli, degli artisti in cui ha voluto vedere un’affinità anche spirituale. Non solo Jimmy Somerville, con cui è nata la collaborazione di cui sopra, ma anche John Grant (la cui influenza è chiaramente percepibile all’interno di molte di queste tracce) ed Elton John, con cui è nato un dialogo intenso e proficuo.

Non è un disco che ruota attorno agli opposti, lui stesso dice di non credere alle dicotomie: “Le canzoni tristi sempre dentro un po’ di gioia, quelle allegre sempre un po’ di malinconia”. Hideous Bastard è esattamente così, gode a scombinare la carta delle emozioni e quando credi di aver capito in che direzione si sta muovendo, ti sorprende con una virata improvvisa.

 

Ci sono punti di continuità con gli XX: “Never Here” con la sua elettronica minimale e le sue suggestioni notturne ma anche la pulsante “GMT” (che sta per “Greenwich Mean Time”), una dichiarazione d’amore alla sua Londra e di come sia bello ritrovarla al ritorno da ogni viaggio. Allo stesso tempo però c’è tutto un mondo di cose mia provate prima, a partire dall’uso della voce, che si è fatta più profonda e consapevole, come se l’essere qui l’unico a cantare lo abbia costretto a tirare fuori sfumature e colori nuovi.

C’è un uso di sample ed elementi elettronici sempre al servizio della melodia, con però un gusto negli arrangiamenti piuttosto equilibrato e minimale (la sola “Fruit”, che spinge un po’ di più sul beat, risulta più prodotta rispetto al resto), alcune soluzioni piuttosto ruffiane (“Romance With a Memory”, “Sensitive Child”) che puntano sul groove e sul botta risposta delle parti vocali, episodi più cupi come “Confident Man”, beat secco e magnifico lavoro di orchestrazioni, l’ossessiva ripetizione del ritornello sopra un tappeto di vocalizzi a costituirne l’ingrediente più interessante. Poi “Unreliable Narrator”, magnificamente avvolta dai Synth, una di quelle dove si è decisamente superato a livello vocale. “Saccharine” ha quel romanticismo delicato e soffuso in stile Antony and The Johnsons, mentre la conclusiva cavalcata “Run the Credits”, col suo ritornello esplosivo, è forse il brano in assoluto migliore.

 

Gli XX come band sono sempre stati molto di più della somma dei tre musicisti in line up; allo stesso tempo, è altrettanto palese che siano anche tre anime distinte e che ciascuna di esse abbia un suo ruolo preciso all’interno dell’economia globale del gruppo. Col suo esordio in solitaria Oliver Sim ha dato spazio alla propria individualità, mettendo in mostra aspetti della propria arte che in precedenza erano rimasti inediti.

Un bellissimo lavoro, in attesa che anche Romy e Jamie pubblichino i rispettivi sforzi.