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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
17/11/2025
Ronnie Lane
Live in Austin
L’elegante semplicità di scrittura di Ronnie Lane, fulgido esempio del rock britannico tra i Sessanta e i Settanta, risplende in Live in Austin, un disco che merita una riscoperta.

«Ronnie era straordinario dal punto di vista creativo e collaborativo; poteva lavorare con chiunque. Era così adorabile, ma anche un musicista così sottovalutato in quei primi tempi».                        

(Pete Townshend. Estratto dalle liner notes di Rough Mix (1977), edizione rimasterizzata del 2006).

 

Small Faces, The Faces, Slim Chance e poi un album a quattro mani con Pete Townshend, il bellissimo Rough Mix, sono i capitoli fondamentali del primo scorcio di carriera di Ronnie Lane, autore, cantante e bassista il cui nome sta accanto a quelli dei più importanti artefici del brit rock che cambiò le regole del rock and roll.

La seconda parte dell'avventura terrestre di Lane, conclusasi nel 1997 a soli cinquantuno anni, è giocata contro la terribile sclerosi multipla, malattia che ne condiziona terribilmente l'esistenza e, conseguentemente, le fortune musicali. Arrivato negli Stati Uniti nel 1984, a Houston, Ronnie trasloca l'anno successivo a Austin, ove vive una seconda e tormentata stagione artistica e rimane sino a due anni dalla morte, quando con la moglie Susan si trasferisce in Colorado.

Dal 1985 al 1992, data della sua ultima occasionale apparizione live, l'ex Faces dà vita a numerosi progetti, la cui longevità rimane strettamente legata alla precarietà delle sue condizioni di salute. Tuttavia, animato da una fortissima voglia di non mollare mai e di vivere a tempo di musica, Ronnie riesce a tramutare il rispetto che la comunità artistica locale spontaneamente gli tributava in entusiasmo e prodigalità collaborativa.

Tanti protagonisti della scena di Austin si sono incontrati per la prima volta proprio nelle diverse band di Lane, il cui merito oggi può esser letto anche nell’esser stato un incredibile catalizzatore di talenti, oltre ad averne influenzato le visioni musicali.

 

«Mi sono spesso indirizzato sui motivi più celebri di Lane, ma in realtà c’è ne è uno molto meno conosciuto, si chiama “April Fool”, che, devo ammettere, rimane fra i momenti più cari di cui faccio ancora tesoro».

(Glyn Johns, storico produttore di Rolling Stones, Who e Led Zeppelin. Estratto da ronnielane.com, articolo dedicato a “Pete Townshend and Ronnie Lane, Rough Mix Album”)

 

Tratto principalmente da diverse trasmissioni radiofoniche dal vivo su KUT e KLBJ, Live in Austin presenta in tracklist proprio la languida “April Fool”, ed è un miscuglio di grandi successi (anche altrui, come la rilettura di “You Never Can Tell” di Chuck Berry), materiale inedito e vecchie ballate folk acustiche, suonate da una serie di storici personaggi della scena locale quali il songwriter Alejandro Escovedo, il sassofonista per eccellenza Bobby Keys, John Dee Graham, Freddie Krc, Rich Brotherton e la violinista Susan Voelz. Volteggiano pagine dalle varie fasi dei Faces, dalla collaborazione con Townshend e dagli album solisti, che dimostrano l’elegante semplicità di scrittura di Lane, molte volte (si ascoltino in particolare “Ooh La La”, “Barcelona”, “Annie”, “You’re So Rude” e “Nowhere to Run”) fulgido esempio della migliore stagione del rock britannico tra gli anni Sessanta e i Settanta.

In questa fase della sua esistenza, Ronnie non ha purtroppo più il controllo muscolare necessario per suonare la chitarra e si affida ai suoi amici musicisti per accompagnare la sua voce, in alcuni casi tremolante, tuttavia sempre ispirata ed emozionante (in “Just for a Moment” tocca uno dei momenti più commoventi). Per tale motivo, Live in Austin è tanto amaro quanto gradito ai fan. Inoltre, l'inserimento di piccoli frammenti di conversazioni dimostra quanto l’artista londinese fosse simpatico, spiritoso ed eccentrico. Particolarmente calorose e divertenti sono le chiacchierate telefoniche con Ian “Mac” McLagan, ove i due ricordano i loro vecchi giorni alcolici con i Faces.

 

Lane non ha mai perso tempo in autocommiserazione, e in una delle sue canzoni più belle, “The Poacher”, tratta dal meraviglioso Anymore for Anymore, suo straordinario debutto solistico del 1974 con gli Slim Chance, risulta addirittura profetico: “Beh, non mi servono le ricchezze. E non mi serve il potere. E non mi serve un cuore spezzato. Lascerò che questo mondo vada avanti”.

Un uomo e artista tutto di un pezzo, che alla notorietà ha sempre preferito la qualità e il valore dei progetti, amante della vita pure nei momenti oscuri, attaccato alla musica fino alla fine, sua ragione di esistere più di ogni altra cosa.