“Erano stati mesi di un forsennato saliscendi, di uno stillicidio di emozioni, di rimbalzi repentini tra entusiasmo e asocialità, il che probabilmente aveva minato il suo fisico, oltre al suo equilibrio mentale. Doveva reagire al malessere di quella mattina”.
Il giorno della festa è l’ultimo romanzo di Antonello Loreto, abruzzese, classe 1970, pubblicato a distanza di tre anni dal precedente, La libertà macchia il cappotto (All Around, 2022), lavoro particolarmente apprezzato dai lettori.
Per comprendere le intenzioni poste alla base di questa nuova opera, è bene partire dalle note finali dell’autore, in cui racconta che l’ispirazione per la trama è arrivata grazie a un sogno alquanto bizzarro in cui Gon?arov (autore russo a lui particolarmente caro) gli lancia una sfida e cioè quella di tratteggiare un moderno Oblomov. “Chi sarebbe Ilja Ilic Oblomov oggi? In cosa si sostanzierebbe l’oblomovismo, vale a dire quell’atteggiamento di apatica e fatalistica indolenza che pervade un giovane inquieto che aneli al vero giorno?”.
“Il vero giorno” ha un valore simbolico e rappresenta l’inizio di un percorso che fa da spartiacque tra l’inerzia e la reazione. È una scintilla, una sorta di scossa elettrica che risveglia l’essere umano dal torpore in cui è immerso e lo guida verso un cambiamento vero. Non ci si oppone più alla vita e alle possibilità che offre, ma la si accoglie, la si lascia fluire, rimanendo ben saldi al timone della propria esistenza.
Alessio Gigli, il protagonista del romanzo, vede la sua vita cambiare in un attimo quando, all’età di 26 anni, perde i suoi genitori in un incidente stradale. Si ritrova unico erede di un patrimonio immobiliare di tutto rispetto, di cui, però, sembra non interessargli assolutamente nulla. Fagocitato dalla depressione, si rintana nell’appartamento di famiglia in San Saba, da cui non esce praticamente mai.
Nonostante siano passati ormai sei anni da quell’evento drammatico, Alessio Gigli non riesce a riemergere dal suo stato di apatia e sconforto. Gli amici più cari, in particolare Andrea, e lo zio Zago, con cui di fatto convive, tentano di spronarlo in tutti modi, ma con scarsissimi risultati, al punto che gli verrà affibbiato il soprannome di “Obbromo” (traslitterazione di Oblomov in romano).
L’Ale Gigli di un tempo, allegro e spensierato, si è irrimediabilmente spento. Non riesce più a capire quale sia il suo posto nel mondo. È diventato un’ombra. Non trova più un senso al suo presente, non manifesta più alcun tipo di interesse e, soprattutto, sente un rifiuto verso quello che era stato il suo modo di vivere, fatto di uscite serali, bevute, ragazze e “movida” (un termine che trova odioso). Tutto lo annoia. È dominato dall’insofferenza, soprattutto verso la gente vuota, quella presa unicamente da sé stessa e dalla smania di apparire e mostrarsi allegra a tutti i costi. Involucri senz’anima.
La verità è che Ale Gigli non sa più chi è, non sa più chi vuole essere, eppure, “Obbromo”, seppur con fatica, non molla, ci prova con tutto sé stesso a rialzarsi e a cercare di capire cosa desidera. Così, il momento della “riscossa” arriva. Perché forse non è mai troppo tardi per chiedersi cosa faremo da grandi e concedere ai nostri sogni almeno una possibilità di diventare veri.
L’autore, Antonello Loreto, è uno che di sogni deve saperne qualcosa, visto che, nonostante una carriera manageriale ben avviata ed economicamente appagante, con molto coraggio, si è lasciato tutto alle spalle per dedicarsi unicamente al suo vero amore, la scrittura.
Il giorno della festa è una lettura godibile e scorrevole, ricca di dialoghi e intrecci, attraverso cui la storia si snoda e tutti i personaggi si animano e prendono forma. Ciascuno, a modo proprio, è alla ricerca di sé stesso. C’è tanta ironia, ma anche profondità, introspezione, amicizia e amore, compresa un’inevitabile analisi di quello che è il contesto sociale e culturale in cui i giovani d’oggi si muovono.
Tra queste pagine ritroviamo un oblomovismo incastonato e declinato al presente, solo che il nostro Oblomov contemporaneo riesce a far suo “il vero giorno”.
Un romanzo piacevole, genuino, in cui non mancano poesia e profondità, amore per la vita e per le piccole cose, e anche tanta, tanta sincerità, perché forse, la vittoria sta proprio nel non riuscire a conformarsi a quello che ci viene propinato come modello vincente. Non serve a nulla essere forti, perfetti e omologati se poi non si è felici. D’altro canto, quella della disobbedienza è una vera e propria arte, che richiede molto coraggio da parte di chi la pratica, ma è il prezzo inevitabile da pagare per la libertà.
Dal diario di bordo di Alessio Gigli, nota n. 88: “…Quel bacetto era uno scherzo, una cosa tenera ma niente di più, ora non ti fissare… Finiscila, dai, forse le piaci, d’accordo, ma Olga pende per Andrea, ficcatelo bene in testa prima di fare cazzate. Lo sai benissimo, è solo questione di tempo… Però posso dirla una cosa? È più bella dell’attacco di Sweet home Alabama.”.