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REVIEWSLE RECENSIONI
30/04/2025
John Glacier
Like A Ribbon
La poesia di John Glacier scorre come un nastro nel primo vero album d’esordio Like a Ribbon. Frenesia urbana e tranquillità della natura, allegorie ed elementi autobiografici si fondono in un flusso narcotico che consolida l’ascesa nella scena rap britannica dell’artista londinese.

Nata e cresciuta ad Hackney, quartiere dell’East London, da genitori di origine giamaicane, la poetessa e produttrice inglese John Glacier si fa notare per la prima volta nel 2018, pubblicando su SoundCloud una serie di tracce casalinghe che attirano l’attenzione della scena underground britannica. A notarla è soprattutto Vegyn, producer inglese del momento (importanti le collaborazioni con Frank Ocean, Travis Scott, JPEGMafia) al punto da farne la sua musa. Una collaborazione che porterà alla nascita del suo album d’esordio, pubblicato nel 2021, dal titolo SHILOW: Lost For Words, una sorta di mixtape contraddistinto da un lirismo crudo immerso in un sound carico di tensione.  

È solo l’inizio, nel 2023 Glacier collabora con il collettivo newyorkese SURF GANG, pubblicando il suo secondo lavoro in studio JSG. Nel 2024, anno prolifico per la poetessa di Hackney, si esibisce all’ICA di Londra ed è una delle rivelazioni del C2C Festival di Torino, ma torna anche a rappare sulle produzioni di Vegyn nell’EP A Dream Goes On Forever, a cui si aggiunge una serie di ulteriori EP (Like A Ribbon, Duppy Gun e Angel Trumpet) in parte confluiti nel suo ultimo lavoro, Like a Ribbon, anch’esso frutto di una serie di collaborazioni (Kwes Darko, Flume, Evilgiane, Sampha).

 

La breve durata di Like A Ribbon, appena trenta minuti, nasconde in realtà un progetto più complesso: le undici tracce che compongono l’album possono essere suddivise in tre sezioni (tre come gli EP che anticipano l’album), ognuna delle quali rappresenta la natura fluida e in evoluzione di un nastro che scorre. John racconta, attraverso il flusso narcotico e allegorico della sua lirica, le sue origini, il successo e la conseguente crescita esistenziale dovuta alle lotte che ha dovuto affrontare. Elementi autobiografici sono inseriti in un contesto di tensione tra due dimensioni: la frenesia del caos urbano e la tranquillità della natura.              

La narrazione si apre con “Satellites”, traccia infusa di trip-hop con una voce in stile grunge, nel quale Glacier si descrive come un satellite nell’oscurità, immagine che si riallaccia al suo primo EP d’esordio: un corpo estraneo che fluttua nell’universo. Si prosegue con “Don’t Cover Me”, nel quale parla di sé come una ragazza di Hackney, un quartiere oggi luogo di grande fermento per la scena musicale e artistica, ma che fino a poco fa era considerato uno dei più pericolosi di Londra; un luogo che si rivela essere un’esperienza fondamentale per la sua crescita artistica.

In “Money Shows”, traccia dall’aura post-punk che suona molto come King Krule, la rapper affronta il rapporto con il suo lavoro e il denaro, evocando immagini naturali come quella dell'estate che si scioglie in autunno. In “Emotions”, su un beat elettronico Glacier apre con toni più pacati, raccontando della fama raggiunta e del mistero che ancora avvolge il suo nome, diventato qualcosa da proteggere per preservare la propria essenza: “Now they hear me on the stereo / Wanna know my name / You best believe it, I'm the hottest in the game”; “This is my space, why they wanna friend me? / In the garden, full of snakes and envy”.

                                                                                                                                 

Le visioni naturalistiche ricorrono durante tutto il “nastro”, tanto che in “Found” ne parla anche in un’accezione di rinnovamento, come nel verso “new green grass where the grass never knew”. In “Steady As I Am”, invece, John ripete costantemente un monito che esprime la sua visione: “Steady as I am, never change / Couldn't faze me, I'm sticking to the plan, not the game”.

Nella struggente “Ocean Steppin”, forse la canzone più importante dell’album, in collaborazione con Sampha, sulle note di un piano lo-fi c’è una riflessione sul ritrovato senso di sicurezza e di fiducia in sé stessi di fronte al giudizio altrui; attraverso la metafora dell’oceano che si infrange sulla costa, John trova il coraggio di esprimersi liberamente senza temere critiche.

Questa libertà di espressione raggiunge l’apice in “Dancing in the rain”, brano in collaborazione con Evilgiane: “Like I'm ushering the rain / Dancin' down the streets / They think I'm insane”.

È impossibile non sentirsi emotivamente connessi a Like A Ribbon in ogni fase del percorso, dall'inizio grintoso della prima parte del nastro, al dolore nella seconda, per arrivare alla gioiosa celebrazione della crescita e del coraggio nel finale.

 

Like A Ribbon rappresenta qualcosa di nuovo nel panorama rap britannico, grazie ad una produzione sperimentale ed elettronica che accompagna il flow della voce di John Glacier, calma fredda e aritmica, e alla sua scrittura, capace di narrare il costante divenire dell’esistenza.

Like A Ribbon è decisamente il progetto più dettagliato di John Glacier fino ad oggi e se, come lei stessa dice nei suoi testi, “mi attengo al piano, non al gioco”, questo, per la poetessa di Hackney, è solo l’inizio; non ci resta che scoprire cosa ci riserverà in futuro.