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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
11/03/2024
Jim Capaldi
Let the Thunder Cry
"Let the Thunder Cry" è un album di pop rock incalzante con alcuni ospiti che nobilitano ulteriormente l’opera. Dopo l’epopea dei Traffic, Jim Capaldi continua a sperimentare e, probabilmente, tocca l’apice della creatività in questo disco da riscoprire.

«Jim Capaldi è un eroe non celebrato, un batterista davvero sottovalutato e uno dei più grandi musicisti e compositori di testi usciti da questo paese».

(Paul Weller)

 

Jim Capaldi ha avuto una lunga carriera solistica dopo essere stato insostituibile spalla di Stevie Winwood nei Traffic, di cui era batterista e vocalist. Curiosamente, nella fase iniziale ha goduto di maggior successo rispetto al più famoso collega, con album del calibro di Whale Meat Again (1974) e Short Cut Draw Blood (1975), degne prosecuzioni del debutto Oh How We Danced.

Alla fine degli anni Settanta, tuttavia, quando i Traffic appartengono ormai al passato, si ritrova senza contratto discografico. Jim, classe 1946 nativo di Evesham, paesino del Worcestershire a un paio di ore d’auto da Londra, trascorre in quell’epoca un lungo periodo in Brasile, invaghito dalla moda del momento, la disco music, e viene scritturato dalla Carrere, per la quale pubblica due album, ristampati dalla Esoteric nel 2012. Se il primo, The Sweet Smell of Success, genera sensazioni contrastanti, penalizzato da un suono ovattato e una ritmica troppo dance per le attitudini del personaggio, Let the Thunder Cry (1981) colpisce invece per un incisivo songwriting e un intrigante sound percussivo, con ballate e pezzi tirati tra rock, pop, r&b e soul, oltre a una buona produzione grazie alla compartecipazione di John Taylor.

 

Un grande batterista non può certo fare a meno di circondarsi di fenomenali virtuosi dello strumento, e così si alternano dietro alle pelli nomi di altissimo lignaggio. Si passa dal drumming energetico e allo stesso tempo elegante del carismatico ed esperto Andy Newmark (membro di Sly and the Family Stone, session man per George Harrison, David Bowie e tanti altri) alle gesta di un altro gigante, il brillante Simon Kirke (batterista di Free e Bad Company). Lo stesso Capaldi, ovviamente, è della partita e in alcuni brani si aggiungono percussionisti implacabili del livello di Reebop, Steve Creese e Ivan Miguel Conti Maranhao.

La chitarra aggressiva di Peter Bonas, il basso di Brent Forbes, gli interventi dell’illustre Mel Collins ai fiati e di Chris Parren (negli anni successivi alle tastiere per “Careless Whispers” di George Michael) al piano Rhodes costituiscono l’ossatura di gran parte delle canzoni in scaletta, che catturano l’ascoltatore a partire dalla title track. Inoltre si distingue la piacevole “Favella Music”, interessante incrocio tra sfumature latine e melodie alla Fleetwood Mac, con un testo dedicato al calcio, ai campioni del Brasile, “Non ha futuro, lo tengono solo a terra, ma quando si tratta di calcio, ruba la corona. Musica delle Favela.”

 

Proseguendo l’analisi della tracklist, merita un’importante menzione “Child in the Storm”, romantica ballad in duetto con Vicki Brown, moglie del mitico Joe e madre della brava vocalist Sam, che conquista al primo ascolto. La voce di Jim Capaldi è sempre ingiustamente passata in secondo piano, ma risulta piacevole sorpresa pure nell’interessante alchimia sonora di “Only Love”, e anche in brani meno riusciti come la stucchevole “Warm” e l’insipida rilettura di “Louie Louie”, hit portata al successo dai Kingsmen e qui resa abbastanza anonima.

Non c’è tempo, tuttavia, per recriminare poiché arrivano i tre pezzi forti del disco, che da soli valgono, come si suol dire, il prezzo del “biglietto”. L’autografa e paradisiaca “Dreams Do Come True”, già dal titolo un programma, e “Old Photographs”, bellissima rilettura di “Casinha Branca”, originariamente registrata nel 1979 da Gilson, sono di una bellezza accecante. In particolare quest’ultima, addolcita dall’ampio respiro di un arrangiamento orchestrale di Clovis C. De Melo e dal tocco al synth dell’amico Steve Winwood, diviene un successo dopo esser stata inclusa nella colonna sonora internazionale della soap opera Brilhante, di Rede Globo, alla fine del 1981. Anche “We Don’t Need” è un pezzo da novanta, con quei fraseggi e quell’andatura simili a una composizione di Stevie Wonder.

“Anxiety” rappresenta infine la ciliegina sulla torta di un lavoro da ricordare ed è la perfetta chiusura, reminiscente della lezione rock dei Rolling Stones e con alcuni ganci tipici dei Traffic.

 

«Quando a Jim veniva in mente un’idea era irrefrenabile, aveva un enorme slancio di entusiasmo e la sua dedizione e devozione diventavano contagiose. Così era nei Traffic e nelle nostre proficue collaborazioni per i rispettivi progetti solisti». (Steve Winwood)

Chi se non il compagno di mille avventure Winwood potrebbe descrivere meglio le virtù e le attitudini di Jim Capaldi?

Come ben detto da Paul Weller, per giunta, Capaldi è un eroe non celebrato, troppo spesso dimenticato. Un artista immenso, intenso: in totale ha pubblicato tredici album, contribuendo anche alla produzione solista di Steve Winwood; ha co-scritto "Love Will Keep Us Alive", la hit di Hell Freezes Over, il disco di ritorno degli Eagles a metà degli anni Novanta. Inoltre nel 1994, proprio lui e Winwood, storici membri dei Traffic, hanno riattivato il gruppo dando alle stampe il notevole Far From Home e si sono lanciati pure in un tour con i Grateful Dead, suonando come se non fossero mai stati lontano. Nel 2004 lo storico gruppo viene finalmente “indotto” nella Rock'n'Roll Hall Of Fame, poco prima della morte di Jim, avvenuta il gennaio successivo, a causa di un maledetto cancro allo stomaco.

Uomo sensibile e generoso, Jim Capaldi merita di essere ricordato anche per le numerose attività di beneficenza svolte con la moglie in Brasile. Ambientalista convinto, ha sempre dato un aiuto vigoroso ai bambini di strada di quel Paese, creando diverse associazioni per loro. Un modo per ricambiare l’accoglienza ricevuta e dimostrare come la musica sia in grado di costruire ponti per non far sentire più sole e lasciate a se stesse le persone.