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REVIEWSLE RECENSIONI
In This Noise
Ros Gos
2025  (Beautiful Losers)
IL DISCO DELLA SETTIMANA AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
9/10
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13/10/2025
Ros Gos
In This Noise
In This Noise è il vertice della discografia del musicista lombardo Ros Gos, un disco ossuto e spettrale, composto da nove canzoni nere come la pece, nere come il dolore che circonda le nostre esistenze.

Con No Place, uscito lo scorso anno, sempre per l’etichetta Beautiful Losers, Ros Gos completava la sua personale trilogia dedicata al viaggio. Un cammino iniziato nella desolazione del deserto (Lost In The Desert), proseguito negli abissi dell’Inferno dantesco (Circles) e arrivato a destinazione in un luogo - non luogo (il citato No Place), approdo finale di una profonda riflessione sul senso dell’esistenza.

Il viaggio come ricerca di se stessi, un percorso accidentato e faticoso fra luci e ombre, dolore e speranza, perdizione e redenzione, tra le macerie di un’umanità fragile, ferita, zoppicante, persa nell’autodifesa del nichilismo, spesso incapace di tenere dritta la barra dell’etica, ma, in qualche modo, ancora capace di estemporanei slanci vitali alla ricerca di una pace tanto interiore quanto universale.

In tal senso, quel disco si concludeva con "I Still Need You", un barbaglio di sole che penetrava la bruma malinconica della scaletta, un ancora di salvezza dal male circostante, un pungolo di ottimismo per invitare le coscienze a guardare al futuro, tenendosi stretta una piccola, ma necessaria speranza.

Che dopo un anno, un solo anno, è svanita completamente. Se nei precedenti lavori, nonostante il mood inquieto e depresso, la trama della narrazione talvolta si sfilacciava per consentire a brevi fremiti di positività di penetrare nel diffuso senso d’angoscia, con In This Noise la luce si spegne. Quella forza multiforme e potente, fonte di verità, conoscenza e salvezza, è stata risucchiata definitivamente, inghiottita dalle tenebre, simbolo di ignoranza, malvagità e morte.

 

Questo è, dunque, il disco nero di Ros Gos, un disco nero come la pece del mondo che ci circonda. Come può la speranza trovare romito nelle nostre anime, se tutto quello che siamo costretti a vedere è distruzione, morte, carestia, se alle urla di dolore e al pianto disperato si contrappone solo il becero latrato dei mastini della guerra?

Se il suo predecessore si sviluppava in modo vario e fascinoso attraverso melodie, per quanto non di facile presa, ma decisamente accattivanti, e optava per un suono più stratificato e rotondo, In This Noise imbocca una strada che va nella direzione opposta, che si pone in netta contrapposizione con il passato. Le nove canzoni in scaletta sono scarnificate, vestono abiti francescani, scelgono una frammentazione in cui il silenzio, in contrapposizione con il rumore di fondo che circonda le nostre esistenze, riveste la stessa importanza dei pochi strumenti della mise en place.

Il mood, questa volta, non è solo umbratile e malinconico, ma addirittura spettrale, il dolore è palpabile, il senso di tragedia incombente toglie il fiato, gli arrangiamenti di Andrea Liuzza sono minimal ma decisivi e calibrati, e le distorsioni di chitarra affidate a Massimo Valcarenghi spingono il rumore esterno nelle trame delle canzoni, slabbrando il doloroso impianto melodico.

 

Unica consolazione in questo mare nero di perdizione, è la bella voce di Ros Gos, arresa eppure calda, sofferente ma traboccante di sincera umanità, velluto che avvolge lo scheletro tremante di una musica che raschia la gola come la sabbia del deserto.

Se le consuete fonti di ispirazioni (Mark Lanegan e Steve Von Till su tutti) sono ancora evidenti, giunto a questo nuovo capitolo della sua carriera, Ros Gos ha definitivamente rifinito uno stile distintivo, messo in luce da canzoni dolorosamente belle come "Before The Sunset", "In The Dark", "Regrets" e "Migraine B" (il testo struggente è di Barbara Vecchio), solo per citarne alcune.

In This Noise non è un disco di facile ascolto, addirittura respingente di primo acchito, eppure, in queste nove canzoni si racchiude una bellezza ispida e ossuta, che nasce dallo sguardo lucido, consapevole ed empatico di un musicista che osserva il mondo e ce lo racconta, senza alcun filtro se non quello della propria compassionevole sensibilità.