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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
17/07/2020
Hannah Aldridge
Le interviste di Loudd
In occasione dell'uscita di LIVE IN BLACK AND WHITE, il nostro Andrea C. Soncini ha fatto una splenida chiacchierata con Hannah Aldrige, la Regina del Southern Gothic.
di Andrea C. Soncini

Nata a Florence, a pochi chilometri da Muscle Shoals, Alabama – i cui due studi di registrazione hanno portata in città gente come Aretha Franklin, Rolling Stones, Percy Sledge, Paul Simon, Wilson Pickett, Bob Dylan, etc –, a soli 32 anni Hannah Aldridge di cose da raccontare nelle sue canzoni ne ha: problemi con l’abuso di sostanze, riabilitazione, matrimonio, divorzio, un figlio quando era di nuovo single. Un padre, Walter, produttore e songwriter considerato una leggenda nel mondo del Country, che le ha dato, casomai fosse indecisa sul mezzo per dare corpo alle sue storie, i consigli giusti per mettere in cantiere due dischi di studio che hanno messo in subbuglio l’ambiente del Country/Americana/Southern rock; più il recentissimo Live In Black And White di cui è la stessa Hannah a parlare in questa intervista esclusiva per Loudd.

Giochiamo con i colori del titolo del tuo nuovo album, ma non solo… dimmi il nome di un bianco col quale ti piacerebbe lavorare e perché…

È interessante che tu me lo chieda proprio ora che negli USA il colore è l’argomento del momento. Penso che quando parliamo di musica, o arte, ci sono molte cose e culture diverse che contribuiscono. Una idea che andrebbe condivisa perché senza influenze provenienti di ogni parte, l’arte sarebbe monodimensionale. Io sono originaria di Muscle Shoals, una città dell’Alabama che è famosa per avere avuto dei musicisti bianchi registrare per cantanti soul neri, in un tempo quando ancora c’era la segregazione. Sono fiera che questo episodio sia parte della mia eredità musicale. Il gruppo si chiamava Swampers e sono quasi tutti ancora vivi. Credo che sarebbe stato incredibile avere fatto un disco con quei ragazzi, perché avevano un incredibile feeling.

Fammi invece il nome di un nero che ti piace e perché…

Soul, rock e blues sono musiche così influenzate dagli afroamericani che mi è quasi impossibile rispondere. Ma se proprio devo sceglierne uno direi Chuck Berry. Riesci a immaginare quello che potrebbe succedere?!

E qualcuno a cui daresti il cartellino giallo, invece, chi è?: vale chiunque, anche un uomo politico…

Ho dovuto fare delle ricerche per capire cosa è un cartellino giallo, che la dice lunga su quanto ne so di calcio, ha! In questo caso direi Trump, ma penso che il presidente sia ben oltre il cartellino giallo, onestamente. Ma forse possiamo darlo anche a Elon Musk per avere chiamato il figlio X Æ A-Xii.

Quando vedi rosso?

Sono una persona piuttosto composta, ma se vedo qualcuno che fa lo stronzo pesantemente con qualcun altro perdo del tutto le staffe, anche se si tratta di due persone che non conosco.

Sei interessata al problema verde, l’ambiente?

Sì. Sono stata abbastanza fortunata da trascorrere molto tempo in Svezia dove sono molto bravi a trovare soluzioni per il problema ambientale, e ho imparato molto su ciò che posso fare meglio. Penso che sia folle per la gente pretendere che il nostro pianeta non soffra a causa della nostra incapacità e mancanza di volontà di pensare al bene delle future generazioni. Sono molto interessata agli animali e al loro mondo. Ero in Australia nel periodo dei grandi incendi che hanno devastato il continente quest’anno, e vedere tutti quegli animali soffrire è stato orribile. Quando il mondo sarà pronto spero di tornare a fare un altro concerto benefico per i koala.  

Mi piacciono molto i concerti raccolti come quelli che hai dato per registrare il tuo ultimo disco Live In Black and White. È quel tipo di performance dove tra artista e pubblico c’è uno scambio di emozioni. Anche se sono conscio che la maggior parte degli artisti lottano per ottenere sempre maggiore successo e ambiscono ai festival e agli stadi: stai già pensando in tal modo anche tu?

Assolutamente. Ma penso anche che uno dei maggiori favori che puoi fare a te stesso sia impostare uno show che funziona in quasi tutte le occasioni. Io giro da sola, in duo, e con la band al completo. In quelle differenti soluzioni ogni show è diverso e perciò posso esibirmi con più facilità. Se si tratta di un festival solitamente ho una band. In qualche modo mi sento meglio da sola perché ho più controllo, ma suonare con la band mi rende una performer più forte. Credo però che avere l’abilità di suonare autonomamente sia molto importante. Per esempio, se fossi capace di esibirmi grazie a una band solo nei grandi raduni, per colpa della pandemia non potrei trovare show per i prossimi due anni. Ma dato che posso suonare in piccoli, intimi, eventi, ho lavorato per preparare questo tipo di show, come per il disco dal vivo, per l’anno che viene. 

Qual è l’aspetto che ti interessa di più del palco? La tua performance, la reazione del pubblico, altro ancora?

Penso che il pubblico sia estremamente importante, ma di solito sono concentrata su quello che sto cantando così da metterci emozione. Provo a interpretare ogni canzone come fosse appena scritta.  

Gli artisti più ambiziosi provano a innovare i generi musicali entro i quali si muovono, tu forse intendi farlo con le tue parole che parlano di depressione, disperazione, dolore e paura… 

Non mi sono mai considerata un’artista country. Qui in Tennesse quando dici “ Country” la gente pensa a Taylor Swift o musicisti del genere. Io con le cose più recenti che ho scritto mi sono spostata più sul Dark rock o Gothic country. Nel comporre mi piace progredire e concedermi libertà. Credo che la tristezza sia parte della mia musica, ma allo stesso modo mi piace esplorare anche un suono più dark. 

A proposito, perché sei stata etichettata da qualcuno come Southern gothic? Da cosa deriva? Ti piace?

Mi piace perché, come detto in precedenza, mi distacca dal Pop country. Penso che mi descriva meglio. Di certo la letteratura Southern gothic è la mia preferita. Adoro l’idea della dannazione del Sud. Sono cresciuta in un ambiente cristiano-conservatore, ma arricchendo la mia educazione è cresciuto l’interesse verso la parte più misteriosa, oscura, del Sud.  

Penso che per gli europei non sia facile calarsi nelle atmosfere più recondite del Country, un po’ come farsi prendere dal baseball o dal golf che pure in Usa sono popolarissimi… Cosa c’è al cuore del Country?

Penso che perfino moltissimi americani avrebbero di che discutere su quello che è il vero Country. C’è il Pop country che comprende i Top 40. In gran parte a me non interessa. Poi c’è il Country “puro”, quello di Patsy Cline e Hank Williams. E ancora l’Outlaw country di Willie Nelson e Waylon Jennings. Io sento di non suonare nessuno di quei generi. Forse la mia musica è un po’ più spostata verso il Southern rock, che fondamentalmente è rock il cui principale interesse è la vita nel Sud. Una cosa che andrebbe sottolineata è che il Country è musica fatta da persone che vivono e respirano cultura del Sud. Il Sud ha molta più cultura e peculiarità del resto degli Usa. Ogni cosa, dal cibo al tempo, al modo in cui sei cresciuto, al modo in cui parli, e naturalmente la musica, riflette tutte quelle cose.     

Credo che il Country sia la musica dei repubblicani, mi sbaglio?

Se ripercorri all’indietro la storia del Country fino alle origini, vedrai che nasce senza alcuna connessione alla politica. Ma col passare del tempo gli argomenti inseriti nelle canzoni Country Top 40 hanno spesso a che fare con armi, Dio, orgoglio americano, e vita provinciale dei bianchi. Quindi sì, quel tipo di Country generalmente piace ai repubblicani. Ma dall’altra parte hai il movimento “purista” di Americana e Country promosso da gente come Jason Isbell, Ashley McBryde, Colter Wall, Sturgill Simpsons e Margo Price. Ne conosco quattro su cinque e ti posso assicurare che sono democratici convinti e lo rendono noto attraverso la loro musica. La cultura di Nashville, sempre di più, sta diventando progressista. Penso che se ti piace il Country ti piacerà il tipo di Country che inneggia Dio, le armi, la gloria del paese, oppure niente di tutto questo. Non c’è molto altro in mezzo. Ma poi hai il Bluegrass e le sue istanze che non contemplano le scelte del Country, in fatto di tipologia di gente che lo ascolta.  

C’è un argomento col quale non ti senti a tuo agio ma vorresti cantare?

Solitamente cerco di stare lontano dagli argomenti con i quali non ho dimestichezza nello scrivere, perché sento che non avrei nulla di significativo da aggiungere. Cose come la politica o le diseguaglianze sono cose che compaiono solo in parte nella mia musica, ma onestamente non mi piace scrivere di qualcosa salvo che non sia davvero nel mio cuore così da dire qualcosa di nuovo o importante.

Provenendo dal Alabama e registrando un album intitolato Gold Rush, sembra come se avessi una specie di invisibile filo che ti lega a Neil Young…  

Veramente, che tu ci creda o no, non è così! Il motivo per cui ho intitolato l’album Gold Rush è perché avevo questa idea sul crescere e il senso degli anni d’oro della vita che se ne erano venuti ma anche andati. Avevo il sentore che molta gente poteva pensare la stessa cosa. Guardi una vecchia foto e pensi “vorrei sembrare ancora così” oppure “mi manca quella persona”. L’idea della Gold Rush (nda: corsa all’oro) era molto azzeccata per descrivere come talvolta mi fa sentire la percezione di invecchiare.   


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