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REVIEWSLE RECENSIONI
11/09/2017
Sparks
Hippopotamus
Quarantacinque anni di carriera e venticinquesimo album per il duo losangelino scoperto a suo tempo da quel geniaccio di Todd Rundgren, quindici canzoni per dimostrare al mondo che i fratelli Mael sono ancora sul trono della musica pop più divertente e irriverente che abbiate mai ascoltato.

Mi ricordo degli Sparks, ma non per sentito dire; li ho visti suonare in televisione, quelle poche volte che mamma Rai li passava, li ho ascoltati alla radio, sì, anche in quei troiai delle FM italiane, mi divertiva osservare Mr. Ron Mael che spaventava i pischellini inglesi assisi a guardare Top of The Pops con quel suo sguardo perennemente incazzato e i suoi baffetti che ricordavano vagamente un signore tedesco che sganciò qualche chilo di bombe sulle teste dei genitori di quei pischelli. Mi ricordo anche i riccioli mori di suo fratello Russell, il cantante, che ballava e sculettava declamando i versi delle canzoni. Quindi, se anche voi vi ricordate queste cose, benvenuti nel club della terza età.

Non dispiacetevi troppo però, siete perfetti per accogliere il nuovo sensazionale album degli Sparks e goderne appieno: non vorrete mica essere come quei brufolosi che si fanno le seghe sopra i dischi di Ed Sheeran ?

Quarantacinque anni di carriera e venticinquesimo album per il duo losangelino scoperto a suo tempo da quel geniaccio di Todd Rundgren, quindici canzoni per dimostrare al mondo che i fratelli Mael sono ancora sul trono della musica pop più divertente e irriverente che abbiate mai ascoltato.

Hippopotamus arriva nove anni dopo Exotic Creatures Of The Deep, in mezzo la mini operetta The Seduction Of Ingmar Bergman (2009) e dal progetto "F.F.S." (2015) fatto in collaborazione con i Franz Ferdinand. Già dalle prime note prendiamo coscienza di quanto l'art-pop degli Sparks sia sempre più necessario. L'intro dell'album è un breve preludio alle prime tre meraviglie che incontreremo durante il cammino, partendo dalle rimembranze glam di "Missionary Position" canzone che non sfigurerebbe nel repertorio dei Monthy Python, dal pop cristallino e quasi perfetto di "Edith Piaf (Said It Better To Me)" per arrivare allo stato dell'arte di "Scandinavian Design" con coda scandita dalle note di un clavicembalo synth. Ma cosa sarebbero gli Sparks senza le canzoni bislacche che hanno costellato album come Kimono My House (1974) e Propaganda (1974) ? Ecco allora arrivare lo la macabra filastrocca nonsense di "Giddy Giddy", la marcetta da cabaret tedesco anteguerra di "I Wish You Were Fun" e il valzer molescio di "When You Are A French Director" dove viene bellamente preso in giro l'atteggiamento di chi sbrodola davanti a qualsiasi film che arriva dal paese transalpino.

Le chitarre la fanno da padrone in "Unaware" mentre echi lontani del moroderiano N. 1 In Heaven (1979) arrivano nell'elettronica "The Amazing Mr. Repeat" (you gotta beat the clock, ricordate ?) e nella romantica ma non leziosa "A Little Bit Like Fun" (rimembrate "When I'm With You ? Ecco, siamo da quelle parti).

Il gran finale, e non poteva essere diversamente, è affidato ai barocchismi  e ai vocalismi di "Life With The Macbeths", laddove Ron Mael è coadiuvato dal soprano Rebecca Sjöwall, duettando sopra le mode e oltre la canzonetta da classifica.

Insomma, a settant'anni suonati e contrariamente a quanto accade per altri dinosauri della musica che più amiamo, i fratelli Mael hanno tirato fuori dal cilindro uno dei migliori album dell'anno e se, come dicono, con il rock si resta giovani, con il pop, questo tipo di pop, non solo non si invecchia, ma si evita anche il rimbambimento senile.