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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
03/09/2018
Ellen River
L'intervista di Loudd
Con Lost Souls (ancora fresco di pubblicazione), Ellen River si dimostra una delle artiste più promettenti del panorama italiano. Nicola Chinelatto l'ha intervistata per voi.

Partiamo dalla fine, Ellen. A dare un’occhiata alla rassegna stampa degli ultimi mesi, si è parlato moltissimo di Lost Souls e sempre in termini estremamente lusinghieri. Ti saresti mai aspettata tanta attenzione mediatica e così numerosi attestati di stima? 

Sinceramente no, devo dire che è stata una sorpresa inaspettata e un’emozione grandissima.

Hai preso una direzione artistica decisamente controcorrente. In un panorama musicale votato, nel migliore dei casi, all’indie e al cantautorato, tu hai scelto la strada del rock, connotato peraltro da un suono decisamente americano. Da dove nasce questa decisione? Hai mai temuto che scegliere un genere apparentemente non adatto al nostro mercato potesse rivelarsi un fallimento?

Sono davvero contenta e orgogliosa dell’album, di tutto il lavoro, dell’impegno e dei sacrifici fatti. Non mi aspettavo recensioni così favorevoli visto il genere musicale non così attuale in Italia, ma una convinzione l’ho sempre avuta: quando intraprendi un progetto e ci metti il cuore, le persone lo percepiscono. Non parlo in termini di vendite, ma sotto il punto di vista umano ed emotivo: entrare nelle case delle persone, nel loro stereo, nel loro iPod, nel loro quotidiano e accompagnarle nelle vicissitudini della loro vita è qualcosa di emozionante e importante. Quando ti apri e canti frammenti di vita o racconti scaturiti dall’immaginazione non credo si debba mai pianificare a tavolino la riuscita o meno della propria creazione, credo che un brano debba essere lasciato libero di fluire con naturalezza conferendogli quel respiro che lo rende selvatico e genuino. Il fallimento è sempre dietro l’angolo, ma se nella vita non si osa mai e se non si ascolta mai quello che abbiamo dentro è proprio il fallimento ciò che siamo destinati a incontrare.

Che cos’è l’America per Ellen e quali sono stati negli anni i tuoi riferimenti musicali a stelle e strisce?

L’America è un paese immenso, con luoghi di una vastità sconfinata, crocevia di culture differenti e variegate, dove il culto della musica è radicato nel quotidiano e nel sangue delle persone che la abitano. Musicalmente è un paese che ho sempre ammirato per la varietà e la quantità di proposte, svariate nicchie dove in molti possono trovare il proprio spazio e dimensione. In quanto donna, le cantautrici sono state sicuramente un punto di riferimento sia musicale che personale per quanto riguarda l’emancipazione e la libertà d’espressione.

Veniamo al disco. Io l’ho trovato splendido, tanto da consumarlo. Mi è piaciuto moltissimo il suono, ruvido, diretto, senza fronzoli.  Avevi già in testa questo tipo di approccio o è maturato durante le sessioni di registrazione?

Grazie di cuore! Come dicevo prima, entrare nella vita delle persone e accompagnarle durante la giornata è una sensazione bellissima, difficile da spiegare. Essendo il mio approccio molto libero, la mia intenzione era proprio colorarlo con semplicità e schiettezza. L’album ha preso esattamente la forma che avevo in mente, le canzoni sono state “vestite” con arrangiamenti che le hanno valorizzate e mai snaturate. Durante le sessioni di registrazione, le mie idee e le mie intenzioni sono state tradotte e lavorate in maniera molto spontanea. Lavorare con dei professionisti ti consente di creare sapendo che quanto da te immaginato sarà a breve reale e vivo. I musicisti fantastici che hanno suonato nel disco non sono stati una casualità.

Com’è stato lavorare con tre mostri sacri del rock italiano, quali Antonio Rigo Righetti, Robby Pellati e Mel Previte?

Una grande avventura e la prova che l’esperienza, il groove e il sound giusto, se concentrati in tre persone quali Rigo, Mel e Robby, sono una pozione incredibile! C’è stata una magia percepibile che aleggiava durante le registrazioni, una sintonia a livello di intento e di sound, una forza che ha trainato le canzoni a susseguirsi una dopo l’altra come se fossero sempre state lì, pronte per essere suonate.

Il disco inizia con Walking By The River, una canzone incentrata interamente su una tua intensa performance vocale. È il fiume a essere protagonista, così come il fiume contraddistingue il tuo nome d’arte. Allora la domanda viene spontanea: che significato ha il fiume per te? È un dato meramente geografico, un omaggio all’iconografia tradizionale americana che vede nascere sul fiume gran parte della propria letteratura e della propria musica, oppure ha un personale valore simbolico?

Il fiume ha una grande perseveranza, come cantava Elvis: “Like a river flows surely to the sea”. L’acqua trova sempre la strada e trova sempre il modo di superare gli ostacoli che incontra lungo il percorso; è un elemento fondamentale, è vita, comunica leggerezza e potenza allo stesso tempo. Geograficamente parlando sono nata tra due fiumi, lo si può leggere anche come legame indissolubile alla mia terra, l’Emilia.

I tuoi testi parlano di vita vissuta, di stati d’animo, del quotidiano, di storie semplici di persone semplici. Il titolo Lost Souls, anime perse, possiede però, anche, un’intrinseca suggestione, uno sguardo sul sociale rivolto alla nostra umanità derelitta, agli ultimi, a chi fa fatica a sbarcare il lunario, o, magari, a chi affronta interminabili viaggi nella speranza di una vita migliore. Sono queste le anime perse del tuo disco? C’è nelle tue liriche anche una visione politica, una scelta di barricata, il desiderio di schierarsi dalla parte di chi non ha davanti a sé una strada dritta e un navigatore, ma rischia di perdersi nelle pieghe della vita?

Nell’album non si parla di schieramenti ma di schiettezza. Ho sempre avuto una predilezione per le persone franche, sincere, dirette, genuine. Persone che nella loro umanità sbagliano, cadono, ma si rialzano e continuano a camminare nonostante le turbolenze. Persone che anziché lamentarsi si rimboccano le maniche e cercano di contrastare le avversità quotidiane con grande forza e determinazione. Sono anime che si perdono, si ritrovano, si perdono nuovamente, ma che alla fine hanno una forza incredibile. La vita è un rollercoaster meraviglioso, e anche disarmante, dove a volte lei sa esserti amica ed altre, invece, certamente poco riconoscente. Anime perse con un cuore immenso e pulsante.

In Lost Souls i testi sono in lingua inglese, una scelta ovvia visto il genere musicale. Hai mai pensato però di scrivere le liriche in italiano? Potrebbe succedere in futuro?

Ho scritto in italiano in passato, e ogni tanto mi capita ancora di farlo. Amo la mia lingua e la trovo incredibilmente potente, efficace, bella, complessa. In italiano mi piace scrivere, ma non le canzoni nello specifico. Ho sempre ascoltato tantissima musica, soprattutto straniera, per cui l’inglese l’ho sempre associato in maniera molto naturale alla composizione dei brani. Al di là della musicalità favorevole, come giustamente hai detto tu per il genere l’inglese è particolarmente calzante.

Nel tuo processo creativo, viene prima il testo o la musica? Preferisci, cioè, creare una storia e poi musicarla, o per converso adatti le parole alle suggestioni che una canzone già scritta ti ispira?

Dipende dai momenti, nel mio caso la creatività non ha standard precisi o percorsi obbligati da seguire. Una canzone può nascere partendo dal ritornello, dalla strofa, dalla musica o dalle parole. Diciamo che le storie e le note si muovono in testa come presenze che aleggiano e quando sentono il momento giusto si fanno avvicinare…

Non ti ho mai vista suonare dal vivo e spero di poterlo fare quanto prima. Chi ti ha ascoltata, però, mi ha raccontato di concerti molto intensi e coinvolgenti. Quanto è importante per te la dimensione live?

Trovo la dimensione live essenziale per creare sinergia con il pubblico e per dare il modo alle canzoni di raggiungere le persone in maniera immediata. I concerti sono appuntamenti magici dove le emozioni regolamentano ed orchestrano il tutto. Un’esplosione emotiva che veicola quanto abbiamo dentro sino al mondo esterno.

Chi era Ellen River prima di essere Ellen River? E chi sarebbe Ellen River se non fosse Ellen River?

Ellen River è sempre stata dentro di me, la mia parte complementare. Arriva un momento in cui si è pronti per darle un nome anche se ci si conosce da una vita.

Mi dici cosa pensi dell’attuale panorama musicale italiano?  Ci sono nuovi artisti che ritieni validi e che stimi? E per finire: c’è qualche band o qualche cantante che ha rappresentato per te una fonte di ispirazione?

Ti confesso che non sono molto aggiornata sul panorama musicale italiano. Uno dei pochi artisti che seguo è Motta, polistrumentista molto interessante e schietto, di lui apprezzo i testi ed il suo approccio alla musica.

Descrivi Ellen River donna con tre aggettivi e tre dischi che ritieni imprescindibili.

Gli aggettivi dovresti chiederli agli altri, sarebbe curioso scoprire il loro punto di vista. Comunque, direi sicuramente: caparbia, ironica e umile.

Non sono mai riuscita a decretare i miei album preferiti di sempre, sono troppi gli artisti che con la loro musica si sono scavati una nicchia eterna nel mio cuore. In ogni caso ne cito giusto tre: “Live Thru This” delle Hole, “Nashville” di Salomon Burke e… ogni singolo album pubblicato da Lucinda Williams!

Prima di salutarti, un’ultima, ovvia, domanda. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Stai già pensando a un nuovo disco?

Assolutamente sì, sto pensando ad un nuovo disco e scrivendo parecchio, ma al momento sono focalizzata sulla promozione di Lost Souls, visto che è uscito da pochissimo ed è un progetto che mi sta molto a cuore.