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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
24/07/2017
The Jesus And Mary Chain
In Yer Face...
...Quindi sanguinate con i “baci di filo spinato” di The Jesus And Mary Chain
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Innanzitutto, la mia battaglia personale sul “The” trova ragione nel fatto che fra “Gesù e (la) catena di Maria” e “La catena di Gesù e Maria” c’è una bella differenza, dunque The Jesus And Mary Chain.

Lasciamo stare che la formazione guidata dai fratelli William e Jim (James) Reid (rispettivamente classe 1958 e 1961) fosse spesso abbreviata dai journos in The (anzi the) Mary Chain.

Persone certo non accomodanti gli scozzesi Reid e anche irridenti: dichiarare che loro non hanno mai imparato a suonare “Johnny B. Goode” e poi realizzare una versione di “Surfin’ USA” di The Beach Boys, rispetto alla quale Chuck Berry è riconosciuto coautore dato il debito (plagio) che essa ha con “Sweet Little Sixteen”, significa prendere le misure all’interlocutore: più per una bara che per un abito.

Dire che i Joy Division fanno schifo, e ripeterlo, semplicemente porta all’estrema conseguenza il fatto che più di una persona (me compreso) ritiene che quei mancuniani avrebbero dovuto chiamarsi Ian Curtis’ Joy Division.

Affermare che lo stile iniziale dei TJAMC fosse quello degli Einstürzende Neubauten che eseguono il repertorio de The Shangri-Las comincia a far sanguinare il cervello ai recensori da dopolavoro.

Alla domanda “ma che genere suonano?” si potrebbe rispondere: feedback melodico con percussioni che incrociano Maureen “Moe” Tucker e (inevitabilmente?) il tattoo delle Highlands (dunque rullante e tom), aggiungendo che il loro primo batterista fu Bobbie Gillespie (poi definitivamente rientrato nei Primal Scream).

Esordio nel 1984 e menzogne sulla propria età da parte dei Reid bros[1].

Incidenti ai loro primi concerti perché troppo brevi.

Sono loro i penultimi conflittuali, direi[2].

Una discografia nutrita, con tutti gli album di studio originali[3] riediti in formato doppio CD e ulteriore DVD aggiuntivo[4] nel 2011, dovrebbe per lo meno rendere giustizia a questi vessilliferi di un suono non allineato con il contingente dell’epoca, forse vittima – in termini di riconosciuta importanza storica – del nefasto Britpop (l’elenco da fare è sugli artisti dimenticati per sempre che, purtroppo, hanno contribuito a sminuire qualche indimenticabile[5]).

E ora procuratevi (oltre alla discografia) e andate a leggervi Barbed Wire Kisses: The Jesus And Mary Chain Story di Zoë Howe, a riprova della intramontabilità di questi signori delle alte terre, dove il suono può pungere come il cardo e dove il vento fischia severo, ma stimolante per chi sa ascoltarlo.

Quindi sanguinate con i “baci di filo spinato” di The Jesus And Mary Chain.

 

[1] Del resto “Substitute” docet.

[2] Gli ultimi rimangono i Manic Street Preachers, salvo smentita adeguatamente motivata.

[3] La loro discografia è piuttosto ricca: tanto che delle loro session radiofoniche con John Peel fu tratto ai tempi un album ad hoc, ed anche Barbed Wire Kisses, che ho citato brevemente altrove, aveva funzione collettanea. Quelle stesse registrazioni sono oggi disseminate negli album di riferimento rieditati in forma espansa. Fra l’altro, questo è uno dei pochi casi in cui le expanded edition hanno una funzione meritoria.

[4] Davvero molto il materiale che ciascuno contiene.

[5] Del resto chiedete oggi chi furono gli, allora, osannati Elastica! E cito appunto non fra gli svaniti per sempre ma fra coloro che erano considerati autentici innovatori (dispute di plagio a parte).