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MAKING MOVIESAL CINEMA
Memoria
Apichatpong Weerasethakul
2021  (Academy Two, Mubi)
DRAMMATICO
7,5/10
all MAKING MOVIES
11/09/2025
Apichatpong Weerasethakul
Memoria
Il regista thailandese Apichatpong Weerasethakul prosegue il suo percorso all'interno di un cinema enigmatico e spirituale che cerca di connettere l'uomo a ciò che gli sta attorno, a ciò che era prima, a ciò che sarà dopo.

Con Memoria il regista thailandese Apichatpong Weerasethakul lascia per la prima volta il suo paese per girare un film in parte recitato in inglese e in parte in spagnolo. Il cambiamento di location, siamo a Bogotà in Colombia, non altera la visione e l’approccio al cinema del regista di Bangkok come è capitato in passato ad altri suoi colleghi (per citarne uno si pensi all’Hirokazu Kore’eda de Le verità).

L’opera di Weerasethakul continua a essere un’esperienza sensoriale, un viaggio nelle possibilità, in quello che può essere relegato al campo dell’inconoscibile, un avvicinarsi a ciò che non si può comprendere e spiegare ma che forse, in determinati momenti e a certune condizioni, si può riuscire a sentire, a lambire e infine, se si è fortunati, ad accettare.

Quella dell’accettazione e dell’abbandono all’esperienza, tutt’altro che semplice peraltro, è la condizione minima che viene richiesta per poter apprezzare il cinema di Weerasethakul, un cinema che non vi verrà a cercare per raccontarvi una storia ma al quale voi, da spettatori, dovete andare incontro per vivere un’esperienza che, attenzione, potrà appagarvi o meno, la conclusione non è affatto scontata.

A questo proposito chi vi scrive è uno di quelli che anni fa, al primo impatto con il lavoro del regista, non apprezzò la Palma d’oro Lo zio Bonmee che si ricorda le vite precedenti, forse il film più noto di Weerasethakul e del quale mi sono prefissato di affrontare nuovamente la visione, in quanto con le visioni di Memoria e ancor più del precedente Cemetery of splendour il giudizio sul cinema dell’autore thailandese è cambiato di parecchio. In meglio ovviamente.

 

Per Memoria, come per altri film di questo autore, non è cosi semplice sintetizzare una trama. La nostra protagonista, Jessica, interpretata da Tilda Swinton, è una floricoltrice che si reca a Bogotà per far visita a sua sorella malata. Una notte Jessica viene svegliata da uno strano rumore del quale non riuscirà a individuare la provenienza e che senza preavviso alcuno continuerà a ripresentarsi all’improvviso nei giorni a venire, inudibile alle orecchie degli altri. Questa esperienza priverà Jessica del sonno.

Nei giorni seguenti, con l’aiuto di un tecnico del suono di nome Hernan (Juan Pablo Urrego), Jessica cerca di ricostruire con precisione quel suono misterioso. Nel frattempo sua sorella, ancora in un letto d’ospedale, le racconta un sogno che ha fatto su un cane poliziotto investito da un’auto; la sera tornando a casa Jessica ha un incontro con un cane che sembra seguirla. Tornata nello studio di registrazione a cercare Hernan la donna scopre che lì pare non aver mai lavorato nessuno con quel nome.

Nel tentare di dare un senso a questi eventi misteriosi Jessica si reca in una zona forestale dove incontra un altro Hernan (Elkin Diaz), più vecchio del precedente, un pescatore e contadino che sembra essere in contatto con una percezione più amplia dell’esistenza, una sorta di vettore per ricordi ed esperienze con il quale Jessica sembra entrare in risonanza.

 

Qual è il senso di un’opera come Memoria? Difficile dirlo. Il senso ultimo, forse la lettura più semplice da dare ai temi e alla sensibilità di Weerasethakul, sostiene che ognuno di noi è solo una piccola parte di un qualcosa più grande, una piccola parte però interconnessa al resto, o almeno a parte di esso, in un modo per noi quasi sempre inspiegabile e ignoto. È questa una sorta di conoscenza, forse una verità per il regista, che si può solo arrivare ad accettare, magari lambendola e toccandola con mano (esperienza riservata solo ad alcuni), senza mai riuscire a capirla davvero fino in fondo.

È un mistero il cinema di Apichatpong Weerasethakul, un mistero non sempre sostenuto dalla nostra distribuzione (Memoria è solo il secondo film su undici del regista ad arrivare nelle nostre sale), un mistero fatto di silenzi, di sequenze molto lunghe, di camera fissa e pochi movimenti di macchina, di sguardo sulla natura e sull’ambiente e di un’attenzione maniacale per le prospettive e per la costruzione delle inquadrature.

Prendiamo come esempio la sequenza in cui Jessica torna a cercare Hernan e si trova in un corridoio con diversi vetri a specchio che ne duplicano l'immagine, struttura costruita perfettamente che casualmente, durante la personale visione di chi scrive, si rifletteva sullo specchio nero del mio cellulare poggiato sotto il video in cui passava il film raddoppiando ulteriormente lo straniamento della ripresa costruita da Weerasethakul, cosa che probabilmente non sarebbe successa con una sequenza meno studiata di quella in questione. Questo è solo un esempio ma il regista thailandese sembra non lasciare davvero nulla al caso.

Torna anche il tema del "sonno" presente in diverse altre opere del regista, la mancanza del sonno, il sonno del vecchio Hernan che ricorda e in qualche modo condivide con Jessica ricordi di che cosa? Vite passate? Vite di altri? Inconscio collettivo? Realtà aliene come la sequenza finale potrebbe suggerire? A questo proposito occhio che tra i produttori compare anche Jia Zhangke, e chi conosce il suo cinema di elementi alieni ne sa qualcosa.

La messa in discussione dell'ordinario, la comparsa del rumore misterioso, si propone con la messa in discussione delle abitudine (Jessica si trova in un altro Paese) e sembra potersi risolvere solo grazie all'incontro con l'altro (i due Hernan), solo il contatto con l'altro può portarci a una pacificazione, almeno alla serenità dell'accettazione se non proprio alla totale comprensione.

È un cinema che esula dal nostro sentire quotidiano quello di Weerasethakul, che pone dubbi al nostre vivere ordinato, metodico e ripetitivo; è se ci fosse altro prima di noi e dopo di noi al quale abbiamo partecipato/parteciperemo senza averne ricordo o conoscenza? E se ci fosse altro nei nostri sonni? Nei nostri sogni? E se vivessimo altre vite dormendo? Se invece il ricordo in qualche modo ci limitasse e ci impedisse di cambiare? Domande affascinanti da un cinema ostico e abbordabile solo per chi porta a ogni visione la curiosità della scoperta, di qualcosa di nuovo, di qualcosa di diverso.