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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
30/11/2020
A Good Man Goes to War
Le interviste di Loudd
Abbiamo chiesto a Flavio e Fabrizio di raccontarci i retroscena del loro album di debutto come A Good Man Goes To War: “The Sounds of a Large Crowd” ci trasporta attraverso scenari e sensazioni, con sette brani strumentali di grande impatto.

Ci sono guerre, sconfitte e vittorie della razza umana che non sono di natura militare e non vengono registrate negli annali della storia. 

(John Williams, Stoner)

Arrivate da esperienze nella musica parallele e differenti, ce le raccontate? Ci raccontate il vostro background? 
Entrambi veniamo da esperienze musicali molto più aggressive, anche se in parte simili. Flavio con il suo attuale progetto storico suona metal-core, mentre Fabrizio ha esplorato di più l'ambiente post-hc. Spesso ci siamo trovati a suonare in altre band sullo stesso palco, ma mai in un progetto comune... e dopo quasi vent’anni di amicizia forse era arrivato il momento di fare musica insieme, spinti molto dalla voglia di sperimentare tutto quello che non abbiamo avuto la possibilità di realizzare con altre band in passato, forse anche per esigenza di rispettare i canoni di un genere musicale. 


Come è nata l'idea di un duo dedicato alla creazione di tracce puramente strumentali? 
Il tutto è nato in maniera molto spontanea... inizialmente si partì da alcuni brani di Fabrizio, la cui intenzione era di sperimentare in ambiente post rock. Il progetto coinvolse immediatamente Flavio che decise di partecipare attivamente a tutti gli arrangiamenti dei brani proposti. Dopo circa sei mesi di lavoro attivo in studio, ci siamo resi conto che avevamo scritto un disco e che sarebbe stato un peccato non pubblicarlo e non portare avanti il progetto. Proprio per necessità di suonare qualcosa di diverso da ciò che già avevamo suonato in passato, l'obiettivo divenne fare musica strumentale in cui non esistono regole o canoni di genere. 

Come avete scelto il nome? Qualche collegamento con Doctor Who, o non ha niente a che vedere? 
Avendo una grande passione per il cinema, abbiamo scelto il titolo di una puntata di Doctor Who. Stavamo cercando un nome evocativo che esprimesse un forte contrasto emotivo, e dal primo giorno, ci siamo trovati immediatamente d'accordo. 

Si parla di “soundscapes”: ci spiegate questo concetto? 
Come tante definizioni, chiunque avrebbe mille interpretazioni in merito. Diciamo che la nostra visione di "soundscapes" è il cercare di trasmettere immagini, odori e sensazioni tramite la musica, un po' come creare delle colonne sonore pensando a paesaggi con particolari sfumature di colori. 

  
Le vostre proposte musicali sono la colonna sonora per quali tipi di film e scenari? Dove vorreste davvero comparire come soundtrack? 
Probabilmente ovunque fosse possibile ahahah... siamo grandi estimatori di Hans Zimmer e 65Daysofstatic, tramite i quali abbiamo capito che la musica non è settoriale o specifica solamente per alcuni ambienti, ma può essere utilizzata in qualsiasi modo dando il proprio contributo, quindi trasmettendo a chi guarda il filmato, diverse sensazioni, che al contrario non potrebbe avere.   

Nella vostra presentazione citate Stoner, di John Williams, come si collega alla vostra musica? 
Stoner è un personaggio che rappresenta l'essere se stessi, anche se gli avvenimenti del passato hanno obbligato ad un cambiamento, che dovrebbe essere inteso come evoluzione della propria persona e non interpretato in maniera negativa. Da questo punto di vista, il nostro background e le nostre esperienze musicali passate/presenti, hanno fatto sì che si potesse creare la complicità e l'intesa giusta per scrivere il primo disco insieme. 

Chi suona quale strumento, nel vostro duo e come avviene il processo di composizione dei brani? 
Il processo di scrittura è stato una piacevole avventura... Fabrizio (chitarra) ha portato la prima stesura delle principali basi armoniche di tutti i brani, focalizzando di più l'attenzione sulle evoluzioni melodiche delle canzoni, mentre Flavio (batteria), successivamente, si è occupato di arrangiare i brani da un punto di vista più ritmico, completando la scrittura con le basi elettroniche. Questo modo di scrivere ci ha dato la possibilità di mantenere una buona coerenza tra i brani e di far evolvere tutto il disco. Abbiamo già deciso che per il prossimo lavoro, invertiremo le fasi di scrittura, così Flavio imposterà ritmiche ed elettronica e Fabrizio curerà gli arrangiamenti. 

Quale brano che ha richiesto maggior concentrazione? 
Sicuramente Reflections ha dato parecchio filo da torcere... man mano che in studio di registrazione si andava completando il disco, Reflections mancava sempre di qualcosa in confronto agli altri pezzi, essendo forse il brano più "morbido" sotto certi versi. Così ci siamo trovati a fare piccole modifiche e piccole aggiunte fino a quando non siamo stati soddisfatti del risultato... peccato che così facendo da che avrebbe dovuto essere uno dei primi, sia stato l'ultimo brano completato in studio di registrazione. 

Singolarmente siete sui palchi di tutta Europa da anni, cosa cambia con questo nuovo progetto? 
Non crediamo che ci possano essere delle differenze sostanziali, alla fine la musica viene proposta da tutti in maniera diversa, fortunatamente, modellandosi in funzione della personalità dell'artista. Forse l'unica differenza importante che possiamo riscontrare è quella di poter avere maggior versatilità, quindi poter accedere anche ad ambienti diversi (come la produzione video di cinema, documentari, pubblicità...), mentre alcuni generi sono sicuramente più legati all'ambiente puramente live. 

Cosa ci racconta il titolo dell’album “The Sounds of a Large Crowd”? 
L'immagine che abbiamo voluto proporre è di personificare ogni canzone come se fosse uno spettatore di un concerto... l'insieme di tutti non può essere altro che il suono di una grande folla 

Qualche aneddoto legato alla registrazione dell’album? 
Abbiamo registrato da un nostro caro amico, Francesco Priolo, presso il VIP studio di Torino, un po' perché avevamo il piacere di iniziare un percorso produttivo con Francesco, essendo noi consapevoli delle sue competenze, un po' perché avremmo potuto partecipare in maniera più attiva alle decisioni del mix finale, pensando che non fosse materia di dubbio... avevamo tutti ben chiaro il sound che si voleva far uscire... ma il basso non era della stessa idea... per qualche arcano mistero della musica, tutte le tracce di basso hanno deciso di essere estremamente protagoniste, fino a che un giorno, Francesco ci disse: "Ragazzi, non sento più il basso!!!", e così capimmo di aver esagerato, ma ciò fornì a tutti quanti noi la consapevolezza che... il basso è stato troppe volte, troppo alto... J

Avendo calcato i palchi di vari paesi in Europa, pensate ci sia un pubblico specifico più o meno affine al vostro genere? 
Quel che stiamo notando è che il post rock è molto attivo un po' ovunque, purtroppo non abbiamo ancora avuto la possibilità di esibirci dal vivo all'estero con questa band, quindi non lo sappiamo. Probabilmente Inghilterra e Germania, avendo molte etichette discografiche dedicate al genere, saranno delle belle mete da raggiungere, ma non pensiamo che ci sia una così grossa differenza di pubblico. 

Vi ispirate, in particolare, a qualche artista specifico? Che tipo di musica ascoltate normalmente? 
Ascoltiamo un po' di tutto, dalla musica elettronica al metal estremo, l'importante è che trasmetta qualcosa, il genere diventa molte volte un contorno. Ascoltando tanta musica diversa e tanti artisti a 360°, non abbiamo trovato qualche musicista in particolare che ci abbia ispirato, abbiamo subito le influenze di tutto quello che abbiamo ascoltato. Abbiamo avuto la possibilità di vedere dal vivo artisti come Arcane Roots, Sigur Ros, Explosion in the sky, Mogwai, 65Daysofstatic, Hans Zimmer per dirne alcuni, che ci hanno coinvolto maggiormente, ma non tanto per la semplice esecuzione dei brani, ma per come hanno presentato anche visivamente il concerto, trasformandolo in un evento in cui la musica non si ascolta semplicemente, ma si può anche vedere.

A settembre avete avuto il vostro debutto live, com’è andata? Com’è stata la risposta del pubblico? 
Stiamo attraversando un periodo difficile in cui la musica live è stata colpita molto duramente. E’ stato un concerto del tutto nuovo, un po' perché con il debutto non si può mai sapere se tutte le prove in sala siano state sufficienti perché tutto fili liscio, un po' perché non abituati ad avere il pubblico seduto ed a distanza. Come a tutti i concerti si impara sempre qualcosa di nuovo, l'organizzazione è stata eccezionale e con i Northway (che ci hanno ospitato al loro release del nuovo album) ci siamo trovati meravigliosamente, e fortunatamente è filato tutto liscio sul palco, sicuramente anche grazie all'aiuto di Emanuele Merico (il nostro "bassista/turnista") senza il quale non avremmo potuto portare i brani nella migliore condizione esecutiva.  

Inevitabilmente, vi chiedo anche cosa ne pensate dell’attuale situazione per il mondo della musica… a vostro avviso si potrà tornare presto ai live? Cosa li rende fondamentali? 
La musica è un ambiente molto ricco di talenti ed è una forma d'arte che si sta rinnovando molto, da come si scrivono i brani, a quanto sia molto più facile di un tempo, produrre musica stando a casa, diventando più accessibile a tutti. Divertirsi, secondo noi, dovrebbe essere la prima cosa in assoluto quando si suona uno strumento e si condivide un progetto musicale con altri, ma a volte ci si distrae facilmente da altre realtà che sono di contorno alla musica, ma che purtroppo sono diventate l'unico mezzo pratico per farsi conoscere. Tornare a suonare dal vivo è sicuramente molto importante se non fondamentale, è l'unico modo che hanno gli artisti/musicisti di poter esprimere e rappresentare al 100% il proprio progetto.   

Vorremmo ringraziare tutta la redazione per il supporto e un ringraziamento particolare va anche ad Alberto Fontanabona, il nostro promoter di Hero Booking, con cui stiamo collaborando da qualche mese. Speriamo di poterci vedere presto di persona e di avere la possibilità di portarvi dal vivo il nostro progetto... e chi lo sa, magari anche un nuovo disco. Ciao a tutti, e… stay tuned!!! 


“A Good Man Goes to War” sono:

Flavio Amelotti (batteria)

Fabrizio Paglia (chitarra)

Di Torino, hanno calcato i palchi di mezza Europa in gruppi come Mainline e Never Ending Apnea e a fianco di band come Alexisonfire, Hatebreed, Unearth, Misery Signals, Caliban, Evergreen Terrace, Soil, Bleed From Within, For The Fallen Dreams, Bury Tomorrow, Four Year Strong, Neaera, Your Demise, The Dillinger Escape Plan, Twelve Tribes, Devil Sold His Soul, Agent Fresco, Heart in Hand, Destrage, Glamour of the kill, The Elaijah, La Quiete.


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