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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Holly
Stephen King
2023  (Sperling & Kupfer)
LIBRI E ALTRE STORIE
6/10
all THE BOOKSTORE
04/12/2023
Stephen King
Holly
A metà strada fra indagine poliziesca e feuilleton dai contenuti grandguignoleschi, Holly è un buon thriller, che diventa però indigeribile per un'ossessiva apoteosi pro vax e una continua, estenuante ricerca del politically correct

Quando Penny Dahl chiama l'agenzia Finders Keepers nella speranza che possano aiutarla a ritrovare la sua figlia scomparsa, Holly Gibney è restia ad accettare il caso. Il suo socio, Pete, ha il Covid. Sua madre, con cui ha sempre avuto una relazione complicata, è appena morta. E Holly dovrebbe essere in ferie. Ma c'è qualcosa nella voce della signora Dahl che le impedisce di dirle di no. A pochi isolati di distanza dal punto in cui è scomparsa Bonnie Dahl, vivono Rodney ed Emily Harris. Sono il ritratto della rispettabilità borghese: ottuagenari, sposati da una vita, professori universitari emeriti. Ma nello scantinato della loro casetta ordinata e piena di libri nascondono un orrendo segreto, che potrebbe avere a che fare con la scomparsa di Bonnie. È quasi impossibile smascherare il loro piano criminale: i due vecchietti sono scaltri, sono pazienti. E sono spietati. Holly dovrà fare appello a tutto il suo talento per superare in velocità e astuzia i due professori e le loro menti perversamente contorte.

E’ sempre una gioia, per i tanti amanti del brivido, quando un autentico maestro come Stephen King pubblica un nuovo libro, cosa che avviene con imbarazzante regolarità, visto che stiamo parlando di una vera e propria macchina da guerra editoriale. Anche questa volta, sotto il profilo squisitamente thriller, King non delude, costruendo, come gli ingranaggi di una bomba a orologeria, un storia che tiene incollati al libro dalla prima all’ultima pagina, e che oscilla abilmente fra indagine poliziesca (torna la detective privata Holly Gibney, donna tanto fragile quanto risoluta) e feuilleton dai contenuti grandguignoleschi.

Se la prosa è solida ma senza picchi, la narrazione conquista, lo svolgimento non ha forse grandi accelerazioni, ma è ricco di suspense e colpi di scena. Come valore aggiunto all’opera, ci sono anche digressioni molto interessanti (una storia parallela vede protagonista una grande poetessa americana e la sua protetta) sulla funzione della poesia, che sono il valore aggiunto, anche se non necessario, di un romanzo che, a parere di chi scrive, non è esente da critiche.

Il primo dubbio, come spesso accade con i romanzi di King, è se sia veramente lui l’autore, Sbaglierò, probabilmente, ma trovo che dietro Holly ci sia una mano femminile, e non solo perché le figure centrali, ben raccontate sotto il profilo psicologico, sono tutte donne, ma perché le descrizioni, le sfumature nel linguaggio, i pensieri della protagonista, sembrano davvero esprimere una sensibilità diversa rispetto a quella del grande romanziere americano. E’ solo una sensazione, ma tant’è.

Il peggio, però, è che questo romanzo, che si svolge negli anni della pandemia, è l’estate del 2021, si trasforma, pagina dopo pagina, nel vademecum del perfetto pro vax, senza nessun tentativo di analisi critica, di approfondimento, di legittimo dubbio (i cattivi sono tutti non vaccinati, i buoni hanno almeno due dosi). Le oltre cinquecento pagine, sono infatti, non solo un manifesto politico contro Trump (cosa buona e giusta, dal punto di vista di chi scrive), ma anche una continua esortazione a vaccinarsi, una beatificazione in terra del Dio farmaco, con tanto di squallide marchette in favore delle case farmaceutiche più importanti. Queste continue prese di posizione, francamente ossessionanti e assolutamente non funzionali alla trama, si accompagnano, poi, ad assurde pulsioni cancel culture e a un politically correct talmente ostentato, da sfociare nel più retrivo puritanesimo. Insomma, si inizia a leggere un libro che si pensa un giallo, e si finisce, invece, per leggere un pampleth politico, decisamente indigeribile per tutti coloro che, dotati di capacità critica, rifuggono come la peste la massificazione del pensiero e quell’assurda ipocrisia che individua nel linguaggio la risoluzione a tutti i problemi razziali e di identità di genere.