Che cosa può ancora dirci il Teatro degli Orrori nel 2025? Era questo l’interrogativo che mi aveva intrigato fin dall’annuncio nello scorso autunno di un tour di reunion della formazione capitanata da Pierpaolo Capovilla. La band veneta, infatti, dopo quattro dischi usciti tra il 2007 e il 2015, era entrata in un lungo periodo di inattività fino all’annuncio dello scioglimento, giunto nel 2020, non senza strascichi polemici.
Gli anni seguenti erano stati punteggiati solo da progetti solisti, con i quattro componenti che avevano ormai preso direzioni diverse nel loro percorso artistico.
Fino appunto all’inaspettato annuncio di un ritorno insieme, con annesso tour, significativamente intitolato Mai dire mai. Poche date, nessun nuovo brano o disco a supporto del rientro in scena, quasi come se i live fossero la ripresa di un discorso interrotto giusto poc’anzi.
Come me, molti altri erano incuriositi da questa repentina riapparizione sui palchi. La risposta del pubblico di Roma è stata quindi generosa, malgrado il concomitante evento di Sfera Ebbasta giusto un chilometro più avanti, sulla stessa strada. Ma sicuramente le due platee sono diverse, e non vale come simbolica battuta il fatto che nel piazzale antistante l’Atlantico Live abbia luogo l’exhibition intitolata Dinosauri. Oppure sì, ma il pubblico che si presenta ai cancelli e che affolla il locale mi sembra mediamente giovane.
La serata inizia puntualmente e il quartetto preme subito sull’acceleratore con una tripletta iniziale di brani che riproduce le prime tre tracce del disco d’esordio Dell’Impero delle Tenebre. Se c’era bisogno di riprendere il discorso dopo tanto tempo, non poteva esserci modo migliore che riannodare i fili partendo proprio dall’inizio.
I fan reagiscono bene e si scatenano sotto il palco, accompagnando il sound energico e rotondo della band. Pierpaolo Capovilla, gratificato dalla positiva risposta del pubblico, contraccambia con una prestazione vigorosa. Introduce i brani facendosi ora caustico, ora altisonante. Riesce a trovare i toni giusti quando è il momento di creare l’atmosfera adatta per inseguire i ricordi con “La Canzone di Tom”, ma è poi pronto a rituffarsi nel clima arroventato dei più tirati brani successivi, col suo cantato stentoreo, quella sua voce sempre protesa verso il limite che a volte ti esalta, a volte ti spinge nei più profondi recessi dell’anima.
A metà del set, arriva il momento di “Majakovskij”, introdotto da versi recitati dallo stesso Capovilla, ora solenne davanti al microfono. Ma è solo un momento, perché la corsa riprende a ritmi serrati. La band è ora un’onda di energia, un vero e proprio “Carrarmatorock”, come in uno dei loro brani delle origini, dove l’instancabile Francesco Valente alla batteria, Giulio Ragno Favero, inappuntabile, al basso e Gionata Mirai che sferza lungo il palco con la sua chitarra, confermano una dinamica consolidata e illustrano il loro sound.
Quando sembra che il meglio sia stato dato, ecco che nei bis spuntano “A Sangue Freddo” e “Mai dire mai”, così diverse nei loro toni, ma ambedue a loro modo in grado di infiammare ancora la platea. Capovilla si cala nel ruolo passando abilmente dal tono impegnato a quello da istrione. Nell’una o nell’altra veste non manca di punteggiare la sua esibizione con espliciti messaggi politici. D’altronde, nella poetica e nel canzoniere del gruppo i riferimenti diretti non mancano.
Si arriva quindi alla fine, chiudendo il primo bis con la lirica “Lezione di musica” e tornando ancora sul palco per una seconda volta con un’ispirata versione della lunga “Maria Maddalena”, brani che consentono alla band di mostrare un’altra sfaccettatura del loro spettro sonoro.
Alla fine dell’esibizione, andando via e passando vicino al padiglione dei Dinosauri, si agita ancora l’interrogativo iniziale. Che cosa può ancora dirci Il Teatro degli Orrori nel 2025? Brani nuovi non sono stati scritti, eppure le canzoni che abbiamo ascoltato e che risalgono ormai ad alcuni anni fa, hanno avuto la possibilità di brillare in una luce nuova. E sotto questa luce appaiono avere un significato nuovo valido anche per l’oggi.