Non pretendo che i miei articoli abbiano titoli eclatanti per originalità: qualche volta essi sono mero sommario. Nel caso di specie[1], con 14 parole ho già espresso la mia opinione e semplicemente qui la illustro.
“Alberto Ongaro è un giornalista e uno scrittore.”
“Alberto Ongaro ‘era’ amico di Hugo Pratt, anche quando il secondo era ancora vivo (in quanto il sodalizio era già finito).”
La definizione più esatta è la prima, quella percepita da molti è la seconda senza tutto ciò che in essa segue all’apertura di parentesi e, probabilmente, anche senza ciò che segue alla virgola.
Sarebbe facile dare a Ongaro ciò che è di Ongaro (soprattutto come autore di libri; i giornalisti, celebri e non, sempre anelano al libro[2]), ma il pubblico è pigro e forse si tratta di uno dei pochi casi in cui il tempo potrà essere galantuomo.
Non è un azzardo affermare che: senza l’amico Alberto[3], Hugo avrebbe potuto anche rimanere un disegnatore che veniva indicato come “all’anagrafe Ugo” (e siccome Tognazzi non ha avuto bisogno di una consonante muta per affermarsi…), con una “t” sola nel cognome[4].
Nel 1970 il veneziano di Rimini non è noto come Guido Crepax, e nemmeno come Magnus (e Bunker).
Ma quell’anno Ongaro pubblica il libro che funge da pietra angolare, una delle quattro, certo, ma ne servono quattro, alla fama del futuro Maestro di Malamocco (paternità del titolo: Oreste Del Buono qualche tempo dopo): Un romanzo d’avventura.
Si noti: “Un” come “Una” (ballata del Mare Salato”) e “avventura” chiave dell’intera produzione di Hugo Pratt da L’Asso di picche a Morgan e (anche) oltre.
È, obiettivamente, un romanzo dotato di fascino, nel quale Paco – il coprotagonista assente – è tratteggiato a mio avviso su Alberto attribuendogli però certe caratteristiche di Ugo con qualche viceversa.
L’autore e amico si spinge anche nel sancire come vero il falso dell’acca, e in tal modo si consolida (se non si inaugura) la tendenza prattiana della mezcla fra fantasia e realtà. Ma oltre il romanzo, con la lente del poi si scoprono quegli amici che negli anni andranno a sbiadirsi, a partire da quel Mario Faustinelli che sembra inchiodato – come una farfalla fra le molte di una collezione di cui non è il pezzo raro – nelle fragili pagine degli Albi Uragano, e quella donna minuta e unica nell’avere una sua vita – ad ogni costo – che è la gran belga d’Argentina Anne Frognier, la cui giungla fu verosimilmente più nel menage familiare con (H)ugo che non nelle vignette a lei anni prima dedicate dal futuro marito.
Con sincerità, nel paragrafo “H.P. et Hugo Pratt” di De l’autre côté de Corto[5], il non più “fumettaro” ma autore di “letteratura disegnata” (discreto revirement nel definirsi) dichiara a Dominique Petitfaux quanto al suo Le Pulci penetranti del 1971: “J’ai voulu ce livre parce que Alberto Ongaro venait de sortir son roman Un romanzo d’avventura, dont j’était le personnage principal, et je n’était pas d’accord avec l’image qu’il donnait de moi”.
Strano, dato che in occasione della ripubblicazione della sua seconda fatica letteraria, nel 2008, Ongaro ha dichiarato il contrario e non stento a credergli, posto che esiste anche una foto dei due amici alla presentazione del libro ongariano, posto che (copyright a parte) la vignetta che illustra la copertina del romanzo nel 1970 arriva diritta dalle tavole salate prattiane e per di più evoca l’adolescente (ancora!) Pandora Groovesnore e non un personaggio qualsiasi.
Ma soprattutto, il gioco dei due amici si scopre ex post con la cruciale intervista che il giornalista Alberto dedica al “Orson Welles dei fumetti” Hugo nel 1973 su L’Europeo[6].
Sono pagine su cui si regge, letteralmente, la leggenda che fonde Hugo Maltese e Corto Pratt e che appaiono quasi un anno dopo - si badi: dopo - quell’articolo del 1972 pubblicato su Linus di settembre intitolato “Come nasce Corto Maltese?” sempre a firma Ongaro.
Desidero precisare che quella intervista è da anni (dal 2006) sparita dalla circolazione, come da revisionismo storico ormai costante (di nuovo non si trova il romanzo del 1970 di Ongaro se non andando per biblioteche).
Le distanze fra i due amici - non si dimentichi cosa scrisse Ongaro per Pratt (o disegnò questi per le sceneggiature dell’altro) - si misurano nelle dichiarazioni del primo del 2002, le quali pur si inseriscono nella celebrazione del grande fumettista italiano consistente in un hors série della rivista Bo Doi[7]: l’intervento di Ongaro porta il titolo “Mesquineries” e la parola si rinviene in questa frase: “Mais il y a ajouté toutes sortes de petites mesquineries qui ont amené à cette rupture”.
Il tentativo del 2008 dell’ex amico superstite di seppellire i rancori naufraga definitivamente con il volume corale del 2013 dal titolo Je me souvíens de Pratt – Conversations à Malamocco avente altresì (o soprattutto) lo scopo di raccontare la verità secondo Silvina e Jonas Pratt[8], figli di Hugo e Anne, contra quella ufficiale[9]. Ad esso partecipa anche il giornalista e scrittore veneziano.
Ho letto diversi libri di Alberto Ongaro, ma quello che fa parte della mia terna de chevet (da quarant’anni abbondanti) rimane il romanzo in cui non succede nulla ai personaggi ma può succedere molto ai lettori, anche di diventare ... bidimensionali come Hugo e Paco o di rileggerlo trovandoci sempre qualcosa di nuovo (a parte la passione per Venezia e per Buenos Aires).
[1] Scritto un altro post, che non so se pubblicherò, mi sono accorto (secondo la legge inesorabile della tavola sinottica degli eventi) che le date richiedevano una ricostruzione non ad usum prattiani di un paio di eventi.
[2] Lo dichiaro da “figlio di cronista”, cronista che ormai ne ha scritti ben oltre la decina.
[3] Non dimentico Claude Moliterni, ma questi comunque conobbe Pratt dopo che egli aveva collaborato (anche) con Ongaro e quest’ultimo ovviamente aveva scritto il proprio romanzo prima che uscisse su Pif Gadget n. 1296 dell’aprile (data comunque anche di pubblicazione della fatica narrativa ongariana) 1970 la prima storia breve di Corto Maltese.
[4] Secondo Florian Rubis (Hugo Pratt ou le sens de la fable, Paris, 2009, pp. 23-24) i documenti italiani furono sempre e solo intestati a Ugo Prat.
[5] Le edizioni sono molte (anche una italiana molti anni fa intitolata All’ombra di Corto), quindi volutamente non indico la pagina.
[6] Per l’esattezza sul numero 43 del 25 ottobre 1973 e intitolata “Una sera con Pratt. L’Orson Welles dei fumetti”. Fu ripubblicata da Gianni Brunoro in Corto come un romanzo del 1984, ma senza le fotografie e ovviamente priva dell’appeal del rotocalco.
[7] Hors serie (numero 5) Hugo Pratt: settembre/ottobre/novembre 2002. In particolare si vedano le pagine 64, 65 e 66.
[8] Una verità qualche volta improponibile la loro: vivo l’autore le sue tavole originali circolavano senza problema e questo lo sanno tutti, morto l’autore esse hanno continuato a circolare.
[9] Il volume in questione è ricco di belle foto, ma di immagini prattiane neanche l’ombra, eccettuata qualche vecchia copertina.