Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
REVIEWSLE RECENSIONI
I/O
Peter Gabriel
2023  (Real World Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA WORLD MUSIC ROCK POP
8/10
all REVIEWS
11/12/2023
Peter Gabriel
I/O
Peter Gabriel è tornato dopo 21 anni con il suo primo album di inediti. Realizzato con la sapienza e la perizia dell’artigiano, “I/O” è un lavoro fuori dal tempo e proprio per questo destinato a crescere con gli ascolti.

Nel racconto La lettera rubata di Edgar Allan Poe si afferma che il posto migliore per nascondere qualcosa è in piena vista. È quello che ha fatto Peter Gabriel con I/O, il suo primo album di inediti in 21 anni, pubblicandolo a rate per tutto il 2023 – una canzone ogni luna piena (con il relativo mix alternativo nella luna nuova successiva) – e portandolo in tour in giro per il mondo diversi mesi prima della sua uscita ufficiale. Una scelta, questa, abbastanza sorprendente, perché una volta scemata la sorpresa per il primo singolo “Panopticom”, a meno che non si seguissero con costanza su Instagram i Full Moon Video dove Peter Gabriel raccontava ogni mese con dovizia di particolari ogni nuova uscita, era facile dimenticare che l’ex Genesis stesse per tornare sul mercato discografico con un nuovo album dopo due decenni. Detto che questo ritmo diluito di pubblicazione da un lato ha inevitabilmente privato il disco di parte del suo mistero, dall’altro ha senza dubbio permesso all’ascoltatore più attento di immergersi gradualmente nella complessità della musica di Gabriel.

Che cosa abbia fatto Peter in questi 21 anni è presto detto. Magari è davvero andato a letto presto come il David “Noodles” Aaronson di Once Upon a Time in America, ma ha anche pubblicato un disco di cover (Scratch My Back), uno di rielaborazioni orchestrali del vecchio repertorio (New Blood), ha partecipato a colonne sonore (“Down to Eart” per WALL-E, “The Veil” per Snowden) ed è stato a lungo in tour, prima per celebrare il venticinquennale del suo album più celebre (So) e poi assieme all’amico Sting (The Rock Paper Scissors Tour). Tutto questo mentre la vita andava avanti, con la nascita del quarto figlio, la malattia della moglie (fortunatamente superata) e la morte dei genitori, tutti argomenti che in un modo o nell’altro sono confluiti nelle 12 nuove canzoni.

Paradossalmente, però – o proprio per questo –, il tono del disco non è per nulla crepuscolare, come ci si potrebbe aspettare da un’artista di 73 anni. Nessun confronto quindi con il tema della mortalità, come fatto in passato da colleghi come Johnny Cash (American Recordings), Bob Dylan (Time Out of Mind), Paul McCartney (Chaos and Creation in the Backyard ), Leonard Cohen (You Want It Darker), David Bowie (Blackstar) e Paul Simon (Seven Psalms), ma anzi, in I/O emerge una visione della vita e del mondo votata all’ottimismo e all’apertura nei confronti dell’altro. Questo è evidente in modo particolarmente a partire dai titoli delle canzoni – “Road to Joy”, “Love Can Heal”, “This Is Home”, “Live and Let Live” – fino ad arrivare a un passaggio chiave della title track dove Peter Gabriel sintetizza il suo punto di vista in un certo senso omnicomprensivo su ciò che siamo e siamo destinati a diventare: «Stuff coming out, stuff going in/I’m just a part of everything».

 

Se da un punto di vista filosofico, I/O è il disco del’accettazione del sé dopo l’oscurità e il pessimismo del precedente Up del 2002, musicalmente è un ritorno al pop – nell’accezione che questo può avere per uno come Peter Gabriel. Detto che l’ex Genesis ha trovato la sua formula con So e l’ha perfezionata nel successivo Us, da questo punto di vista I/O non offre particolari novità, tanto che potrebbe essere uscito benissimo nel 2004, come Gabriel aveva annunciato poco prima dell’uscita di OVO (2000). Ecco quindi che per una “Panopticom” che ha una chitarra acustica che ricorda quella di “Pinball Wizard” degli Who, il resto dell’album marcia su un territorio familiare, con richiami interni alla discografia di Peter Gabriel – corpus che tutto sommato conta appena otto album di materiale originale, tanto che si potrebbe dire di lui ciò che Elisabetta Sgarbi sostenne scherzosamente dell’amico Umberto Eco, ovvero che con soli sette romanzi di narrativa alle spalle lo si poteva benissimo considerare alla stregua di uno scrittore esordiente.

Ecco quindi il “solito” amore per la musica africana, svelato in “Live and Let Live”, dove l’intervento del Soweto Gospel Choir non può non portare alla mente il finale catartico di “In Your Eyes”. Oppure la ballata pianistica “Playing for Time” che ricorda l’amato Randy Newman (omaggiato tanti anni fa in “Washing of the Water”), il funk di “Road to Joy” (che tutto sommato ricopre la stessa zona di campo di “Kiss That Frog” del 1992), il soul stile Motown di “This Is Home”, la riflessività di “So Much”, i fiati di “Olive Tree”, il crescendo di “Four Kind of Horses” e il pop di “I/O”. Su tutto, si staglia la voce di Peter Gabriel, senza dubbio ancora oggi il suo punto di forza, sulla quale si poggiano delle canzoni mediamente lunghe (almeno due terzi del disco si aggira sui sei minuti) caratterizzate da testi molto estesi.

Registrato principalmente alla fine del 2021 con i fedelissimi Tony Levin (basso), David Rhodes (chitarra) e Manu Katché (batteria) con la partecipazione straordinaria dell’amico Brian Eno ai synth, I/O è tutto sommato ancora figlio di quell’era a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila quando la maggiore capienza e l’elevata fedeltà sonora del compact disc rispetto al vinile aveva reso gli album un’esperienza immersiva che spesso toccava i 70 minuti. Da perfezionista quale è, inoltre, Gabriel – un po’ come fece Shania Twain nel 2002 per Up! – ha pubblicato in contemporanea due mix diversi dell’album, denominati Bright-Side Mix e Dark-Side Mix, realizzati rispettivamente da Mark “Spike” Stent e Tchad Blake (ai quali si aggiunge l’In-Side Mix di Hans-Martin Buff per il Dolby Atmos). Potrebbe essere, questa, l’ennesima conferma dell’incapacità di prendere delle decisioni definitive da parte di Peter Gabriel, dal momento che dall’ascolto dei due mix non emergono differenze sostanziali, ma è anche vero che questo elemento di sfida porta l’ascoltatore ad approcciarsi al disco dedicandogli una maggiore attenzione, incoraggiando l’ascolto ripetuto.

Atteso da così tanto tempo che si pensava non sarebbe più uscito, in definitiva I/O è un album fuori dal tempo, realizzato con la cura e la perizia di un artigiano, il quale ha scolpito le canzoni una a una e ha dato loro un vestito e un’immagine, dal momento che ogni pezzo è accompagnato da un’opera d’arte personalizzata realizzata da Ai Weiwei, Nick Cave, Barthélémy Toguo, Olafur Eliasson, Annette Messager, Antony Micallef, Henry Hudson, Megan Rooney, Cornelia Parker, Tim Shaw, David Spriggs e David Moreno. Il risultato è un disco che ha dalla sua il potere del silenzio, dal momento che il suo non convenzionale metodo di pubblicazione ha messo in primo piano innanzitutto la musica. Ed è per questo che ora che tutte le 12 canzoni di I/O hanno finalmente trovato casa sotto lo stesso tetto, il disco nel suo complesso non potrà che essere destinato a crescere per poi trovare il suo posto tra le opere più riuscite di un artista immenso come Peter Gabriel.