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REVIEWSLE RECENSIONI
29/10/2020
Fiele
Hyper-Romance
Come nella migliore tradizione del genere di riferimento, Fiele ha raramente bisogno di urlare le sue storie e si attesta su una posizione alla Leonard Cohen sussurrandole.

Hai un’idea precisa della musica. Ti piace diretta, autentica, senza fronzoli. Ti piace che parli di te, del tuo vissuto, quello vero e quello solo immaginato. Suoni la chitarra classica praticamente da sempre e hai fatto del folk, classic ma anche new, il tuo genere prediletto e il tuo mezzo espressivo. Ne hai passato di tempo a scrivere e comporre, nell’intimità del tuo posto, quello dove ti senti più protetto e semplicemente te stesso. Ed hai fatto fluire questo processo creativo in tutta libertà e rilassatezza, dilazionando nel tempo le canzoni che si facevano intanto reali e tangibili. È quindi arrivato il momento di raccoglierle nel tuo canzoniere che, sebbene non abbia pretese di essere un concept album, tradisce quel filo rosso che lega le storie che racconti, successe e metabolizzate nel corso degli anni.

È così che immagino il making of di Hyper – Romance, primo full lenght del cantautore ciociaro Fiele (al secolo Valerio Mariani). Nove brani in lingua inglese, con due special guest in italiano (Dente di Leone O Girasole e Tèchne), che trasudano delicatezza fatta di chitarre eteree e crescendo di piano. Come nella migliore tradizione del genere di riferimento, Fiele ha raramente bisogno di urlare le sue storie e si attesta su una posizione alla Leonard Cohen sussurrandole. Operazione rischiosa che avrebbe potuto farlo scadere nella nenia, mentre invece supera egregiamente la prova restituendoci quelle atmosfere sognanti, senza annoiarci in alcun modo ma coccolando anima e orecchie.

In particolare il breve brano di apertura, Gravity, e la splendida Dreamcake rispondono a questa nostra esigenza, che cresce all’ascolto dell’album, di perderci nelle melodie senza chiedere altro. Road to Singapore mi fa pensare al lato più sognante degli Smashing Pumpkins, ho trovato la mia nuova By Starlight. Anche nei pezzi con maggiori concessioni al groove non si perde quella soglia di sogno che è davvero il valore aggiunto di questo bel disco folk. Rainbow of Grays è dolcemente sostenuto dalle percussioni che ne fanno un pezzo solare, gradevolissimo, con un’atmosfera esotica che è una bellissima rifinitura per un album che funziona benissimo nelle sue diverse anime. In Millenium Bug è il violino a conferire quella verve che è la ciliegina sulla torta di un altro bel pezzo. La voce femminile in Garbage Sun mi fa pensare a Farewell and Goodnight (ancora The Smashing Pumpkins). In Dente Di Leone o Girasole l’intro così sommesso e sussurrato che poi cresce fino a sfociare in un ritornello grintoso e pieno di passione è qualcosa che ti si imprime nel cuore. L’album è suggellato da Game of May, brano che sulla falsariga dei precedenti ci prende per mano in questa dimensione rarefatta che narra il personale ed il quotidiano.


TAGS: Fiele | HyperRomance | loudd | recensione | review | SaraFabrizi