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MAKING MOVIESAL CINEMA
Il sale della terra
Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
2014  (Mubi)
DOCUMENTARIO
8/10
all MAKING MOVIES
26/09/2022
Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Il sale della terra
Wim Wenders realizza un bellissimo viaggio attraverso il tempo, lo spazio e una vita vissuta da avventuriero prima ancora che da fotografo, da amante delle genti, da curioso e da artista di talento, quella di Juliano Ribeiro Salgado.

Wim Wenders incontrò per la prima volta l'arte del fotografo Sebastião Salgado una ventina d'anni prima della realizzazione di questo documentario, un film girato nel 2014 con l'aiuto del figlio dello stesso Salgado, il giovane regista Juliano Ribeiro.

A folgorare il regista tedesco, durante una mostra in cui vi erano esposti alcuni scatti di Salgado, furono due immagini: la prima era uno scatto di una miniera d'oro in Brasile, immortalata nella fatica dei suoi cercatori, la seconda una toccante fotografia di un'anziana Tuareg priva della vista.

Quando arrivò per Wenders l'occasione di incontrare di persona Salgado il progetto di realizzare un film sull'opera e sulla vita del fotografo prese vita grazie al contributo e alla disponibilità di Salgado stesso e di suo figlio Juliano. Ne esce un'opera molto convincente che trova una simbiosi perfetta tra cinema e fotografia, tra immagine ferma, cristallizzata, e immagine in movimento.

Per la realizzazione de Il sale della terra (sono le persone qui il vero sale della terra) Wenders ha l'umiltà e l'intelligenza di fare un passo indietro e di lasciar parlare molto le fotografie di Salgado, con estremo rispetto e ammirazione innamorata di un lavoro immenso. Questo non vuol dire che lungo il racconto non si veda la mano del regista, c'è ad esempio una sequenza con un bianco e nero magnifico, lucente, che si apre come una delle foto di Salgado, ma in realtà è la camera di Wenders a inquadrare il paesaggio dove tutto è fermo, il movimento arriva pian piano, un po' di vento, gli arbusti che si muovono, l'immagine si trasforma in un attimo da fotografia (qui curata da Salgado figlio e Hugo Barbier) in film e spesso da film in poesia, sempre grazie al lavoro profondo di un fotografo che ha girato il mondo, prendendosi anche dei bei rischi, per portare avanti la sua opera sociale colma di amore per l'umanità.

 

Il racconto procede per tappe seguendo la vita di Salgado, quella professionale che è inestricabilmente legata al suo privato, i viaggi lungo i quali troveranno corpo le sue opere, e i temi all'interno dei quali nasceranno mostre e libri, esperienze e riflessioni. Sempre sostenuto dalla moglie Lélia e dopo aver abbandonato il natio Brasile e percorsi dai quali non traeva più interesse, Salgado inizia il suo viaggio professionale mettendo a rischio la solidità familiare: un bimbo in arrivo, conti da pagare. Tutto viene ripagato dal contatto con un'umanità ferita, catturata nella sofferenza e nella difficoltà, ma capace di aprire il cuore e dare prospettiva ai valori, esperienze spesso dolorose, affrontare e dare luce e risalto alla fame, all'ingiustizia di bambini senza la speranza di un futuro, in Africa dove la terra è spaccata dalla siccità, indurita, dove alla fame, allo sfruttamento si aggiungono tragedie indicibili come quelle perpetrate in Rwanda, mette Salgado in posizione di dover fare i conti con la propria umanità, con la propria razza, tanto capace di bellezza quanto delle bassezze più atroci, di una violenza che non si riesce a spiegare.

I segmenti sono vari e interessanti, lo stupro alla natura con l'incendio su vasta scala dei pozzi petroliferi in Kuwait, lo sfruttamento del lavoro e la schiavitù del sistema del capitale (uomini che si spaccano la schiena nelle miniere d'oro, non perché resi schiavi da altri, ma autocondannatisi con l'idea improbabile di arricchirsi, schiavi del miraggio di un sistema che rende schiavi in maniera subliminale, riflessione affascinante e spaventosa), infine, piegato dalle sofferenze del mondo, il ritorno alla bellezza della natura e del paesaggio.

Il film viene portato avanti dal racconto di Wenders che si alterna alle interviste e alle confessioni dello stesso protagonista per virare poi sui ricordi di bambino di un giovane Juliano, si alternano anche bianco e nero (da applausi) e colore, vecchi lavori e opere più recenti per finire con un ritorno in Brasile, alle origini, dove con una mossa tanto azzardata quanto felice Lélia e Sebastião riescono a riportare alla vita una terra ormai arida, quella del papà di Sebastião in quel di Aimorés dando nuova speranza, esempio e spinta per un futuro che forse ancora si può realizzare.

 

Un bellissimo viaggio attraverso il tempo, lo spazio e una vita vissuta da avventuriero prima ancora che da fotografo, da amante delle genti, da curioso e da artista di talento. Wenders contibuisce con bellissime immagini su paesaggi mozzafiato che non sfigurano nel confronto con il maestro della macchina fotografica; un connubio perfettamente riuscito, Wenders non è nuovo a operazioni di questo tipo, qui conferma la sua vena felice per quel che riguarda la messa in scena del lavoro di artisti da lui apprezzati.