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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
05/06/2024
Live Report
King Gizzard & The Lizard Wizard, 04/06/2024, Circolo Magnolia, Milano
Gli australiani King Gizzard & The Lizard Wizard sono tra gli act migliori sulla piazza quando si parla di live e al Magnolia hanno realizzato uno dei loro concerti più riusciti. In apertura una meravigliosa Grace Cummings, uno degli esponenti più promettenti di ambito Soul/Americana.

Tornano in Italia a distanza di poco più di un anno i King Gizzard & The Lizard Wizard, un ennesimo tour europeo che, date le croniche difficoltà per le band a muoversi oltreoceano dopo i rincari del post pandemia, non fa altro che confermare ulteriormente la popolarità in costante crescita del sestetto australiano.

Tutto questo vale anche per il nostro paese, a giudicare dal numero di fan entusiasti (parecchi con addosso le t-shirt della band) che si riversano al Magnolia sin dall’apertura dei cancelli. L’età media sembra piuttosto bassa, ed è un dato senza dubbio positivo: Stu McKenzie e compagni suonano generi che potrebbero essere definiti “datati” ma li mescolano e li declinano in modo tale da risultare accattivanti anche per le giovani generazioni, senza dubbio attirate anche dal carattere istrionico delle loro performance dal vivo.

 

Questa sera siamo all’interno di Unaltrofestival, la consolidata rassegna estiva del Circolo Magnolia, che negli anni ha visto avvicendarsi su questo palco artisti di assoluta caratura (ricordo gli Slowdive freschi di reunion, gli Editors e i Daughter, giusto per fare qualche nome). A questo giro il bill dei singoli giorni non è particolarmente ricco, ma ci becchiamo comunque un’apertura d’eccezione: Grace Cummings, anche lei australiana, sta girando assieme ai suoi connazionali e si tratta di un’occasione splendida per vederla all’opera dopo la pubblicazione di Ramona. Il suo terzo disco, prodotto da Jonathan Wilson, rappresenta un notevole salto di maturità dopo i primi due lavori, validi ma molto scarni in sede di arrangiamento. Adesso è tutto più profondo, stratificato e teatrale: archi, fiati e un miglioramento complessivo della qualità dei brani, unitamente ad una prova vocale sopraffina, lo rendono uno dei dischi da ascoltare obbligatoriamente in questo 2024.

Dal vivo la sua prova è convincente: sul palco sono in quattro, formazione base con basso, batteria, chitarra e piano elettrico (all’inizio del set suonato dalla stessa Cummings), per cui se da un lato viene a perdersi tutta la ricchezza sonora del lavoro in studio, dall’altro il tutto acquista un maggior grado di spontaneità, diviene tutto più potente e diretto, per certi versi più facilmente fruibile.

Grace, dal canto suo, utilizza molto bene la voce, il suo timbro caldo, profondamente Soul, viene fuori benissimo anche in questa sede, con una resa sonora non certo ottimale. A conti fatti si tratta di uno show più che convincente, anche se sarebbe stato meglio vederla in una location più raccolta, magari al chiuso. Setlist incentrata sull’ultimo disco, con l’unica eccezione di “Storm Queen”, title track del lavoro precedente; le varie “Something Going Round”, “Work Today (And Tomorrow)”, “Common Man”, “Ramona”, hanno tutte un bel tiro e scorrono via che è un piacere, con la ciliegina sulla torta di un’improvvisata degli headliner, che la raggiungono tutti assieme sul palco per una jam caotica ma tutto sommato piacevole.

Un set da un’ora che ci ha sicuramente convinti e che conferma il talento di questa giovane artista; derivativa, senza dubbio, ma in ambito Soul/Americana resta uno degli esponenti più promettenti al momento sulla piazza.

 

 

I King Gizzard & The Lizard Wizard si ripresentano sul palco alle 21.30 spaccate, come al solito salutando a cazzeggiando amabilmente prima di mettersi a suonare. Annunciano in particolare che la setlist di questa sera è stata compilata dalla loro crew, con ciascun membro a scegliere determinate canzoni.

Che sia dunque lecito attendersi qualcosa di particolare lo capiamo dall’attacco di “Danger $$$”, molto raramente proposta dal vivo, e tratta da quel Willoughby’s Beach che rappresenta uno dei loro primi lavori. A seguire una altrettanto inusuale “Wah Wah” (che però arriva da uno dei loro dischi più celebri, Nonagon Infinity), dopodiché i sei si tuffano in uno dei capisaldi del loro periodo psichedelico, “The River”, che tirano avanti all’impossibile con una jam in pieno stile Grateful Dead.

Questo è il momento in cui si capisce che il concerto di questa sera sarà diverso dagli altri a cui abbiamo assistito in precedenza (posto che, in un certo senso, ogni loro concerto lo è): “The River”, quando arriva, arriva alla fine, così come è tendenzialmente nella parte conclusiva di ogni show che si lasciano maggiormente andare alle improvvisazioni. Qui non solo accade l’opposto, ma sembra che abbiano l’urgenza di dilungarsi con gli assoli, di esplorare territori incogniti e di dare fondo alle proprie capacità espressive. Ne viene fuori un momento di livello assoluto, senza dubbio il migliore del concerto, assieme ad una clamorosa “The Dripping Tap”, che già è una delle loro composizioni migliori, e che qui tirano avanti per quasi mezz’ora, tra momenti tiratissimi e teaser di altri brani come la recente “The Silver Cord”. Del resto, di tutte le innumerevoli facce che la band di Melbourne è in grado di assumere, questa così dilatata e chitarristica è da sempre quella che le si addice di più, così che il fatto che abbiano voluto valorizzarla così tanto, ha reso questo show davvero speciale.

In mezzo è poi arrivata la botta di “Road Train”, una di quelle che sintetizza meglio il loro periodo Heavy e, in totale controtendenza con tali sonorità, due brani inediti (“Mirage City” e “Sad Pilot”) dalle nette influenze Country la prima, mentre la seconda con un’impronta più Vintage Americana, impreziosita da una struttura ritmica piuttosto elaborata. Ecco, dopo essere tornati al Metal con PetroDragonic Apocalypse, ed aver esplorato il mondo dell’Electropop con This Silver Cord, probabilmente la prossima tappa sarà all’insegna di questi suoni vagamente rassicuranti.

 

Una cosa è certa (e ascoltandoli stasera è ancora più evidente): i nostri hanno una concezione della musica per cui quel che conta è suonare e divertirsi, il genere di volta in volta scelto è sia un tributo alle cose che hanno sempre amato, sia una modalità per esprimere di volta in volta il loro stato d’animo prevalente. Se aggiungiamo che, più che compagni di band, sono soprattutto un affiatato gruppo di amici, e che il tiro che hanno quando si lanciano tutti insieme a briglie sciolte è pazzesco, si può capire come possano risultare così coinvolgenti nonostante, a conti fatti, possano apparire una banda di cazzoni senza capo né coda.

Molto meglio comunque la prima parte della seconda perché andando avanti puntano su cose più robuste, si dilungano di meno ma appaiono nel complesso un po’ più sfilacciati, anche perché aumenta esponenzialmente il cazzeggio tra un brano e l’altro. Ciononostante, le varie “Honey”, “Sleep Drifter”, “Dragon” e “Motor Spirit” divertono parecchio e donano una gran botta di adrenalina allo show, col pubblico delle prime file impegnato in un bel pogo liberatorio.

Si chiude, giusto per non farsi mancare nulla, con “Self-Immolate”, pezzo forte di Infest The Rat’s Nest, il disco con cui hanno voluto giocare col Thrash della Bay Area. Certo, non si tratta del loro pane quotidiano e le accelerazioni e gli assoli al fulmicotone vanno letti più appropriazione parodistica piuttosto che come pedissequa ricostruzione filologica. Resta ugualmente un bel momento, ideale per chiudere due ore di concerto ad altissima intensità, con una scaletta che ha quasi del tutto trascurato i brani più famosi, puntando su episodi altrettanto validi ma meno scontati.

 

Se da una parte è evidente che i KGLW il meglio su disco lo abbiano dato nel periodo tra 2013 e 2017 (anche se ci sono cose ottime anche dalle parti dei più recenti Omnium Gatherum e Ice, Death, Planets…, nonché il già citato PetroDragonic Apocalypse, è altrettanto vero che questa incontrollata prolissità di uscite, non può che andare a discapito della qualità complessiva.

Resta che gli australiani sono tra gli act migliori sulla piazza, quando si parla di live, e che quello di questa sera è stato probabilmente il loro concerto più bello, almeno tra quelli che ho visto io. Speriamo ripassino presto perché davvero non basta mai.