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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
23/09/2025
Iron Maiden & co.
Il costo dei biglietti dei grandi eventi e altre storie di ordinaria follia
Oggi andare ad un concerto costa molto di più del solito, ma andare a vedere certi nomi, quelli “storici” o “leggendari” è ormai divenuto alla stregua di un evento di lusso. E tra una cultura musicale che non va oltre i nomi "icona" e gli eventi "instagrammabili" dove non si può mancare, i prezzi dei biglietti hanno preso il volo, portando al paradosso che, in casi come quello degli Iron Maiden, sono molto più alti anche di quelli venduti in paesi europei dove stipendi e costo della vita sono decisamente più alti dei nostri. Qui il nostro Speaker's Corner.

Qualche anno fa, disgustato dal livello di narcisismo patologico del 99% dei contenuti postati dagli utenti, ho deciso che avrei abbandonato per sempre i social. Ho cancellato il mio account Instagram (che comunque utilizzavo già pochissimo), quello di TikTok (aperto solo con l’idea malsana di poter diffondere i contenuti del mio blog, prima di scoprire che non avevo le competenze minime per esistere al suo interno) e ho tenuto il mio profilo Facebook unicamente allo scopo di poter avere una finestra sul mondo della musica (i miei contatti provengono tutti da lì per cui se postano qualche contenuto c’è sempre la possibilità che mi interessi) ma è da tantissimo che non commento né pubblico nulla.

In questi ultimi giorni, tuttavia, sono stato davvero tentato di farlo: quello che sta succedendo col concerto degli Iron Maiden a San Siro, infatti, è talmente sconcertante che ho dovuto esercitare tutto il mio autocontrollo per non precipitarmi sulla pagina di Iron Maiden Italia ad urlare tutta la mia indignazione. Siccome però considero i cosiddetti “leoni da tastiera” come una specie molto meno che subumana, e conscio del fatto che gli insulti e le offese sono sempre e comunque da evitare, ho preferito affidare le mie perplessità ad uno strumento che, a sua volta, non utilizzo da tempo: lo spazio dello Speaker’s Corner qui su Loudd, il luogo che da quasi dieci anni ospita i miei maldestri tentativi di dire qualcosa di intelligente e utile su quello che succede all’interno della musica che ci piace ascoltare.

 

La questione, in breve. Gli Iron Maiden hanno appena annunciato che intraprenderanno una nuova leg europea del loro Run For Your Lives, il tour che celebra i cinquant’anni della band attraverso una carrellata parziale sulla sua storia (per la cronaca, in scaletta hanno incluso unicamente brani dai primi nove dischi, da Iron Maiden a Fear of the Dark).

Si tratta, ad ora, del tour che ha incassato di più in tutta la loro storia, con sold out ovunque e capienze in molti casi superiori al passato (anche se c’è da dire che hanno suonato in venue decisamente varie per tipologie e dimensioni, dalle arene da 15mila posti alle spianate da 60mila, passando per stadi di media grandezza). In ogni caso, la richiesta di biglietti è stata altissima, a conferma di quello che si scrive già da diverso tempo: gli Iron Maiden sono molto più popolari e visibili oggi rispetto a quando scrivevano i loro capolavori negli anni Ottanta, in un’epoca in cui il Metal in generale aveva una dimensione che poteva tranquillamente dirsi mainstream.

C’entra indubbiamente la retromania imperante, così come il fatto che oramai i cosiddetti “dinosauri del rock” suscitano l’interesse anche di chi normalmente non segue la musica perché “sono icone, sarà l’ultima volta che potremo vederli, non possiamo perderceli” e altre amenità simili.

È un fattore, unitamente alla questione che ormai tutto è un “evento” da instagrammare e che farsi vedere presenti è più importante della fruizione dell’evento in sé, che ha contribuito non poco a fare alzare i prezzi dei biglietti.

 

Oggi andare ad un concerto, qualunque concerto, costa molto di più del solito, ma andare a vedere certi nomi, quelli “storici”, quelli “leggendari”, è ormai divenuto alla stregua di un evento di lusso. È così in tutto il mondo, negli Stati Uniti è senza dubbio peggio (chiedere ai fan americani di Taylor Swift, che venivano da noi per risparmiare) ma in Italia negli ultimi tempi pare ci sia qualche motivo di lamentela in più.

Quest’estate gli Iron Maiden hanno suonato in Europa, da noi sono venuti allo stadio Euganeo di Padova e i prezzi erano più o meno il doppio più alti rispetto a quelli delle altre date. Per fare alcuni esempi: a Praga un pit in piedi fronte palco costava 70 euro, a Budapest 90, e la stessa cifra per stare davanti la si pagava anche ad Helsinki, capitale di un paese dove il costo della vita (e in proporzione gli stipendi) è giusto un pochettino superiore al nostro.

Ecco, a Padova un biglietto per il pit veniva a circa 140 euro. Ci sono state proteste, ci sono stati parecchi fan che hanno preferito vederseli all’estero ma, soprattutto, la data (se non vado errato l’unica di tutto il tour) non è andata sold out, con gli stessi biglietti pit (evidentemente il settore più ambito) disponibili fino a pochi giorni prima del concerto.

 

L’annuncio della data di San Siro, in programma il prossimo 17 giugno, è stato salutato con un tripudio di entusiasmo: finalmente un gruppo Metal alla “scala del calcio”, il fascino di una location unica al mondo, la consapevolezza, anche da parte della stessa band, che questa non sarà un concerto come gli altri (“La Mecca!” ha scritto in un post la moglie di Bruce Dickinson Leana Dolci subito dopo l’ufficializzazione della notizia), i fan italiani in visibilio dopo che per anni avevano visto i loro beniamini suonare in luoghi scomodi o improponibili (l’Ippodromo di Milano è il punto più basso mai toccato ma anche le varie arene a cielo aperto di Bologna, Firenze e Mestre non scherzavano).

Detto ciò, ecco che escono i biglietti ed ecco quello che già si poteva immaginare: 184 euro per il prato e il primo anello rosso, 141 per il primo anello blu e addirittura la modica cifra di 116 euro per un secondo anello rosso a visibilità limitata (sì, avete letto benissimo: si spendono 116 euro e si vede non si capisce cosa). C’è un unico settore che potremmo definire economico, ed è il terzo anello blu categoria 1: lì ve la cavate con 61 euro ma sarete talmente distanti che tanto varrà ascoltarseli in macchina su Spotify.

Ancora una volta, sembrerebbe che oltre confine la situazione sarà diversa: a Lisbona, sempre in uno stadio (il famoso Da Luz, casa del Benfica), il prato costa 80 euro. Al momento non conosco i prezzi delle altre date già confermate ma direi che questo esempio basta e avanza per immaginare quel che ci attende.

 

Ora, qui il punto non è discutere su quanto ormai si debba spendere per vedere certi nomi. Non si sta parlando del fatto che la musica dal vivo sta diventando sempre di più un affare per benestanti un po’ snob, piuttosto che per veri appassionati (nella Lirica in realtà è così da tempo ma non se ne parla mai perché si tratta di mondi non comunicanti). No, qui il discorso è un altro: Taylor Swift a San Siro aveva costi ben superiori ma totalmente in linea col resto degli stadi europei. E se a Zurigo era più caro era solo perché a Zurigo è più caro tutto, quindi si trattava di una scelta totalmente in linea con gli standard economici del paese.

Per gli Iron Maiden è diverso: per gli Iron Maiden parliamo di un concerto della stessa tournée, venduto a prezzi doppi rispetto a tutti gli altri posti. È successo quest’anno e, da quel che stiamo iniziando a vedere, ci sono ottime possibilità che possa succedere anche l’anno prossimo. Tutto questo in un paese, l’Italia, che è uno di quelli con gli stipendi più bassi d’Europa. Se uno svizzero e un finlandese spendono meno di noi per vedersi questa band a casa loro, qualche problema c’è, inutile far finta di niente.

 

Bene, di fronte alle proteste e agli interrogativi relativi alla data di Padova, gli organizzatori (per la cronaca, la Mc2 Live di Andrea Pieroni) non hanno dato nessuna spiegazione. Iron Maiden Italia, la community più importante e seguita dedicata a questa band, che pure ha avuto la sua pagina Facebook invasa dai commenti di fan inviperiti (alcuni di questi, purtroppo, sono andati ben oltre ciò che dovrebbe essere consentito da un livello accettabile di educazione e civiltà) non solo non si è fatta portavoce di una richiesta di chiarimento quanto meno sacrosanta, ma nei mesi precedenti allo show di Padova ha portato avanti una campagna di sponsorizzazione piuttosto aggressiva, al punto da renderla indistinguibile da un qualunque “annuncio promozionale” di qualunque sito (ricordo anche post trionfali il giorno del concerto, con foto che esibivano le tribune piene, quasi fosse una ripicca nei confronti di chi, indignati dai prezzi, si erano augurati che non ci andasse nessuno).

Con San Siro sta accadendo la stessa cosa: organizzatori muti (ma diamo loro tempo, magari a questo giro decideranno di spiegarci qualcosa) Iron Maiden Italia che, coi prezzi ancora da annunciare, catechizzava gli utenti scrivendo, testuali parole: “Certo, i prezzi saranno inevitabilmente alti, ma per una data di questa portata sono più che comprensibili.”

Ragazzi, affittare San Siro è sicuramente caro ma volete farmi credere che lo sia più del Da Luz di Lisbona? La band è la stessa, i costi di produzione dello show sono gli stessi, le variazioni possono esserci nell’ambito di qualche decina di euro, ma se parliamo del doppio o poco meno del prezzo, tu mi devi dare una spiegazione. Se non me la dai, è abbastanza ovvio che uno arrivi a pensare male.

Aggiungiamo che non è che i nostri promoter brillino per capacità organizzative: quante volte i grandi eventi si sono tenuti in location scomode, con scarsa visibilità e con una resa sonora al limite del ridicolo? San Siro, attenzione, non è da meno: sarà pure una venue ottimale, ma lo è per il calcio, non certo per i concerti. Io ne ho visti circa una quindicina, in diversi settori tra prato e anelli e non ho dubbi: SI SENTE DI MERDA. Siamo sicuri che spendere cento e passa euro per ascoltare come se si fosse dentro un catino ovattato, sia una buona idea? Quando Iron Maiden Italia scrive che “ci toccherà spendere, ma questa volta il gioco vale davvero la candela” penso che probabilmente non hanno mai visto un concerto in questo posto. Lo dico senza il timore di esagerare: peggio di San Siro, solo l’Ippodromo.

 

Quindi, in definitiva, a che cosa serve questo articolo? A sfogare la mia frustrazione in un modo che mi auguro sia percepito come educato, nonostante la radicalità delle mie affermazioni, e a chiedere ad Iron Maiden Italia (ma anche all’altrettanto seguita Iron Maiden ftm Italia) di farsi portavoce delle numerosissime richieste di spiegazione che stanno invadendo il web in queste ore: che Mc2 ci spieghi perché la scorsa estate Padova è stata la data più cara del tour, e perché con San Siro si rischierà che accada lo stesso. Ci spieghi, con la massima trasparenza, le varie voci che stanno dietro a questi rincari. A quel punto chi vorrà continuare a criticare sarà libero di farlo, ma se non altro ci saranno degli elementi certi da cui partire.

Purtroppo sono certo che non succederà nulla: lo show venderà un numero più che soddisfacente di biglietti (sul sold out non saprei ma sicuramente ci sarà il pienone) e San Siro sarà zeppo di fan occasionali che “vuoi mettere gli Iron Maiden? Grandissimi!!!”, che faranno video come se non ci fosse un domani (nonostante le indicazioni in senso contrario della band) e si esalteranno solo sull’unica canzone che conoscono, che probabilmente sarà “Fear of the Dark”.

I fan duri e puri, quelli che li seguono da trent’anni e più e che hanno visto decine di concerti, andranno quasi tutti all’estero, con l’eccezione di qualcuno (pochi o tanti si vedrà) che piangeranno lacrime amare ma comunque, per amore, apriranno il portafogli.

E poi ci sarà chi quelle cifre non vorrà o non potrà spenderle, e si farà bastare i ricordi dei passati tour. Insomma, faremo tutti la nostra scelta.

 

Io, informazione non richiesta, per la prima leg sono andato a Praga e mi sono trovato benissimo. Lo spettacolo è splendido e la band è in formissima: se riuscite, andateci. L’anno prossimo salterò, anche e soprattutto perché la scaletta sarà al 99% la stessa.

Resta, al di là di tutto, che la musica dal vivo ormai andrebbe goduta nei piccoli club, in compagnia di quei piccoli nomi che tengono il cachet basso e offrono show che tutti, dico tutti, possono vedere senza dover per forza aprire un mutuo. Se vi piace la musica dal vivo è lì che dovete andare. Tutto il resto andrebbe boicottato, non importa se si tratta del nostro gruppo preferito, a cui vogliamo bene più che a nostra madre. È una scelta etica, e in un mondo che sta andando sempre di più a puttane, anche una cosa piccola come questa può fare qualche differenza.