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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
23/02/2022
Teatro Dal Verme, 18/02/2022
Live Report Giorgio Poi
Giorgio Poi il 18 febbraio ha suonato al Dal Verme di Milano. Teatro sold out, gremito di un pubblico affezionato ed entusiasta. Un risultato che fa capire quanto, lavorando in silenzio e facendo parlare unicamente la musica, sia possibile costruirsi una fan base solidissima.

Non l’hanno fatto apposta, ma suonare nei teatri alla fine si è rivelata l’unica soluzione per poter fare un concerto, in un paese in cui l’unica musica dal vivo che viene effettivamente contemplata dai decreti è quella che si ascolta da seduti.

Anche così, il nuovo disco di Giorgio Poi si presta particolarmente ad essere suonato in location del genere, una scrittura leggermente meno Pop del solito e arrangiamenti cameristici, un lavoro nato in pandemia e frutto di un periodo di riflessioni e inquietudini, la metafora della gommapiuma del titolo come possibilità di rientrare nella realtà adeguatamente protetti e con un bagaglio di leggerezza indispensabile per potersi librare al di sopra di questi giorni incerti.

Tre concerti in tutto (la data zero del 10 febbraio a Pesaro è stata aggiunta solo all’ultimo momento) in attesa di ripartire a pieni giri quando le circostanze lo permetteranno. Il Dal Verme è sold out e questa è senza dubbio una grande notizia: Giorgio Poi non è mai stato il più mainstream degli artisti italiani emersi negli ultimi anni, nonostante un contratto con Bomba Dischi e le collaborazioni illustri con Calcutta, Frah Quintale, Francesca Michelin, Luca Carboni, oltre ad aver firmato la colonna sonora della serie Netflix Summertime. Troppo raffinata e “adulta” la sua proposta, per provocare il seguito di massa delle giovani generazioni; eppure, vedere il Teatro così gremito di pubblico affezionato ed entusiasta (il livello di partecipazione nel corso dello spettacolo sarà sempre altissimo) fa capire che, lavorando in silenzio e facendo parlare unicamente la musica, il cantautore di origini novaresi si è costruito una fan base solidissima.

L’allestimento è sobrio, il palco è grande e riempito di pochi elementi, c’è solo un Led ai piedi della batteria che disegna giochi di luce molto essenziali e un fondale luminoso con il quadro astratto che funge da copertina del disco. In generale l’atmosfera è quella di un salotto, dove Giorgio e i suoi compagni d’avventura di sempre (Matteo Domenichelli al basso, Benjamin Ventura alle tastiere, Francesco Aprili alla batteria) intrattengono gli ospiti interagendo sugli strumenti. In alto sulla sinistra, un quartetto d’archi (lo stesso che ha suonato su Gommapiuma) accompagnerà gran parte del repertorio, quasi tutte le nuove canzoni ed una buona manciata degli episodi del passato.

Com’è andata è abbastanza facile dirlo: nonostante i timori per fisiologiche ruggini (Giorgio Poi ha finito il tour di Smog prima della pandemia ma poi è rimasto totalmente fermo, è stato uno dei pochi in Italia a non esibirsi mai dal vivo, neppure in occasioni sporadiche), ha funzionato tutto a meraviglia e abbiamo ritrovato quella band capace, rodata ed estremamente fantasiosa ammirata negli ultimi anni.

Si parte proprio con “Gommapiuma”, strumentale da colonna sonora per un ipotetico film neorealista di questa pandemia. Giorgio è al clarinetto e la melodia portante da lui ricamata ci rassicura che stasera viaggeremo tutti assieme e che il viaggio sarà confortante. “Barzellette” è il brano successivo, a configurare un inizio show in tono sommesso, la resistenza evocata in questo “scavare un tunnel sotto la notte prima che il buio ci fotta”.

I brani del nuovo disco funzionano molto meglio dal vivo, sarà il solito luogo comune ma sono uscito dal teatro con l’impressione che questo suo terzo lavoro in studio vada decisamente rivalutato rispetto alla recensione che scrissi. “I pomeriggi” è piacevolmente Pop, alza il ritmo e fa battere le mani, “Rococò”, da ballata elegante e intensa qual è, provoca brividi lungo la schiena, “Supermercato”, è una gemma delicata e dolcissima, canzone d’amore e grido di un’anima che non accetta di essere sola. È preceduta da una divagazione alle tastiere di Benjamin Ventura che ha fatto crescere la tensione e preparato il terreno; a seguire, quasi fossero un unico brano, arriva “Napoleone”, che è uno dei suoi pezzi più belli e che con gli archi acquista una marcia in più, nonostante batteria e tastiera fossero spesso troppo alte e andassero un po’ ad inficiare l’elemento cameristico, in secondo piano soprattutto nei momenti più movimentati.

Da questo punto di vista, molto meglio la parte centrale dedicata ai pezzi del primo disco, riarrangiati per chitarra, voce e archi, momenti di bellezza sfolgorante che hanno visto sugli scudi un quartetto composto da “Acqua minerale”, “Niente di strano”, “Paracadute” e ovviamente “Tubature”, quest’ultima arrivata verso la fine e cantata da tutto il pubblico, nonostante le mascherine.

Tra le cose più datate è arrivata anche “Il tuo vestito bianco”, sempre perfetta per il singalong e il battimani, oltre che uno di quei pezzi che più di altri fa capire che razza di autore sia l’ex Vadoinmessico.

Ad un certo punto, un po’ ce lo aspettavamo ma non ci sembrava giusto esternarlo ad alta voce, è salita pure Elisa, che ha duettato (meravigliosamente bene) su “Bloody Mary” con improbabile felpa rosa e cuffione da runner (ha spiegato che non c’erano degli ear monitor della sua misura e che quindi ha optato per quelle). Due considerazioni, su questa ospitata che ha reso senza dubbio speciale il concerto: si è sentita decisamente, molto di più che altrove, la differenza con la versione in studio e il contributo dell’artista friulana ha potuto emergere molto meglio. Secondo (lo si sapeva ma è sempre interessante toccarlo con mano), la sua genuinità e la sua umiltà sono veramente fuori dal comune, non solo per la decisione di intervenire (era a Milano per fare promozione ma non era per nulla scontato) ma anche per la spontaneità e l’allegria che ha sprigionato sul palco. Sarebbe stato bello avere anche Francesca Michielin per “Leoni” e devo ammettere di averci sperato più o meno fino alla fine; forse però era chiedere troppo.

Una certa fetta dello show l’hanno presa anche i brani di Smog, da “Solo per gioco” a “Stella”, passando per “Vinavil” ad una non indispensabile ma sempre molto apprezzata “La musica italiana”. È stato un disco importante per Giorgio e a distanza di tre anni dall’uscita conferma tutto il suo valore.

Verso la fine compare nuovamente il clarinetto per un’intensa versione di “Moai”, poi nei bis c’è “Giorni felici”, per chi scrive in assoluto la migliore del nuovo disco, e che rappresenta anche il modo migliore per mandare tutti a casa.

È stato bellissimo ed è stato speciale, come ha detto lui stesso. Non suonava dall’autunno 2019 e dopo tutte le fatiche e le sofferenze è davvero un miracolo ritrovarlo con un disco e con un concerto così intenso. Lo aspettiamo quest’estate a braccia aperte.