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REVIEWSLE RECENSIONI
09/02/2021
LNZNDRF
II
Tutto molto piacevole e ottimamente suonato ma è facile pensare che ce lo dimenticheremo presto, considerato che nel mare di uscite che anche quest’anno ci circonderanno da ogni lato, non c’è davvero niente, in questo “II”, che non sia già stato fatto da altri gruppi milioni di volte.

Quando si pensa ai The National e al loro caratteristico marchio di fabbrica è facile pensare al tocco chitarristico e all’abilità di arrangiatori di Aaron e Bryce Dessner, oppure al timbro baritonale di Matt Berninger, dimenticandosi spesso dell’altra coppia di gemelli, quella composta da Scott e Bryan Devendorf, forse meno famosa ma altrettanto fondamentale, abile com’è nel mettere insieme l’impalcatura ritmica dei brani.

Nel proliferare di progetti alternativi che il quintetto dell’Ohio ha messo insieme in questi ultimi anni (dal disco solita di Matt Berninger alle composizioni classiche di Bryce Dessner, passando per i Big Red Machine e la realizzazione degli ultimi due dischi di Taylor Swift da parte di suo fratello Aaron) ci eravamo quasi dimenticati dei LNZNDRF, la band che bassista e batterista dei The National hanno messo in piedi nel 2015 assieme a Ben Lanz dei Beirut, guarda caso anche lui fondamentale, con la sua tromba, nella creazione dell’impronta identitaria del suo gruppo madre.

Un disco e un Ep nel giro di qualche anno, un’attenzione specifica a suono ed atmosfera prima ancora che alla forma canzone in sé, un riscontro di pubblico ridotto ma comunque soddisfacente, se si considera che gli autori non hanno mai avuto l’aria di considerare questo progetto niente più di un divertissement tra un impegno e l’altro.

“II” vede una Line up allargata dall’ingresso di un altro Beirut, Aaron Arntz (ultimamente anche nei Grizzly Bear) ed è stato composto ad Austin, come i precedenti lavori, durante un’unica sessione di scrittura di una settimana.

È musica fortemente basata sull’improvvisazione, gli stessi musicisti coinvolti hanno per descriverla utilizzato termini come “ipnotismo di massa” e “trance indotta”.

Basta probabilmente la traccia di apertura “The Xeric Steppe” a sintetizzare gli ingredienti principali di questo lavoro: una serie di note di pianoforte a singhiozzo, sullo stile di Nils Frahm, si riempiono pian piano di riverberi elettronici e chitarristici, per poi sfociare in una cavalcata lisergica, con la sezione ritmica in primo piano. La successiva “Brace Yourself”, uscita come primo singolo e miglior pezzo del lotto assieme alla traccia precedente, conserva una marcata impronta Kraut, ripetizione ossessiva e tema portante ripetuto in crescendo, sempre con basso e batteria a dettare i tempi (evidente soprattutto nell’impronta minimale della strofa).

Come dicevamo, l’impressione è che si sia privilegiato il fluire degli eventi piuttosto che il copia e incolla in studio, si respira anche un certo clima da Post Rock in tracce strumentali come “Chicxulub”, la tromba di Lanz riempie gli spazi in maniera discreta ma sempre incisiva (“You Still Rip”, “Ringwoodite”), mentre altrove (“Cascade”) ad essere al centro dell’attenzione sono i layer di Synth e le orchestrazioni, che vanno a ricamare ballate minimali che non disdegnano qualche divagazione all’insegna dell’Indietronica (è il caso del lungo finale di “Stowaway”, col suo crescendo psichedelico).

Tutto molto piacevole e ottimamente suonato ma è facile pensare che ce lo dimenticheremo presto, considerato che nel mare di uscite che anche quest’anno ci circonderanno da ogni lato, non c’è davvero niente, in questo “II”, che non sia già stato fatto da altri gruppi milioni di volte. Ad ogni modo, quando sarete stanchi di ascoltare il nuovo Notwist (che esce lo stesso giorno) questo sophomore dei LNZNDRF (a proposito, è l’acronimo dei loro cognomi, se non l’aveste capito) potrebbe costituire un’utile distrazione.


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