Bar Italia è una band con base a Londra.
Some Like It Hot è un film del 1959 con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon che racconta le avventure di un gruppo di musicisti fuori dagli schemi. Divertente, sensuale, sfrenato ed eterno, è la dimostrazione di un cast “triple-threat” al massimo delle proprie capacità. Some Like It Hot è anche il nuovo album dei bar italia, trio londinese, e certi parallelismi forse non sono casuali. L’album pulsa di romanticismo, intrigo, scoperta di sé ed estasi, passando da rock bramosi a folk-pop ipnotici, da ballate ebbrianti a momenti indefinibili che sorprendono come un raggio di sole delle cinque del pomeriggio. È la sintesi del mondo interiore condiviso da Nina Cristante, Jezmi Tarik Fehmi e Sam Fenton – tre cantautori che hanno superato le loro radici underground per abbracciare un orizzonte audace e cinematografico.
Prendiamo le moltitudini racchiuse in “Cowbella”. Il testo è allo stesso tempo ritratto e demolizione di una misteriosa protagonista femminile, dove il gossip da “bacio e racconto” degenera in ossessione: “Did she run or did she stay / what’s it gonna take for you to say? How was her mother? Did she have a father? Did she keep a lover between the lines?” Su un rock nervoso e mutevole che esplode in una coda eterea di voci spettrali, il brano è un inno a più livelli che solo i bar italia potevano evocare.
In “Marble Arch”, un ritmo scanzonato da passeggiata di mezzogiorno a Itchycoo Park viene incrinato dal tono disteso della Cristante: “I dreamt you hung yourself / And my little sister too / in desperation”. Fenton riflette sulla “rain in london town / it reflects all the feelings of people around”. È come se ci dicesse che ognuno di noi cammina per la città intrappolato nei propri pensieri. Ma la vera forza dei bar italia emerge quando le loro voci si intrecciano in cori di devastante intensità, come nelle strofe condivise da Jezmi e Nina: “What you doing in my head again / You don’t belong here, you never did”.
La sinergia di questo “rotazione a tre” è iscritta nel DNA del trio. Cristante porta una sensibilità attoriale alle sue interpretazioni vocali, che spaziano dal vellutato (la già citata "Marble Arch") al posseduto e furioso ("rooster"). Fehmi alterna un baritono aereo e cupo ("Lioness") a un’isteria da megafono inghiottito ("omni shambles"). Fenton, tenore impalpabile, sa oscillare tra misticismo melodico e soul potente nell’arco di otto battute ("Plastered").
L’evoluzione del loro suono – dai primi esperimenti casalinghi come schizzi a mano libera (nel 2023 la band ha persino allestito una mostra dei propri disegni) fino alle pennellate ampie e decise di Some Like It Hot – è stata scolpita da un instancabile ritmo di scrittura e tournée. Quando i bar italia emersero nel 2023 da un seguito underground con due album acclamati a pochi mesi di distanza – il misurato Tracey Denim e l’imponente The Twits, entrambi su Matador – erano una band timida, che evitava lo sguardo del pubblico, iniziava i concerti al buio e svaniva subito dietro le quinte. Nei due anni successivi hanno attraversato il mondo, con concerti da headliner da Istanbul a Tokyo, residency sold out a New York e Los Angeles, e festival come Corona Capital, Glastonbury e Coachella. Con oltre 160 show tra 2023 e 2024, hanno dissolto ogni alone di mistero diventando un’esplosiva e muscolare formazione a cinque, capace di bis multipli – a proprio agio tanto nell’incitare i mosh-pit da festival quanto nei momenti di intimità sospesa.
Some Like It Hot racconta proprio questo percorso: una raccolta di canzoni rock che abbracciano con voracità il main stage. I ritornelli fulminanti di “omni shambles” e “Eyepatch” mostrano una band che ha imparato a intrecciare le proprie eccentricità in pop songs tese e compatte. “Fundraiser” è cinetica, un mosaico di riff nervosi che minacciano di straripare mentre Fenton sferza: “must be an actor the way you play”. Il desiderio di concretezza pervade: “just show me the face that you’ve been trying to hide”, intona Fenton nella danza balcanica di “bad reputation”. Altri brani si abbandonano completamente: “I was lost to the world from the moment we kissed”, canta Fenton in “rooster”, mentre nella maestosità new wave a 12 corde di “Lioness” Fehmi dichiara: “You have no idea what I can do for you when I’m in this mood”.
I bar italia hanno sposato tematiche serie e intime con un gusto per lo spettacolo. Sono canzoni che piegano le proprie eccentricità in ritornelli enormi, trovando elevazione nella tensione, giocando con identità, emozione e performance fino a confondere i confini. Quel classico di Hollywood del 1959 da cui l’album prende il nome si chiude con la battuta immortale: “Well, nobody’s perfect.” Questo, però, ci va molto vicino.


