Nutro sempre molti dubbi sulle pubblicazioni postume, spesso motivate da mere ragioni commerciali ma artisticamente irrilevanti. E’ difficile, infatti, trovare operazioni che aggiungono nuovi tasselli a una storia già nota, e spesso è già un gran risultato godersi, come in questo caso, un live che fotografa i Soundgarden in un momento di ottima forma, anche se, inconsapevolmente, alla fine del proprio cammino.
Live From The Artist Den, infatti, non aggiunge né toglie alcunché a una band che ha fatto la storia del movimento grunge, rimasticando l’hard rock anni ’70, irrorandolo di psichedelia e armandolo di una solida armatura rumoristica.
Questo live act risale al febbraio del 2013, quando i Soundgarden, dopo un lunghissimo iato, tornano insieme con la formazione degli anni ‘90 (Chris Cornell, Kim Tayil, Ben Sheperd e Matt Cameron) e danno alle stampe King Animal (2012), album della rinascita, buono abbastanza da eccitare speranze per un futuro che, però, non arriverà mai.
Non ci sono sorprese, come si diceva, ma se si vuole trovare valore in questa uscita, lo stesso risiede soprattutto nel fatto che Live From The Artist Den è il secondo disco dal vivo ufficiale della storia dei Soundgarden, visto che il precedente Live On I-5, uscito nel 1996, al netto di svariati bootleg, rimaneva ad oggi l’unica testimonianza della furia live del combo di Seattle.
A prescindere da ogni altra considerazione, però, questa performance è davvero buona, con un band in palla, l’ugola di Chris Cornell ancora intatta, nonostante il tempo l’avesse un filo arrochita, i riff alienanti (e alienati) di Tayil e un fiume in piena di ventinove canzoni che tutto travolge grazie a un impatto sonoro tonitruante.
La parte del leone, visto che il concerto faceva parte del tour promozionale dell’album, la fa ovviamente King Animal, riproposto quasi per intero (dieci canzoni sulle tredici che compongono l’album), ma ovviamente non posso mancare i grandi classici come Wave, Spoonman, Jesus Christ Pose, Feel On Blackdays, Incessant Mace, Outshined (prova decisiva dello stato di forma di Cornell), una potentissima Rusty Cage e la leggendaria Black Hole Sun, dalle spire cupamente psichedeliche.
Chiudono il live act l’hardcore feroce di Ty Cobb, i miasmi sabbathiani di una lunga e bellissima Slaves & Bulldozers e i quattro minuti noise di Feedbacchanal, sui quali la band dà l’addio al proprio pubblico per consegnarsi all’eternità. Non un live indispensabile, ma sicuramente imperdibile per chi ha amato il grunge e porta i Soundgarden nel cuore.