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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
13/11/2017
Rory Gallagher
Irish Tour 1974
Nessuno sfoggio di classe fine a se stesso, però, nessun orpello stilistico per dimostrare quanto fosse bravo: Rory e la sua mitica Sunburst potevano tutto, eppure preferivano regalare al pubblico solo l’aspetto più verace della musica, un tumultuoso rock blues dotato di sferzante e sudatissima energia

Chiedete ad un rocker irlandese di citarvi un eroe nazionale delle sette note e, senza tentennamenti, vi dirà: Rory Gallagher. Un musicista così amato in terra d'Irlanda che, il giorno della sua morte, avvenuta il 14 giugno del 1995, l'intera isola rimase chiusa per lutto, e le sue esequie furono addirittura trasmesse in televisione a reti unificate. Morì giovane, a soli 47 anni, vittima delle complicazioni di un trapianto di fegato resosi necessario per una cirrosi cronica dovuta all'abuso di alcol. Eppure, nonostante la grave dipendenza dagli alcolici, Rory sul palco esprimeva, anche negli ultimi tempi, un'esplosiva vitalità e un'energia che mai avrebbero fatto presagire il drammatico epilogo. Dotato di una particolarissima tecnica slide che gli consentiva di suonare un turbinio di note alla velocità della luce, Gallagher utilizzò per quasi tutta la vita una Fender Stratocaster con finitura sunburst, nonostante lo strumento, nel corso degli anni, si logorò tanto da perdere quasi completamente l'aspetto originario. Il suono, però, rimase sempre lo stesso. Prima a capo dei Taste, poi in solitaria, Gallagher soleva dire del suo rock blues, solido, aspro e arcigno, che era musica semplice come un piatto di carne e patate, dimenticandosi di citare, sempre, per umiltà, la sua tecnica mostruosa.  A questo, ci pensò, però, Jimi Hendrix, che una volta, a un giornalistica che gli chiedeva come ci si sentiva a essere il più grande chitarrista al mondo, quasi indispettito, rispose:” E perché lo chiedi a me? Chiedilo a Rory Gallagher”. Una musica coriacea e senza fronzoli, quella che usciva dalla chitarra di Rory, che rispecchiava il carattere schivo di un artista lontano dallo star system e da ogni clamore mediatico, ma che, nel contempo, ha saputo interpretare meglio di chiunque altro l’orgoglio irlandese e la carica esplosiva del blues elettrico a stelle e strisce. Nessuno sfoggio di classe fine a se stesso, però, nessun orpello stilistico per dimostrare quanto fosse bravo: Rory e la sua mitica Sunburst potevano tutto, eppure preferivano regalare al pubblico solo l’aspetto più verace della musica, un tumultuoso rock blues dotato di sferzante e sudatissima energia. Se mi concedete una metafora calcistica, ho sempre pensato a Gallagher come a un numero 10 che preferiva stare in mezzo al campo, là dove la battaglia infuria, pressando, randellando e rincorrendo tutti. Ben conscio che, al momento necessario, avrebbe avuto ancore le forze e l’intuizione per decidere da solo la partita, piazzando la palla proprio là, dove il portiere sarebbe mai arrivato, nemmeno volando. Irish Tour è probabilmente il punto più alto della discografia del chitarrista irlandese e la summa della sua verace poetica musicale. Registrato in giro per la sua Irlanda, tra Cork, Belfast e Dublino in un momento storico in cui, da quelle parti, non ci metteva piede nessuno per ovvi motivi di incolumità personale, Irish Tour esce originariamente in doppio vinile e diviene fin da subito una sorta di pietra angolare per tutti i live che seguiranno (vendette due milioni di copie e Melody Maker lo votò miglior disco dal vivo dell’anno). Una scaletta al fulmicotone, in cui Gallagher esegue al meglio il meglio del suo repertorio (Cradle Rock, Tatoo’d Lady, A Milion Miles Away), e si esibisce anche in un pugno di cover, tra cui spicca la mitica I Wonder Who di Muddy Waters. Acceleratore schiacciato a tavoletta, furore blues e fiammeggianti improvvisazioni per una performance solida, muscolare e debordante energia usque ad finem, che vede al fianco di Gallagher una band coi controcazzi: Gerry McAvoy al basso, Lou Martin alle tastiere e Rod De'Ath alla batteria. A fine ottobre del 2014, è uscito un suntuoso box set di Irish Tour, contenente ben 7 cd audio ed il dvd del documentario "Irish Tour" diretto da Tony Palmer.  Nel cofanetto sono presenti tre fantastiche esibizioni complete, una a Belfast del Dicembre 1973 ed altre due a Cork e Dublino del gennaio del 1974, oltre a una session alla splendida City Hall. Tanti inediti, ottima resa qualitativa del suono, packaging elegantissimo e un booklet ricco di foto d’epoca. Un appuntamento imperdibile per i fans di Gallagher e per tutti coloro che amano la chitarra elettrica.