Ovviamente la frase d'apertura è una piccola boutade, i due film non sono paragonabili e difficilmente questo Jeannette (seguito da Jeanne del 2019) diverrà nel tempo un cult come è accaduto per Jesus Christ Superstar; detto questo il film di Bruno Dumont si rivela essere una scheggia impazzita nel panorama cinematografico recente, almeno per chi, come chi scrive, non conosce in maniera approfondita il cinema del regista francese. Jeanette nasce come progetto per la televisione, l'ispirazione arriva da due testi di Charles Péguy dedicati alla pulzella d'Orléans ai quali Dumont guarda per mettere in scena quello che è un musical sui generis che pur rientrando nel genere sicuramente non ne rispetta i canoni declinandolo in una forma originale che per molto pubblico risulterà alla lunga parecchio ostica. Scelte radicali nella messa in scena di un film molto parlato, molto cantato, coreografato e dove pensieri e parole la fanno da padrone sull'azione: fede, assilli teologici ed esistenziali di una bambina (si inizia con Jeannette a otto anni) che si pone questioni molto più grandi di lei in preda a un dolore sincero per la sofferenza che vede assillare i suoi compaesani, siamo nel 1425 durante la Guerra dei cent'anni con una Francia in scacco sotto il tallone degli eserciti inglesi.
Il film è diviso in due parti, nella prima una Jeannette (Lise Leplatt Prudhomme) ancora piccola, guardiana di pecore, discute con la sua amica e coetanea Hauviette (Lucile Gauthier) del comportamento del Signore nei confronti della povera gente oppressa dalla guerra, Jeannette colma di fede non capisce però il mancato intervento di Dio nell'alleviare la sofferenza dei suoi concittadini, dei suoi connazionali e desidera un approccio più interventista, del Signore, degli stessi francesi, per riprendere in mano il proprio paese e la pace tanto agognata. Dal canto suo Hauviette non si sente proprio di mettere in dubbio il volere e l'operato (o il non operato) del Signore e sostiene che il compito dei cristiani sia solo quello di pregare e affidarsi in maniera totale a Dio. Nella seconda parte del film la bambina è cresciuta, da giovane ragazza diventa Jeanne (Jeanne Voisin), prende coscienza che il suo tumulto interiore è una chiamata, del Signore, alle armi, non è chiaro, fatto sta che la convinzione di essere il condottiero che il Signore vuole per la liberazione della Francia si afferma, Jeanne partirà aiutata dallo zio (Nicolas Leclaire) alla volta dell'assediata Orléans, il film termina prima dell'incontro della pulzella con le armi e con i campi di battaglia.
Bruno Dumont adotta una messa in scena all'apparenza molto povera, essenziale, poche location, attrici e attori non professionisti e scelte artistiche che donano un sapore irreale all'intera opera, come le apparizioni della Madame Gervaise sdoppiata o quelle stralunate di Santa Caterina, Santa Margherita e San Michele che sembrano forme di un presepe dell'assurdo (pur non avendo nulla a che fare con la natività). Le parti cantate, quasi continue, non godono di precisione tecnica essendo protagoniste ragazzine non professioniste, tutto è molto spontaneo, non artificioso, nelle coreografie a tratti c'è l'impressione di assistere all'esibizione della recita scolastica, eppure tutto trova una sua coerenza, un suo stile scarno che viene valorizzato dalle musiche atipiche e molto originali per il genere e per il tema trattato a cura del musicista Igorrr che si carica sulle spalle gran parte della riuscita del film. Si sperimenta con un metodo del tutto particolare per il cantato che avviene in presa diretta mentre gli attori ascoltano le musiche di Igorrr tramite auricolari, il tutto rende il film ancora più straniante sottolineando le scelte già poco usuali per il genere del compositore francese che arriva dal death metal. Nonostante Jeannette sia un film che verrà percepito con esiti differenti in base al gusto personale dello spettatore data la sua particolarità, è innegabile che vedere la giovane e futura Giovanna d'Arco lanciarsi in riflessioni altissime a ritmo di heavy metal, fare headbanging e portare a compimento coreografie moderne, slegate da ogni riferimento al musical classico, è quantomeno una bella soddisfazione. Le musiche di Igorrr sono trainanti e indovinate per tener desta l'attenzione su un progetto non facile che sui minuti finali non manca di far accusare un lieve velo di stanchezza nonostante l'impegno a scombinare le carte in un mood già scombinato di suo (il giovane zio che parla solo rappando). Opera coraggiosa, sperimentale se vogliamo, a inquadrare in maniera nuova quello che per la Francia è un vero simbolo nazionale, discorso da riprendere più avanti con la visione del successivo Jeanne del 2019.