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MAKING MOVIESAL CINEMA
I gangsters
Robert Siodmak
(1946 (MyMovies One))
NOIR
7,5/10
all MAKING MOVIES
22/09/2025
Robert Siodmak
I gangsters
Tra thriller ed espressionismo tedesco il regista Robert Siodmak gira quello che ancora oggi è considerato come uno dei fondamentali del noir statunitense degli anni Quaranta. Esordio per Burt Lancaster, splendida Ava Gardner.

Robert Siodmak è un regista tedesco di origine ebraica nato a Dresda ed emigrato negli Stati Uniti (via Parigi) per sfuggire all’ondata nazista. Una volta giunto in America Siodmak, almeno per gli esiti più riusciti del suo cinema, tenta (riuscendoci) di coniugare al meglio la tradizione espressionista del cinema del suo Paese natale ai generi in voga negli U.S.A., il thriller su tutti, creando un impasto che sfocia nel noir e che ha dato vita ad alcune pellicole ricordate da storici e pubblico ancora oggi, parliamo di titoli come La scala a chiocciola (1946), questo I gangsters (1946) o L’urlo della città (1948). Proprio The killers (titolo originale dell'italianizzato I gangster) è considerato uno dei punti fermi del noir classico statunitense, un film che amalgama al meglio alcune caratteristiche dell’espressionismo tedesco agli stilemi del genere.

Si pensi, prendendo in esame la sola scena d’apertura, ai neri avvolgenti che lasciano poco spazio a quegli squarci di luce che aprono varchi netti e limitati nel buio, alla scenografia d’insieme che ha il sapore del teatro di posa, all’incedere cadenzato di quelli che scopriremo essere due dei gangsters ai quali il titolo allude, all’atmosfera nebbiosa, sospesa, quasi irreale del luogo (siamo all’esterno del diner dove entreremo a breve, anche questo poco illuminato). Tra l’altro non sono neanche le sei del pomeriggio è c’è già un buio da eclissi totale. Il dialogo tra i due criminali e il gestore del diner ha quel sapore a tratti grottesco che potrebbe benissimo essere un prodromo di quelli che ascolteremo molto più avanti in tanto cinema postmoderno.

 

Pete Lunn detto “lo svedese” (Burt Lancaster) è un uomo condannato; in apertura di film lui stesso lo sospetta anche se non ha la certezza di quando e come la sua condanna arriverà davvero a compimento. L’uomo ha commesso in passato degli errori immischiandosi in affari poco puliti con il gangster Big Jim Colfax (Albert Dekker) e soprattutto con la bella Kitty Collins (Ava Gardner), amante dello stesso Colfax, una donna al cui fascino l’ingenuo Pete non è stato in grado di resistere.

La morte di Pete arriverà prestissimo. Avendo lasciato attiva una polizza sulla vita da 2.500 dollari, toccherà all’investigatore dell’assicurazione Jim Reardon (Edmond O’Brien) indagare sulla morte di Lunn. Durante le indagini, ricostruendo pezzo dopo pezzo la storia dello svedese, Reardon verrà a conoscenza di una vecchia rapina da 500.000 dollari nella quale, insieme ad altri, furono coinvolti proprio Lunn, Colfax e Kitty.

Seguendo le scoperte dell’investigatore anche lo spettatore viene condotto, un poco alla volta, nelle vicende del protagonista, scoprirà come un suo errore, mosso dalla passione per una donna impossibile, lo ha portato a trovarsi riverso sul letto di una squallida camera in affitto, in un paesino da niente, con diverse pallottole in corpo esplose dai due killers visti nella sequenza iniziale.

 

The killers prende il via da un breve racconto di Ernest Hemingway contenuto nella raccolta I quarantanove racconti, uno scritto che descrive solo la prima sequenza del film, quella ambientata nel diner di cui sopra. Questa scena è stata poi ampliata fino a diventare la sceneggiatura finale del film firmata Anthony Veiller alla quale collaborarono non accreditati anche John Huston e Richard Brooks, non proprio gli ultimi due arrivati.

Il lavoro fatto da Siodmak e da Woody Bredell con la fotografia, grazie a un bianco e nero corposo, minaccioso e avvolgente, ha contribuito ad inscrivere I gangsters nell’empireo del noir anni Quaranta; l’incipit teso e coinvolgente e il piano sequenza della rapina hanno fatto il resto. Il film però si ricorda principalmente per la sua struttura a flashback a incastro grazie alla quale lo spettatore riuscirà a scoprire l’intera storia di Pete lo svedese un pezzo alla volta, un errore alla volta, un colpo di testa alla volta.

Tenendo fede alla tradizione dell’espressionismo tedesco, Siodmak lavora molto sulle psicologie dei personaggi mostrandoci come non si può scappare dal passato che torna a bussare alla tua porta, a quegli errori che affondano nei giorni andati e che all’improvviso, quando meno te lo aspetti, tornano a morderti i calcagni. Il resto lo fanno una splendida Ava Gardner, tipica femme fatale da noir, e un nervoso Burt Lancaster qui all’esordio.

Magari non continuo nel tenere altissima l’attenzione per l’intera durata del film, I gangster riesce comunque a offrire qualcosa di significativo in un’epoca in cui il cinema che sperimentava (si ok, c’era già stato Quarto potere) ancora lasciava segni indelebili e tracce da seguire per le epoche a venire. Tutto sommato non è cosa da poco.