Cerca

logo
Banner 2
THE BOOKSTORECARTA CANTA
Invettive musicali
Nicolas Slonimsky
2025  (Adelphi)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
29/09/2025
Nicolas Slonimsky
Invettive musicali
Invettive musicali è una divertente e interessante "antistoria" della musica, che illustra le frequenti incomprensioni e invettive che accompagnano ogni innovazione sin dai tempi di Bela Bartok e Beethoven. E tra un sogghigno e l'altro si fa strada l'annosa domanda: quanto di ciò che oggi critichiamo tra vent'anni passerà da mostruisità a capolavoro?

Nicolas Slonimsky è stato una figura rilevante nel panorama musicale “classico” del Novecento in ambito nord-americano (seppur nato in Russia sul finire dell’Ottocento); attivo come compositore, direttore d’orchestra, divulgatore, ed anche polemista, in particolare con la sua opera Lexicon of Musical Invective, uscita originariamente nel 1953 (e aggiornata nel 1965) con il sottotitolo Assalti critici ai compositori dai tempi di Beethoven.

Adelphi quest’anno ha curato la traduzione del libro abbreviando l’originale titolo in Invettive musicali, a cura di Carlo Boccadoro (noto compositore, autore, e in qualità di direttore dell’ensemble Sentieri Selvaggi, divulgatore di musica classica contemporanea, che ho avuto modo di sentire all’ultima edizione del Milano Piano Meeting dove ha interpretato - stupendomi un poco - integralmente il disco Underwater di Ludovico Einaudi) che cura anche la post-fazione finale.

Il volume raccoglie e organizza in ordine alfabetico per singolo autore, quindi a partire da Bela Bartok, passando per Beethoven, Brahms, Chopin, Puccini, Verdi per finire con Webern, una serie (in)infinita di giudizi negativi, sarcastici o offensivi espressi da critici musicali verso compositori oramai divenuti patrimonio comune (o quasi) dell’olimpo classico.

 

Slonimsky in tale certosina ricerca, indica per singola “recensione”, data, fonte e anche in molti casi l’orchestra ed il luogo dell’esibizione. L’opera presenta anche un indice tematico titolato significativamente "Insultario", indice che collaziona le offese/invettive per parola chiave.

Non nascondo che la lettura deve essere centellinata per evitare di trovarsi “nauseati” dalla lunghissima sequela di recensioni e improperi, di cui si riportano di seguito, a titolo di esempio, alcune chicche:

Il Mephisto valtzer di Listz è un’odiosa ed incomprensibile congerie di rumori, cacofonia ed eccentricità”.

A fine serata ci è stata presentata una porcheria sonora senza scopo né fine di Edgar Varese”.

Un americano a Parigi [di Gershwin] è uno sproloquio disgustoso, così piatto, disomogeneo, debole, volgare, prolisso e inutile che il pubblico medio del cinema ne sarebbe annoiato”.

La seconda sinfonia [di Beethoven] è una mostruosità madornale, un dragone ferito che si contorce in maniera spaventosa ma rifiuta di morire…”.

 “Wagner è l’Anticristo dell’arte in persona”.

Il libro difatti presenta una "antistoria" della musica, illustrando le frequenti incomprensioni che accompagnano ogni innovazione.

 

Nell'introduzione titolata Rifiuto dell’insolito posto (a mio parere erroneamente) alla fine del libro, l'autore spiega il suo assunto di fondo: le “invettive” riportate sono state pronunciate in molte occasioni non da persone “reazionarie” o prive di cultura, anzi, molti recensori sono dotati di una vasta ed enciclopedica cultura, muniti di una prosa brillante e ricca di metafore, la loro debolezza “consiste nel confondere le proprie inveterate abitudini d’ascolto con un inalterabile ideale di bellezza e perfezione”.

Slonimsky, insomma, sottolinea che il rifiuto delle novità è un elemento costante nella storia musicale, e spesso occorrono decenni perché opere inizialmente criticate vengano apprezzate come capolavori, anche dagli stessi compositori, vedasi le due citazioni di Richard Strauss pronunciate a distanza di anni nei confronti del Siegfried wagneriano: “Siegfried era abominevole…Lo spavento di queste orribili dissonanze potrebbe uccidere un gatto…Mi ronzavano le orecchie a causa di questi aborti di accordi..” per poi così scrivere, dopo aver diretto l’opera in oggetto diversi decenni dopo: “Mi chiedo se un giorno non si potranno lasciar perdere questi sciocchi giudizi da scolaretto inesperto che, da studente, espressi all’amico…”.

 

Il valore di Invettive musicali quindi non è soltanto di carattere storico o aneddotico, ma anche pedagogico: di quanta della musica rock, jazz, contemporanea si potrebbe dire quanto sopra esposto nel testo per quella che oggi definiamo musica classica?

Di quanta della musica prodotta oggi giorno è possibile affermare, come riporta nel proprio saggio Slonimsky “Ci vogliono circa vent’anni per trasformare una mostruosità modernista in una curiosità artistica, e altri venti per innalzarla a capolavoro”?

 

Tuttavia, vorrei lasciarvi con una provocazione: per Slonimsky ironicamente la musica ultramoderna, a partire dal Secondo Novecento, ha realizzato i peggiori incubi di questi “profeti di sventura”, “in quanto nel 1948 a Parigi un ingegnere radiofonico (Pierre Schaffer, ndt.) ha lanciato la musiqueconcrete, in cui rumori e suoni del tutto casuali vengono registrati e presentati come una nuova tecnica”.

Ebbene, approfittando di un’offerta a un prezzo di super saldo, questa estate ho acquistato il cofanetto (12 cd) Pierre Henry Polyphonies ovvero di un altro importante esponente di tale corrente musicale.

Silloge di interessante ascolto e di fondamentale valore anche storico, tuttavia pur essendo da sempre interessato alle cosiddette musiche off, un diavoletto dispettoso alla pari di Malacoda (C.S. Lewis docet) mi fa ronzare da parecchio nella testa una maliziosa domanda: quanta di questa musica che collezioni da decenni, viene da te ascoltata con continuazione e assiduità?

E, più in generale, per quale motivo, alla fine, ciò che interessa all’ascoltatore (colto, medio, insapiente) è sempre legato alla melodia (tonale) e all’armonia (non dissonante)?

Vero è che, ad esempio, la dodecafonia di Schonberg - forse anche per l’utilizzo massivo nelle colonne sonore - non suona oramai così dissonante alle nostre orecchie, ma forse per molta dell’avant-garde trovo un fondo di verità nell’icastico e folgorante giudizio del grande Gioacchino Rossini in un apocrifo riportato nel libro: “Wagner ha dei bellissimi momenti, ma dei brutti quarti d’ora”.

Come diceva Arbore in una geniale pubblicità ideata da Assobirra negli anni Ottanta: Meditate gente meditate