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REVIEWSLE RECENSIONI
04/11/2018
John Butler Trio
Home
Sicuramente questo nuovo Home, uscito a distanza di qualche anno dal precedente Flesh + Blood, non sposta di molto il consueto trend, se non per il fatto di essere ancor più radiofonico dei precedenti

In Australia (nazione da cui proviene la band, anche se il leader è californiano d’origine) e negli States, John Butler è un nome importante, uno di quelli che quando parte in tour fa il pienone ovunque. Coadiuvato da Bryon Luiters al basso e di Grant Gerathy alla batteria, il buon John costituisce, infatti, un trio che dal vivo dà il meglio di sé. Basterebbe recuperare il doppio cd, Live At Red Rocks, uscito nel 2011, per rendersi conto della caratura live (anche tecnica, a dire il vero) del gruppo e di quanto siano coinvolgenti le loro performance quando salgono su un palco.

Diverso il discorso quando Butler entra in studio per registrare nuovo materiale: se alcune canzoni del repertorio eseguite live acquisiscono una inaspettata brillantezza, in sala di registrazione prevale una certa piattezza a livello compositivo, un’attitudine un po' troppo furbetta verso il mainstream e il passaggio radiofonico, e un po' di confusione sulla strada da imboccare, visto il minestrone, non sempre saporito, fra folk, rock, pop e qualche spruzzata di soul e funk.

Se è vero che non si ricordano dischi imprescindibili della band (il live citato poc’anzi è decisamente il migliore del lotto), è altrettanto vero che il risultato finale di ogni pubblicazione resta nell’alveo di un lavoro dignitoso e, perché no, se non si hanno troppe pretese, financo divertente.

Sicuramente questo nuovo Home, uscito a distanza di qualche anno dal precedente Flesh + Blood, non sposta di molto il consueto trend, se non per il fatto di essere ancor più radiofonico dei precedenti. Il risultato complessivo è, quindi, abbastanza deludente da un punto di vista creativo: a parte la solita confusione d’intenti e un andamento assai altalenante, che non riesce a creare coerenza fra generi e intensità, sono, infatti, davvero pochine le canzoni che restano in mente (Coffee, Methadone and Cigarettes su tutte), mentre quasi tutto il disco scorre fra momenti leccati e decisamente zuccherini e una discreta dose di noia (vista anche l’imponente lunghezza della scaletta, che sfiora l’ora).

Meglio gustarseli dal vivo, dunque, dimensione sicuramente più congeniale al gruppo, ed evitare, se possibile, questo Home, che si propone come un disco non bruttissimo, ma sostanzialmente inutile. Ad ogni modo, venderà benissimo, e questa è la cifra più evidente che contraddistingue il songwriting di John Butler.