Che cos'è L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg? Certo, è un film, ma che tipo di film è L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg? È questa una domanda alla quale non è semplice fornire una risposta netta.
È un oggetto strano quello di Roeg, difficile da inquadrare e ancor meno da incasellare in un genere (fantascienza?), ancor meno semplice è ricavarne significati e sottotesti univoci, sembra invece necessario per film come questo lasciarsi trasportare dalle immagini, dalla storia (che tra divagazioni varie è ben presente), dai personaggi, dall'interpretazione di un David Bowie all'esordio davanti alla macchina da presa in un lungometraggio e soprattutto dalle scelte tecniche operate dal regista (ed ex direttore della fotografia) e dai suoi collaboratori, su tutti Anthony Richmond alla fotografia, Graeme Clifford al montaggio e Stomu Yamashta alle musiche (che in origine avrebbero dovuto essere composte dallo stesso Bowie, soluzione poi accantonata).
Ne esce un film di indubbio fascino, rafforzato dalla presenza di un Bowie straniante; la sua figura è la personificazione perfetta dell'alieno, del bizzarro: il suo pallore, la sua eterocromia, il colore vivo dei capelli, l'aspetto emaciato, donano al personaggio di Thomas Jerome Newton quella credibilità ultraterrena che regala una marcia in più all'ottimo lavoro visivo messo in campo da Roeg e dalla sua squadra.
Thomas Jerome Newton (David Bowie) è un uomo (?) caduto dal cielo, un alieno che arriva sul nostro mondo con uno scopo ben preciso. Tra i suoi primi atti sulla Terra ci sono quello di racimolare qualche dollaro impegnando un anello e quello di contattare l'avvocato newyorkese Oliver Farnsworth (Buck Henry) e depositare presso di lui tutta una serie di brevetti rivoluzionari, ottenuti grazie alle conoscenze aliene di Newton, che cambieranno per sempre alcuni settori come quello della fotografia e dell'elettronica e che faranno fare a Newton un sacco di soldi con i quali fonderà una sua azienda, la World Enterprises, impresa che gestirà con l'aiuto tecnico e finanziario di Farnsworth.
L'obiettivo finale di Newton è quello di aprire un suo programma spaziale per costruire una navicella con la quale tornare a casa, un mondo arido e ormai morente, un pianeta con un disperato bisogno d'acqua sul quale Newton ha lasciato una moglie e due figli. Per realizzare il suo progetto l'alieno chiede aiuto allo scienziato Nathan Bryce (Rip Torn) il quale, come tutti gli altri, da principio ignora la provenienza extraterrestre del suo nuovo datore di lavoro.
Durante la sua permanenza sulla Terra il visitatore stringerà una sorta di relazione con la cameriera Mary-Lou (Candy Clark); le cose per lui si complicheranno quando qualcuno inizierà a intuire la sua vera natura, la sua azienda, i suoi programmi e i suoi capitali attireranno anche l'attenzione della C.I.A., tutti elementi che metteranno a rischio il suo progetto di tornare a casa con delle soluzioni per il suo pianeta.
Al centro di questa storia mutuata dal romanzo omonimo di Walter Tavis, potremmo dire ci sia sopra a tutto la solitudine di un visitatore che nel nostro mondo non trova né conforto né relazioni alle quali riesca mai davvero ad aggrapparsi. Nel vagare sperso e discontinuo di questo alieno, che solo dopo buona parte del film si rivelerà nelle sue reali fattezze, risalta l'aderenza viscerale di un Bowie all'apparenza non decifrabile al suo personaggio, il senso di spaesamento e a volte di ineluttabilità ("se foste venuti voi sul nostro mondo probabilmente vi avremmo trattati allo stesso modo"), conferiscono a Thomas Jerome Newton un'aura di verità inconoscibile e allo stesso tempo indiscutibile.
L'approccio alla narrazione è ondivago, non schematico né diretto, L'uomo che cadde sulla Terra è un film che va assorbito per essere apprezzato e interiorizzato, è una sensazione, un trasporto in uno strano altroquando che nasce parallelo alla New Hollywood, porta in sé un che di sperimentale e molta scelta registica, raffinata ed eclettica che apre su paesaggi e fotografie illuminanti e appaganti.
Tornando alla solitudine del protagonista, lontano da casa, non capito e osteggiato, il contatto con l'altro prende forma a più riprese in sessioni di sesso esplorativo, in rapporti ambigui (quello con Bryce ad esempio), in una fragilità disarmante, fino a cedere a una rassegnazione alcolica e deteriore che nessuno potrà frenare. A conti fatti si potrebbe quasi azzardare come, con la benedizione di Roeg (fondamentale), Newton e Bowie siano il film.