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REVIEWSLE RECENSIONI
09/05/2025
Cold Specks
Light For The Midnight
Cold Specks è tornata e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Light For The Midnight è un disco intimo ma dal carattere universale, frutto della sua resilienza alla malattia, che risplende di vita come pochi altri.

Un aspetto che non passa inosservato della voce straordinaria di Ladan Hussein è la cascata di armonici che si libra dalle sue canzoni, particelle colorate dello stesso pantone del timbro di Billie Holiday. Una dolcezza graffiante e tormentata che lascia l’ascoltatore in bilico tra il compiacimento e quel corroborante senso di rammarico che (isolato chimicamente) da sempre costituisce l’elemento primario del blues, uno stile pensato per dare forma alla sofferenza.

La stessa malinconia evocativa che ci ha pervaso lungo i sette anni di attesa del nuovo lavoro di Cold Specks (il nome che Ladan ha scelto per il suo progetto artistico), un tempo insostenibilmente lungo. Ed ecco com’è andata: I Predict a Graceful Expulsion, sorprendente album d'esordio del 2012, Neuroplasticity uscito due anni dopo, fino a Fool's Paradise, pubblicato nel 2017, e poi il buio, nel vero senso della parola.

Dopo mesi di silenzio, in un’intervista del dicembre 2018 rilasciata al Toronto Star, la cantautrice canadese di radici somale scopriva le sue carte. Ammettere di soffrire di disturbi quali schizofrenia, anoressia, depressione debilitante culminata in tentativi di suicidio però non ha suonato affatto come una resa, tantomeno come una presa d’atto. Tutt’altro. Semmai una dichiarazione di guerra e di rivalsa a quella parte di sé da surclassare, da ridurre ai margini. Che, per Cold Specks, ha coinciso con l’annuncio ufficiale del primo passo della risalita, un percorso a ritroso lungo le impronte (voragini) lasciate dall’affanno nella salute della sua mente. Un nuovo obiettivo, quello del riscatto, per tornare a rivedere la luce.

 

Questo almeno sulla carta, e non dev’essere stato facile, a giudicare dal silenzio che ne è seguito. Da allora abbiamo assistito a sporadiche quanto deflagranti irruzioni sui profili social con foto, story, reel e considerazioni, a volte anche decisamente allarmanti. Annunci di nuove uscite senza seguito, pensieri tormentati, cupe esternazioni di angoscia mascherata da poesia, persino richieste di aiuto concreto. L’impressione è che le prime anticipazioni di un imminente ritorno sulla scena si siano perse, all’interno di questo dialogo intermittente, e poco o nulla lasciava presagire che andasse tutto bene. Ma la musica, lo sappiamo, fa miracoli. Tanto che un'insperata intensificazione delle comunicazioni, ad un certo punto, è culminata nella pubblicazione di un primo singolo, "Wandering in the Wild". L’anticipazione del nuovo lavoro, finalmente fuori. Ladan Hussein ce l’ha fatta.

E che il nuovo corso di una Cold Specks libera dai suoi spettri coincidesse con una presa di distanza dal genere con il quale si è affermata nella prima parte della sua carriera, dovevamo comunque metterlo in conto. L’indole dark-soul, addirittura doom, com’è stata definita, con cui trovarsi a convivere, può costituire l’ispirazione con cui leggere la realtà ma anche la conseguenza di come pensiamo che la realtà percepisca noi, per un vortice tentacolare (o un gatto che si morde la coda) da cui non sempre se ne esce vivi. Light For The Midnight, lo dice tra le righe il titolo stesso, è piuttosto un disco di matrice principalmente acustica, da intendere come un barlume di luce raggiunto alla fine di un tunnel. Fuori a ritrovare le stelle, un po’ malconci e con diverse ferite da rimarginare, malinconici e sconsolati, ma tutto sommato sopravvissuti. Tutti interi. È questo che conta, no?

 

Possiamo finalmente riascoltare Cold Specks mentre canta dal suo cammino intimo, a tratti ancora impervio, diretto verso una lenta ma salvifica trasformazione. Un album vivamente emotivo composto da tracce dense di soul, in un’accezione forse meno lacerante di prima, ma non meno avvolgente. Composizioni che sfidano il disagio della confusione mentale confondendolo tra le tracce per umanizzare il lato più scomodo della nostra essenza, quello più vulnerabile, esposto alle insidie proprie della nostra volatilità e verso le quali ci troviamo impotenti.

Nonostante questo senso di instabilità, Light For The Midnight è tutt’altro che un disco fragile. Il nuovo corso di Cold Specks è merito anche dell’intuito di Adrian Utley dei Portishead e Ali Chant, produttore di Perfume Genius, Dry Cleaning e Aldous Harding, che ne hanno aumentato il respiro e, di conseguenza, la portata. Le atmosfere claustrofobiche dei primi album lasciano spazio alle raffinate orchestrazioni di Owen Pallett (già arrangiatore delle parti di archi nei brani di artisti del calibro di Taylor Swift, Lana Del Rey e Sampha), il tutto arricchito da qualche incursione elettronica di Graham Walsh degli Holy Fuck.

Il risultato è un’opera sontuosa, composta da tracce che suonano sorprendentemente potenti, in grado di soddisfare ogni ascoltatore in cerca di una seconda possibilità e che ci lasciano come quei film in cui, nella scena finale, i perdenti vincono contro tutte le aspettative e coraggiosamente le lotte apparentemente impari. Light For The Midnight ci accende di una luce interiore che ci esorta a risplendere nelle nostre notti più buie. E, se osservate da vicino, potrete scorgere Cold Specks che, con un impagabile concentrato di speranza, ci canta tutta la sua vita che verrà.