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MAKING MOVIESAL CINEMA
La Casa di Jack
Lars Von Trier
2019  (Videa)
HORROR DRAMMATICO THRILLER
9/10
all MAKING MOVIES
06/03/2019
Lars Von Trier
La Casa di Jack
Una fotografia e una regia impareggiabili, con inquadrature che fungono da veri e propri capolavori d’arte contemporanea, per offrire un panorama profondamente vivido sull’inferno e sulla malvagità umana

America degli anni ‘70: un uomo indeciso tra l’essere un ingegnere e un architetto è in auto. Una donna gli chiede aiuto ma accade qualcosa, un “incidente” che darà il via poi a molti altri.

Per i personaggi principali de La casa di Jack, Lars Von Trier ha raccolto un impressionante cast internazionale: Mat Dillon è il serial killer Jack; Bruno Ganz il misterioso Verge, che sfida ed esplora il flusso di coscienza di Jack attraverso un dialogo ricorrente; Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Gråbøl, Riley Keough, sono le sfortunate donne che incontrano Jack. Queste ultime hanno quasi tutte già lavorato con Von Trier: la Thurman in Nymphomaniac (2013), la Fallon Hogan in Dancer in the Dark (2000) e Dogville (2003), la Gråbøl in Il Grande Capo (2006). Come il regista stesso afferma infatti, ha “sempre fatto film su donne buone; ora era giunto il momento di un film su un uomo malvagio.”

Il risultato è un film difficile da definire, se non con una parola: arte. Del resto, quando un’opera non si può descrivere, è necessariamente arte. E all’arte si ritorna in ogni singolo incidente. Incidenti macabri, sadici, violenti oltre ogni limite di moralità; il nome stesso del protagonista dovrebbe già mettere in guardia, prendendo esso la sua derivazione da uno dei mostri più violenti della nostra storia: Jack lo Squartatore. La storia raccontata qui certo, ha molte più vittime, perfino bambini mutilati e ri-connotati e tutte vengono fotografate e amorevolmente conservate, in vista di un progetto superiore. L’ossessivo e psicopatico Jack infatti, è alle prese con una costruzione per la quale prova diversi materiali, diverse teorie e filosofie, eppure nessuna sembra essere adatta ad una mente così aulica quale quella che emerge dallo stimolante dialogo intrattenuto con una misteriosa presenza, Verge. Grazie a quest’ultimo infatti, lo spettatore può compiere un vero e proprio viaggio negli abissi più profondi della mente di un serial killer, e non solo.

Quando avevo dieci anni ho scoperto che attraverso il negativo vedi la qualità demoniaca insita nella luce. La luce oscura”, dice Jack a Verge mentre insieme ripercorrono la carriera del primo. E questa luce il protagonista ci obbliga a guardarla ad occhi spalancati, non ce ne fa perdere un raggio, anzi, la illustra con esempi dalla letteratura, dall’arte, dalla filosofia. Finché si giunge all’apice del viaggio, alla meta ultima e più ovvia: l’inferno.

Nella parte finale a Jack, mutato in Dante, sgorga perfino una lacrima, una scintilla di umanità di fronte alla bellezza incommensurabile della visione paradisiaca che gli offre Verge. Una bellezza che mai ha saputo vedere pur avendola sotto il naso: “Oh Jack, avresti dovuto leggere le parole giuste nella tua vita, ma non hai voluto farlo”, è la sentenza di Verge. Il giudizio morale si esprime qui con un’inquadratura sola, prima ancora dell’esplicito finale.

Una fotografia e una regia impareggiabili, con inquadrature che fungono da veri e propri capolavori d’arte contemporanea, per offrire un panorama profondamente vivido sull’inferno e sulla malvagità umana; con l’aggiunta di spezzoni culturali che danno al film un carattere quasi documentaristico. Ecco la sintesi dell’ultimo lavoro al labile confine tra genio e follia, di Lars Von Trier.