Nei suoi quasi sessant’anni di vita, Sam Phillips, al secolo Leslie Ann Phillips, non è stata certo con le mani in mano: ha rilasciato una quindicina di dischi, ha intrattenuto svariate collaborazioni (Rodney Crowell, Bruce Cockburn, The Wallflowers, etc.), ha scalato con parecchi singoli le Christian Charts americane, ha composto musica per serie tv (Bunheads), ha recitato al fianco di Bruce Willis in Die Hard (1995) e ha anche trovato il tempo di sposare il grande produttore T-Bone Burnett, dal quale ha divorziato nel 2004, dopo quindi anni di matrimonio.
Sebbene la Phillips non abbia mai smesso di comporre canzoni e pubblicare album, è indubitabile che il picco di notorietà e le cose migliori in carriera siano collocate proprio nel periodo creativo che ha condiviso con l'allora marito T Bone Burnett, a partire dalla fine degli anni '80 e proseguendo nel decennio successivo.
Il suo terzo album a nome Sam Phillips (ce ne sono altri cinque, precedenti, come Leslie Phillips), Martinis & Bikinis del 1994, è probabilmente il suo lavoro più riuscito e quello che le ha dato maggior riscontri in termini di fama, tanto da essere rimasterizzato nel 2012 e ripubblicato via Omnivore Recordings.
Se da un lato, Martinis & Bikinis mette in risalto un songwriting spumeggiante e consapevole, reso armonioso dalla produzione di Burnett, da una backing band coi fiocchi e da ospiti di lusso (Marc Ribot, Van Dyke Parks, Benmont Tench, Peter Buck, etc), dall’altro, evidenzia l’attrazione fatale della Phillips per sonorità di fine anni ’60, con particolare ed evidente riferimento alla musica dei Beatles.
Eppure la Phillips, nonostante siano evidenti le fonti di ispirazione di alcune di queste tredici canzoni, evita pasticci o meri copia incolla, riuscendo a mantenere originale la propria scrittura, anche se è fuori di dubbio che la scaletta dell’album paghi un debito alla produzione dei Fab Four, da Revolver in avanti (e ancor più specificamente, anche se non esclusivamente, alle canzoni di John Lennon). Certo, le melodie della Phillips non sono così immediate come potevano esserle negli anni ’60, le sue liriche non sono così dirette, anzi talvolta risultano criptiche, e nel disco ci sono anche brani che si scostano dalla narrazione principale; tuttavia, in gran parte, e con tutte le differenze dovute all’evoluzione di un trentennio di musica, certe atmosfere sono state catturate perfettamente.
Nell’anno di Dokie dei Green Day, di Grace di Jeff Buckley, delle ultime propaggini grunge e della morte di Kurt Cobain, Sam Philipps e T-Bone Burnett creano un mondo sonoro di echi, riverberi, harpischords e suoni esoticici (sitar) che potrebbe sembrare anacronistico e, invece, grazie alla visione moderna di Burnett, non lo è affatto.
La breve introduzione di Love And Kisses, sono probabilmente i cinquantasette secondi più beatlesiani del decennio, una perfezione melodica che lascia senza parole e che, diciamocelo francamente, sarebbe piaciuta moltissimo a John Lennon. Forti riferimenti al quartetto di Liverpool si trovano anche nella psichedelia di Same Rain, nell’emozionante Strawberry Road (evocativi sono il titolo e la strumentazione clamorosamente anni ’60), nel sitar della radiofonica Baby, I Can’t Please You, o nella chitarra harrisoniana che scuote la malinconica melodia di Same Changes.
Beatles o no, Martinis & Bikinis è un disco di cristallina bellezza pop-rock, con ganci melodici che arrivano a velocità della luce, nemmeno il tempo di imparare le parole e stai già canticchiando: il jangle pop di I Need Love, la cupa elettricità di Circle of Fire (traccia che giustamente è valsa alla Phillips una nomination ai Grammy come Best Rock Vocal), il rockabilly attualizzato dell’intensa e vibrante Wheel Of The Broken Voice. Chiude il disco l’unica cover in scaletta che, guarda caso, è la psichedelica, bellissima Gimme Some Truth di John Lennon.
Come già accennato, ad aiutare la Phillips e Burnett, un cast stellare tra cui Peter Buck dei R.E.M., l’Heartbreaker Benmont Tench, Colin Moulding degli XTC, Marc Ribot (Tom Waits, John Zorn) e Jerry Scheff (TCB Band di Elvis Presley): tutti fanno sentire la loro distinta presenza, eppure la scaletta suona omogenea come se fosse il parto di una band affiatata.
La ristampa uscita per la Omnivore, prodotta dalla stessa Phillips con Cheryl Pawelski e Tom DeSavia, prevede quattro tracce in più. Un remix di Fighting with Fire, che era già stata pubblicata per la prima volta nel best Zero Zero Zero (1998) e tre nuove versioni di brani in scaletta: I Need Love, in cui la voce della Phillips è più roca e più vissuta, modificata con un inedito arrangiamento per quartetto d'archi, Black Sky e Strawberry Road, che suona decisamente diversa, grazie a un arrangiamento più asciutto per solo chitarra, basso, piano, batteria e quartetto d'archi.