“Mentre passeggiavano per il centro sotto un sole all’anidride carbonica, Aidi gli aveva spiegato come a volte i novizi zen impiegassero anni e anni per trovare la risposta a un solo koan. Il nostro diavolo d’uomo, invece, le aveva parlato di Joe Strummer che era andato a fare il cantante punk anche se suo padre era un pezzo grosso della diplomazia inglese”.
Enrico Brizzi era poco più che diciannovenne quando, nel 1994, ha pubblicato il suo primo romanzo, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, diventato un vero e proprio caso letterario. È stato tradotto in un numero imprecisato di lingue, incluso nei programmi didattici di alcune scuole medie e superiori, e amato da generazioni di lettori, al punto da essere considerato, oggi, un classico contemporaneo della narrativa italiana per ragazzi. E io, da appartenente alla generazione X, posso affermare che anche a distanza di trent’anni, il romanzo conserva intatta tutta la sua forza, perché l’urgenza e la sincerità con cui viene raccontato il tempo fragile e ribelle dell’adolescenza, è un qualcosa che risuona anche in chi, come me, quegli anni se li è lasciati alle spalle ormai da un pezzo.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo non è solo un romanzo di formazione: è una dichiarazione d’intenti, un manifesto emotivo scritto con il lessico graffiato, ruvido e non convenzionale di chi, a diciassette anni, non ha paura di inciampare e sbagliare, perché, come mi ripeteva mia nonna, “sbagliando s’impara”. Gli errori, come conseguenza di tutte le scelte e le esperienze che decidiamo di fare, sono momenti di crescita necessari (a tutte le età), perché contribuiscono alla formazione di un’identità personale e, nel migliore dei casi, unica. Perché, sarò ripetitiva, la vera libertà risiede nella conoscenza, nel pensiero critico e nel non lasciarsi incasellare in stereotipi che non ci appartengono.
Il titolo del romanzo trae ispirazione dall’abbandono dei Red Hot Chili Peppers da parte del chitarrista, John Frusciante, durante il periodo di maggior successo della band. Un gesto di ribellione che il protagonista, “il vecchio Alex” (è palese il riferimento al Giovane Holden di Salinger), un ragazzo come tanti, che vive nella Bologna degli anni Novanta, sente profondamente vicino.
D’altro canto, la musica, in questo romanzo, è ovunque. Le citazioni musicali sono moltissime. È il grande amore di Alex, linguaggio emotivo, consolazione, sfondo e colonna sonora della sua vita, un modo per sentirsi parte di una comunità “diversa”, non omologata. Predilige la musica rock e alternativa, quella fatta di chitarre distorte e testi fuori dagli schemi. “…Alex era cresciuto sentendosi molto più dalla parte dei testi rivoluzionari dei Negu Gorriak e di Anarchy In the UK dei Pistols, che non dell’Alfieri e dell’Anabasi di Senoforte.”
Il nocciolo sta proprio in questo, nella ricerca disperata e necessaria di autenticità in un mondo che spinge verso l’omologazione. Un’autenticità reale, non forzata o artefatta. Quella che affiora giorno dopo giorno, dalla costruzione del sé, prendendo ispirazione e rielaborando quei modelli culturali e sociali che si sentono più affini, che si trasformano in vero e proprio nutrimento, quelli in cui ci si rispecchia di più, perché capaci di solleticare curiosità, interrogativi, riflessioni e idee. È, allo stesso tempo, un bisogno di affermazione della propria identità, quello stesso bisogno che porta gli adolescenti, compreso “il vecchio Alex”, ad avere un rapporto conflittuale con i suoi genitori, “la Mutter” e “il Cancelliere”.
Una sorta di scontro generazionale necessario e inevitabile, perché da una parte ci sono i genitori, convinti di conoscere già tutte le risposte e dall’altra i figli, che quelle risposte, invece, vorrebbero cercarsele da soli, senza essere imboccati.
Nel mondo di Alex non c’è solo musica, ma anche libri. Pur avendo un rapporto contrastato non con la scuola in sé, ma con il modello scolastico, ama leggere. È attratto dai romanzi, dalle poesie e dai pensatori controcorrente. Si nutre di parole. È un lettore emotivo, non accademico. E scrive lettere, pensieri, frammenti. La scrittura è sfogo e riflessione, spesso intima, mai esibita.
“Ti guardano male, se sanno che fai delle letture per conto tuo. Se si accorgono che alzi la testa, o che esci dal gregge. Di questa gente di merda non voglio essere connivente né amico: la loro ironia del kazzo, il loro programma di reintegrazione se li possono proprio appallottolare dove non splende.”
La storia d’amore, o qualunque cosa sia, con Aidi (diminutivo di Adelaide) è il cuore pulsante del romanzo, ed è proprio nella sua indefinitezza che trova la massima forza narrativa. Non è una storia d’amore convenzionale, romantica, rassicurante, da romanzo rosa: è un legame fatto di attrazione, complicità e distanza, in cui nessuno dei due forza l’altro. Non esistono etichette. Perché ci sono rapporti capaci di andare ben oltre le definizioni. Aidi, intelligente, autonoma, con la testa da un’altra parte (in America, per questioni di studio), è per Alex il simbolo dell’altrove possibile, dell’amore che non vuole incasellarsi, ma che comunque c’è. Esiste. Ogni gesto, ogni parola scambiata tra loro è carica di una dolce tensione e di un’urgenza silenziosa: quella di sentirsi, anche solo per un momento, compresi davvero. Ci sono silenzi che parlano più di mille parole, e sono quelli che nascono dalla sintonia tra due individui, da quella vicinanza dell’anima e delle emozioni, e dalla condivisione degli stessi interessi, che rendono alcuni rapporti più speciali di altri. Unici. Perché il modo di “sentire” è lo stesso.
“C’era sempre il fatto che con Aidi non interagiva fisicamente - nemmeno si baciavano in bocca, quei pirati! - ma a parte questo, Aidi indossava sempre delle prodigiose magliette bianche e poi ascoltavano tutto il tempo soft-rock tipo Housemartins o cantautori italiani anni Settanta. Inoltre, giocavano a memory e a shangai.”
E poi, c’è la bicicletta, compagna inseparabile d’avventure, che non è solo un mezzo di trasporto, ma uno spazio di indipendenza. Alex e Aidi pedalano in silenzio, condividendo non tanto le parole quanto la presenza. In un mondo che corre veloce, votato alla produttività e all’apparenza, pedalare lentamente diventa quasi un atto sovversivo, una sorta di tempo “sospeso” e personalissimo, in cui essere sé stessi e liberi.
Il dolore per la perdita dell’amico Martino, la frustrazione verso la scuola, l’impegno sociale e politico: tutto ruota attorno alla sensazione che crescere significhi scegliere se restare fedeli a sé stessi o adeguarsi. E Alex, a modo suo, tenta di resistere. Il titolo, in fondo, sintetizza lo stato d’animo di chi sceglie di non restare in un sistema che non sente più suo. Alex non vuole diventare uno che si laurea in Economia e si compra il Golf GTI: vuole restare fedele a ciò che prova, anche se non sa bene dove lo porterà.
La forza di questo romanzo risiede nel fatto che Enrico Brizzi, grazie alla sua età, è riuscito nell’impresa di raccontare l’adolescenza dall’interno, senza la patina della nostalgia adulta.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo è un romanzo che oggi, a trent’anni dalla sua pubblicazione, conserva intatta la sua forza. Perché rappresenta il desiderio, più che legittimo, di ambire a vivere una vita vera e non preconfezionata da schemi o canoni imposti da una società che pretende di dettarci una tabella di marcia canonica e in linea con quelli che sono, palesemente, valori e modelli capitalistici. Perché l’inquietudine di chi si sente fuori posto, ieri come oggi, non invecchia mai. Gli inquieti, i “disadattati”, sono destinati a sentirsi così in eterno. Note stonate, che non ambiscono a “intonarsi”.
Questo bisogno di autenticità, di restare fedeli a sé stessi anche a costo di perdere l’equilibrio, è un tema che Brizzi ha approfondito ulteriormente in Due, pubblicato trent’anni dopo Jack Frusciante è uscito dal gruppo (qui trovate la recensione). Ritroviamo anche qui Alex e Aidi alle prese con il tentativo di riuscire a costruire qualcosa di vero partendo da quella ribellione e da quei tormenti giovanile tipici della loro età.
I due romanzi, insieme, tracciano un percorso di crescita, segnato da contraddizioni, cedimenti e momenti di lucidità feroce. Due letture bellissime e necessarie, a qualunque età.
“Nessun posto è lontano. Se desiderate essere accanto a qualcuno che amate, forse non ci siete già?”