In un mondo come quello attuale, in cui l’ascolto di musica è relegato prevalentemente all’indigesto fast food di Spotify, l’uscita di un disco live presenta fin da subito le stigmate dell’anacronismo. Eppure, per quella nicchia di boomer che i dischi, siano vinili o cd, ancora li acquista, poter ascoltare i propri eroi che si cimentano sul palco suonando il meglio della loro discografia, riserva ancora un grande fascino. Il fascino dell’epifania, della celebrazione, della festa condivisa portata direttamente nel salotto di casa.
Un’emozione che non ha prezzo, anche quando la band in questione è quella dei Simple Minds, iconica istituzione di un certo sound anni ’80 (ma ancora all’attivo con ottimi album in studio) che, nello specifico, pubblica il suo tredicesimo disco dal vivo, il terzo della serie In The City Of…, dopo In The City Of Light (1987) e In The City Of Angels (2019).
La domanda sorge allora spontanea: ha senso spendere soldi per questa nuova pubblicazione, di cui, qualcuno direbbe, francamente non se ne sentiva la necessità? La risposta è ovviamente si, nel caso in cui siate completisti o, come il sottoscritto, fan della prima ora. In The City Of Diamonds (Amsterdam) è, tuttavia, anche un ottimo vademecum per chi si approcciasse per la prima volta alla band di Jim Keer (il viaggio attraverso la loro lunga carriera è totale) o per chi, ascoltatore un po’ più distratto, avesse voglia di fare un salto indietro nel tempo a quei gloriosi anni ’80, in cui il gruppo scozzese rilasciò i suoi dischi più belli oltre che famosi.
Registrato prevalentemente allo Ziggo Dome di Amsterdam (gli ultimi sei brani sono stati estrapolati da altre performance), dove i Simple Minds hanno suonato davanti a un pubblico di 17.000 persone, il disco comprende ben diciotto canzoni, per una durata di circa 101 minuti.
L’elemento che rende interessante questa ennesima prova dal vivo, è che Jim Kerr (voce) e Charlie Burchill (chitarra solista), unici superstiti della formazione originale (sono accompagnati da un’affiatata backing band composta da Gordy Goudie alla chitarra ritmica, Ged Grimes al basso, Cherisse Osei alla batteria, Erik Ljungggren alle tastiere e Sarah Brown alla voce), hanno scelto di presentare molti brani estratti dai loro primissimi dischi ed eseguire canzoni che hanno trovato poco posto nei precedenti live pubblicati.
Da quel passato remoto, ecco allora emergere gioielli come "Sons And Fascination", "The American" (tra le mie preferite del loro ragguardevole songbook), "Sweat In Bullet", "This Fear of Gods" e, soprattutto, una "Premonition" da brividi.
La parte del leone la fa l’evergreen New Gold Dream, qui rappresentato dalle immancabili "Glittering Prize", "Promised You A Miracle", "Someone, "Somewhere In Summertime", oltre che dalla title track e, inaspettatamente anche dalle magnifiche "Hunter And The Hunted" e "Colours Fly And Catherine Wheel". Non mancano, poi, da Sparkle In The Rain (considerato il disco “rock” della band), "Book Of Brilliant Things" e la consueta opener "Waterfront" (non ci sono, aihmè, "East At Easter", "Speed Your Love To Me" e "Upon The Catwalk"), da Once Upon a Time (il disco della svolta americana) "Alive And Kicking" e "Sanctify Yourself", canzoni più recenti ("Solstice Kiss" e "Vision Things"), il leggendario riempi pista "Don’t You Forget About Me", e una lunghissima versione di "Belfast Child".
Live in the City of Diamonds è, in definitiva, un incredibile viaggio attraverso la storia musicale di una band che la storia l’ha fatta veramente, e che oggi, nonostante siano passati quasi cinquant’anni dal 1977, anno di nascita dei Simple Minds, sembra aver ritrovato una seconda giovinezza. Ascoltare questo disco, quindi, non è solo guardare indietro in un tempo lontanissimo, ma rendersi conto di uno stato di forma, quello di Keer e Burchill, che sembra aver ritrovato lo smalto dei giorni migliori. Ne vale la pena.