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REVIEWSLE RECENSIONI
Manzanita
Shana Cleveland
2023  (Hardly Art Records/Audioglobe)
AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
8/10
all REVIEWS
15/03/2023
Shana Cleveland
Manzanita
Nessuno di noi è separato dalla natura, stare all’aperto e sentirsi una sua parte sono cose che nutrono l’anima. Shana Cleveland ha concentrato le sue riflessioni a riguardo in "Manzanita", un album carico di significati, influenzato dal luogo sperduto in cui ora vive e dalla gravidanza, periodo di forti emozioni e tensione. Quattordici tracce di intrigante indie folk che creano un percorso in equilibrio tra realtà, fantasia e mistero.

Shana Cleveland è sempre stata un’artista molto sensibile ai cambiamenti, a ciò che la vita man mano offre, propone e, a volte, cerca pure di togliere durante il misterioso percorso in questo mondo. Dopo il battesimo in musica insieme al suo primo gruppo, i Curious Mystery, nel 2009, a Seattle, il cammino prosegue tre anni dopo con i La Luz, che in seguito spostano la loro base a Los Angeles creandosi un nome grazie a un surf rock ispirato a esponenti del calibro di Link Wray, dei Ventures, di Dick Dale, con un girl group indimenticabile come le Shirelles nel cuore. Svariate vicissitudini, fra cui un terribile incidente d’auto, provano a minare l’unione della band, tuttavia, pur con qualche mutamento di formazione, il gruppo prosegue il suo cammino orientandosi su sonorità un poco più potenti e moderne, virando su un garage pop in equilibrio tra romanticismo e neo-psichedelia.

Sono però i lavori solisti a contraddistinguere al meglio le attitudini della visionaria chitarrista, compositrice, scrittrice e cantante. Se il crepuscolare debutto del 2019, Night Of The Worm Moon rappresenta una crescita esponenziale delle sue qualità di autrice, il nuovo Manzanita incarna la maturità, coincisa con la maternità e il termine di una battaglia vincente contro un tumore al seno.

Certamente la libertà di poter ora risiedere nella California più rurale vicino a Grass Valley, ai piedi della catena montuosa della Sierra Nevada e la nascita di un figlio hanno smosso le emozioni più profonde: la bellezza dell’arte è poter veicolare questi sentimenti profondi in musica, cristallizzando i momenti vissuti, fra cui i ricordi di un’accecante Primavera in fiore. L’inizio del disco è intenso. "A Ghost" si nutre di suoni e vibrazioni positive, con ritmiche angeliche: un delicato intreccio di chitarre e le note del mellotron aleggiano rimanendo sospesi, eterei, quasi a confermare anche un che di spettrale, come enunciato dal titolo. “Sono un fantasma e sto cercando di farti vedere ciò che sono in grado di compiere”, canta Shana facendo percepire che si tratta di un lavoro dedicato all’amore, alla meraviglia, alla natura, senza tralasciare, comunque, gli aspetti surreali, soprannaturali e temibili come gli spiriti maligni e l’oscurità, accanto alla dolce stranezza del tempo e del luogo ove ha concepito le canzoni.

 

Manzanita è il nome comune di una specie di piccolo sempreverde endemico della California con forti proprietà medicinali e la scelta di intitolare così l’opera si riallaccia all’influenza avuta dal posto in cui l’autrice vive durante la composizione della musica e delle liriche. Ci sono molte metafore e un che di misterioso nelle tracce in scaletta: sembra quasi un viaggio mitologico nella foresta più profonda e oscura al fine di trovare la pietra filosofale, nel cuore dell’universo, alla ricerca spirituale dell’albero con le bacche curative adatte a lenire il male dell’animo, per poi tornare velocemente risucchiati al villaggio, di nuovo nell’ovattato ambiente domestico. L’album scorre via velocemente, un flusso continuo di brani che non terminano mai sfumati, in alcuni casi collegati da brevi interludi strumentali o parlati come "Bloom", "Light on the Water" e "Ten Hour Drive Through West Coast Disaster". Una scelta azzeccata da parte della songwriter, perché rende l’idea dell’urgenza e immediatezza del disco…perché tutto è energia che si trasmette e passa attraverso le esperienze, avanza, cambiando ma mantenendo le caratteristiche originarie, anche se in modalità e forme diverse.

Il Panta rei si riferisce non solo al tempo che scorre, ma anche all’unicità dei singoli momenti vissuti, si può declinare pure all’ambiente che ci circonda, sul come prenderci cura di ciò che abbiamo. Sono concetti riconducibili al bellissimo singolo pop orchestrale "Faces in the Firelight", indirizzato al compagno Will Sprott, membro storico del gruppo punk rockabilly Shannon and the Clams nonché delicato session man -si dedica alle tastiere, ai sintetizzatori, alimenta la tensione emotiva con glockenspiel e dulcimer- in "Manzanita", e al figlio portato in grembo. “Abbiamo realizzato il video di "Faces in the Firelight" creando un regno di fantasia nel mio cortile per visualizzare la soave stravaganza del momento in cui ho scritto queste canzoni: incinta e spesso solitaria nella natura selvaggia”, racconta la Cleveland. Nel brano la sua voce è “sognante”, magica, e attira come il canto di una sirena, ammaliante e provocatrice anche nel testo, “Mi ami come mi amo io?”. L’atmosfera sia spettrale che rassicurante, costruita su tastiere e synth, unita a un conturbante contrabbasso suonato con l’arco, sottolinea le sensazioni contrastanti provate ascoltando l’intero lavoro. Dal punto di vista prettamente musicale, è molto gradevole e studiato l’arrangiamento, con la canzone che sembra avere un punto di sbocco nel momento in cui parte un poco più forte la batteria, dopo una trama rarefatta e languida.

 

Echi di David Crosby e dell’epica West coast music proveniente da Laurel Canyon rimbalzano fra le varie tracce, soprattutto nell’estatica "Mystic Mine" e in "Quick Winter Sun": nella prima, in particolare, la chitarra assume un tono folk progressive, appaiono estetiche country surf tipiche del California sound e permane sempre un delicato piano elettrico sullo sfondo ad accompagnare, mentre il violoncello di Abbey Blackwell non perde un colpo. "Quick Winter Sun", oltre a offrire uno spaccato della zona in cui Shana Cleveland vive, circondata da serpenti a sonagli, volpi, puma e coyote, “Guarda, qui siamo gli ultimi umani”, ricorda Nick Drake per delicatezza di arpeggio e mette in mostra le notevoli doti di fingerpicking della cantautrice, che brillano mirabilmente in seguito negli strumentali "Bonanza Freeze" e "Sheriff of the Salton Sea". Quest’ultimo stupisce per l’improvviso deragliamento verso territori più orientaleggianti, ammansiti dal clavicembalo di Sprott, accostamento ardito, tuttavia riuscito.

Il tragitto seguito dalla songwriter, pur ispirandosi ad altri autori, si infila sempre nei sentieri dell’originalità e la comparsa della pedal steel guitar di Olie Eshleman a sottolineare morbide trame acustiche in "Gold Tower" e "Babe" è di forte impatto e genialità, come lo sono entrambi i finali in crescendo delle canzoni, laddove le percussioni inizialmente tenui e sullo sfondo diventano maggiormente insistenti, aprendo nuovi scenari.

 

“Non ho mai pensato in maniera preponderante alla morte finché non è nato mio figlio. Essere così vicini a una nuova vita ti fa davvero rimuginare sull’intero ciclo dell’esistenza”.

 

Le riflessioni della Cleveland sono molto profonde e rispecchiano la perenne condizione di un’umanità dolente, condannata ad aspirare a una bellezza solo sfiorata in una mitica e remota lontananza, rasserenata da eventi meravigliosi come il diventare genitori, ma eternamente turbata dal timor mortis e dall’ineluttabilità del destino.

L’armoniosa "Evil Eye", basata su fraseggi comandati direttamente dalla voce, l’esuberante "Mayonnaise", composta pensando con ardore allo scrittore e poeta postmoderno Richard Brautigan, cantore della scena californiana, e la conclusiva "Walking Through Morning Dew", satura di ambientazioni synth evocanti il rumore assordante degli insetti della zona, sono comunque rassicuranti, almeno a livello di melodia, pur mantenendo un certo tipo di inquietudine e stravaganza nelle liriche.

 

Manzanita, nella sua essenzialità folk, abbraccia il pop più delicatamente orchestrale, odora di surf rock e mantiene un’ossatura prevalentemente acustica, godendo della vena ispirata dell’estrosa autrice, ben assecondata dalla produzione minimale di Johnny Goss.  Shana Cleveland si conferma così artista ricercata e curiosa, attenta alle modernità ma anche preziosa custode del passato, fiera di annoverare tra le sue ispirazioni l’Incredible String Band, esempio di contaminazione tra suoni progressive e psichedelici, a dimostrazione di una straordinaria ecletticità, del pieno possesso di una tavolozza musicale variegata. Raffinata compositrice e strumentista, visionaria con forte carisma ed empatia: siamo di fronte a un personaggio che avrà molto da dire nello scenario alternative della musica Americana.