L'ultimo film di Cristi Puiu è un'opera intransigente che non lascia aperture allo spettatore il quale viene trascinato in una maratona di pensiero filosofico, di parole e dialoghi, di scambio d'idee e di vedute, di posizioni e convinzioni (religiose, politiche, culturali) che non hanno sfogo alcuno se non per qualche brevissima divagazione. È un film molto coraggioso Malmkrog, un'opera per un pubblico ristrettissimo, Puiu lo sa, rivolto a volontà ferree disposte a imbarcarsi in un viaggio di quasi tre ore e mezzo fatto di discettazioni filosofiche che muovono i passi a partire da I tre dialoghi e il racconto dell'anticristo scritto sul finire dell'Ottocento dal russo Vladimir Sergeevic Solovev. Quanto detto sopra non è un'esagerazione, la narrazione è divisa in capitoli i cui brevi stacchi sono tra le pochissime pause concesse al turbinio dei ragionamenti, dei discorsi, delle prese di posizione che alludono ai temi più disparati e che vedono protagonisti alcuni esponenti dell'aristocrazia russa di fine secolo, uomini e donne dei quali non conosciamo i legami che li accomunano, riuniti nella tenuta di campagna del proprietario terriero Nikolai (i personaggi non hanno cognomi) immersa in uno scenario invernale innevato. La narrazione in Malmkrog non poggia su un ritmo cadenzato da eventi, questi sono pochissimi e servono più che altro da cambio di scena, l'impostazione è d'ispirazione teatrale, almeno uno di questi brevi interludi offre uno scossone da leggere in chiave metaforica, altro spunto per ragionamenti e riflessioni ai quali il regista sembra proprio volerci portare, come a chiedere una nuova assunzione di responsabilità verso alcuni temi, verso una lettura del mondo e del contemporaneo più pensata e razionale, scevra da influenze esterne oggi più che mai incontrollabili e poco verificabili, in quest'ottica, proprio in questi giorni, il film assume anche un valore di monito, una spinta alla valutazione ponderata e profonda al fine di capire un mondo all'apparenza sempre più incomprensibile, difficile da leggere, un ritorno alla razionalità; così come risulta difficile per i protagonisti del film trovare punti d'incontro tra opposte visioni (limitate nel numero), a maggior ragione lo è oggi per noi, in una realtà (spesso finzionale) dove le posizioni si moltiplicano a dismisura e spesso molte di queste non contengono fondo di verità alcuno o si dimostrano traviate e travisate.
Oltre a Nikolai (Frédéric Schulz-Richard), all'apparenza il più colto tra i presenti, della compagnia fanno parte la giovane Olga (Marina Palii), una donna ciecamente devota all'insegnamento di Dio e del Cristo e che sarà la principale interlocutrice/oppositrice del padrone di casa, tra i loro confronti quello sull'opportunità o meno di perpetrare il male nell'atto di difendere un innocente, sull'essere o meno interventisti in situazioni spinose (grandissima attualità). C'è poi Ingrida (Diana Sakalauskaité) che mal tollera le nuove ondate pacifiste sostenendo invece la grande nobiltà degli eserciti e delle figure militari in carriera, anche quando queste si trovino a compiere azioni violente e deprecabili; Madelene (Agathe Bosch) è una figura che funge più da moderatore/provocatore a seconda dei casi, infine abbiamo Edouard (Ugo Broussot) che sostiene con passione come la cultura sia l'unica vera salvezza e vede il popolo russo teso naturalmente verso l'Europa, un'unione inevitabile a suo parere proprio a causa di nobiltà, apertura e cultura del popolo russo. Nel confronto continuo gli spunti si affastellano l'uno sull'altro e la giornata passa finché viene sera.
Cristi Puiu, premiato alla Berlinale per la regia di Malmkrog, adotta tecniche diverse per i vari segmenti pur mantenendo uno stile mai invadente, la sua regia non è mai ingombrante nonostante in alcuni passaggi si faccia notare a un'occhio attento, il primo segmento ad esempio è girato con un'unico pianosequenza molto discreto, si apprezzano alcune trovate adottate per donare un po' di movimento al film, alcuni personaggi che parlano fuori campo, eventi sullo sfondo come piccole possibili intrusioni, ma in tutto ciò lo spettatore non è mai distolto dal flusso dei dialoghi, non lo può essere, soprattutto se si sta guardando il film con l'uso dei sottotitoli, la concentrazione richiesta è pressoché totale, sempre, per tutta la durata di questo Malmkrog. La lingua scelta per gli scambi colti d'opinioni è il francese, la lingua della cultura, i pochi scambi di battute con la servitù sono in tedesco, accortezza atta a differenziare il valore delle discussioni. C'è chi ha accostato quest'opera allo slow cinema, al lavoro di registi come Tsai Ming Liang, del suo Stray dogs abbiamo parlato qualche tempo fa, ma se nel film del regista taiwanese si chiedeva uno sforzo allo spettatore legato allo sguardo, alla contemplazione di immagini spesso silenziose caratterizzate da piccoli e impercettibili scarti, qui l'attenzione è catalizzata dalla parola. Nonostante non manchino i detrattori di questo film, a parere di chi scrive la visione di Malmkrog risulta comunque meno pesante rispetto a quella di Stray Dogs ad esempio, mantenendo fermo il punto che stiamo parlando di un film non proprio agile, bisogna sottolineare come sia facile entrare nel gioco proposto da Puiu e rimanerne avvinti, nonostante qualche passaggio risulti scolastico, in maniera quasi incredibile la noia sembra non far mai capolino durante l'intera visione. Dal punto di vista storico siamo di fronte a un'aristocrazia in declino, probabilmente inconsapevole del suo prossimo tramonto, che dibatte da una posizione ancora privilegiata destinate a cambiare, la rivoluzione è alle porte. Cos'altro dire? Tanto di cappello al regista rumeno, non saprei proprio dire in quanti si sarebbero presi il rischio di creare un'opera di questa portata con la concreta possibilità di vederla apprezzare giusto dai propri parenti e da una fetta oltremodo risicata di pubblico.