Devono esser stati dei giorni memorabili questi Mercimek Days passati da Tina e Ian nella metropoli euroasiatica che, senza dubbio, è una casa artistica, sentimentale e dai legami profondi. La dimensione live per loro è una necessità vitale e non è un caso che li abbia visti a Roma lo scorso anno all’Angelo Mai, in una serata densa e indimenticabile, sotto tanti punti di vista.
Gli Hate Moss parlano tutte le lingue del mondo, in senso musicale, e sono talmente cosmopoliti da poter comprendere tutte le lingue della torre di Babele (e anche di Galata): apolidi nella libertà d’espressione ma anche visceralmente legati alle loro tradizioni d’origine. Preziosa internazionale sonora da preservare e valorizzare.
L’EP è stato registrato tutto live, tranne la prima traccia, l’inedita "AIKNOW" (riproposta anche in versione live a chiudere l’opera), presso il bar Karga (Corvo) in quel di Kadikoy, vivace quartiere bohémien sul lato asiatico di Istanbul, facile da raggiungere prendendo il “vaporetto” da Eminonu, se state nella parte occidentale della città. "AIKNOW" è una grande track di apertura dal sapore estivo, ritmo Brazil ma cantata in inglese, mai banale ed estremamente piacevole, tanto che potrebbe diventare la vostra colonna sonora mentale per tutta l’estate.
Non pensate però ad una estate disimpegnata e frivola, tutt’altro: "AIKNOW" vi cattura come miele ma in realtà è petrolio di pasoliniana memoria, è il “io so i nomi, ma non ho le prove”. È la schiavitù dei migranti e dei consumi prefabbricati, è l’abbaglio delle droghe: “la luce di Pasolini era lì e poi è sparita”. Ma la rotta è stata tracciata, dicono gli Hate Moss.
Con il secondo brano, “Birdaha” (che dovrebbe significare “di nuovo”) si viene proiettati nella ritmicità e sonorità del luogo; un brano cantato in turco e realizzato in collaborazione con Mutlu Oral, musicista e fondatore dell’etichetta Mevzu Records. I suoni di Tina sono pennellati d’oriente e mistero sufi, con Ian pronto a spalancare la porta della percezione con la sua consueta batteria ipnotica, drum&drum, grancassa e rullante, e poi tanta energia, rabbia, sgomento.
Un tumulto artistico, esistenziale e reale, legato alla difficile situazione vissuta dalla band, in attesa dei musicisti per la sessione di registrazione live di Mercimek Days e di un videoclip. Attesa vana, a causa della città paralizzata dall’arresto del Sindaco la mattina stessa, con conseguente blocco dei trasporti, la censura dei social media e una serie di proteste vibranti in tutta la città, rendendo difficile per i musicisti raggiungere il Karga. Ma gli Hate Moss, con due degli gli artisti presenti e un fonico, hanno deciso di registrare in ogni caso l’EP. Resistenza artistica.
Il terzo brano, “Remake the time (Parte prima)”, è una bella ballad a due voci in inglese con synth e batteria, ipnotica e trasognante come le luci sul Bosforo a notte fonda. Elettronica raffinata di pregevole fattura. Si parla di autodeterminazione e libero arbitrio, dei sentimenti e nelle relazioni, uno spaccato di vita vissuta.
Quarta traccia è “Remake the time (Segunda parte)”, dove l’invito sonoro è a muovere il corpo, brevemente, dopo aver rimuginato sul tempo che scorre sempre incessante dentro di noi.
In finale, la versione live dell’inedito “AIKNOW”, a puntualizzare che Tina e Ian non potete mancarli dal vivo, dopo averli ascoltati in cuffia, magari in vinile o come meglio credete, per poi sorprendervi per quanto sono bravi.
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Iniziamo dal nome, Hate Moss, ci potete spiegare perché vi chiamate così?
In fonetica la C intervocalica viene aspirata con l'accento toscano, trasformandosi in un' H. Avendo, Ian, sentito pronunciare il nome della celebre modella da un signore in un bar ha pensato subito sarebbe stato un ottimo nome per un progetto.
Sono curioso di sapere come vi siete formati musicalmente, individualmente, prima di esservi incontrati a Londra.
Veniamo da background diversi, ci siamo incontrati a Londra lavorando in un ristorante. Tina, che proviene da Guardiagrele, un orgoglioso paesino in provincia di Chieti, ha sempre avuto interesse per la produzione di eventi, naturalmente con maggior attenzione a quelli di ambito musicale. A Londra ha studiato Comunicazione e Pubblicità. Da piccola, ha preso delle lezioni di pianoforte e oggi studia canto. Io che sono nato a Goiania, detta anche la Seattle del Brasile (naturalmente lo dice chi vive a Goiania) sono batterista semi autodidatta, avrei voluto fare il conservatorio, ma ho dovuto ripiegare su Lettere e Filosofia. Prima di trasferirmi a Londra ho vissuto cambiando decine di case tra la Toscana e il Brasile. Ho sempre lavorato nell'ambiente musicale, come promotore di eventi o studio di registrazione, dove ho fatto di tutto, dall'aiuto tecnico alle pulizie, fino a cimentarmi nella produzione.
Cosa è successo poi a Londra?
Mi ero trasferito a Londra per suonare con la mia band precedente (Novonada) mentre Tina si era trasferita per studiare. Dopo esserci conosciuti abbiamo iniziato a lavorare insieme anche per l'etichetta fondata da noi, la Stock-a records che poi si è trasformata in Stock-a Productions. All'epoca avevo smesso di suonare con i Novonada e avevo iniziato un progetto solista con il quale invitavo sempre qualche collega a intraprendere tour con me. La cosa però aveva costi che non potevo permettermi e in più Tina già mi accompagnava e aiutava nell'organizzazione. Così un giorno, di punto in bianco, abbiamo deciso di facilitare il processo creando un progetto nostro. Tina, da non esser mai salita sul palco, si è ritrovata a dover affrontare un tour in Brasile di 20 date. Diciamo che è stata la prova definitiva, da quel tour in poi abbiamo capito che al di là delle diversità di background la cosa funzionava; ed eccoci qua ancora oggi.
Cosa vi lega così strettamente ad Istanbul?
Al di là della bellezza della città e della sua storia, abbiamo stretto una buona amicizia con i ragazzi che gestiscono l'etichetta indipendente Mevzu Records. Sin dal primo disco abbiamo iniziato a frequentare la scena turca di musica alternativa. Facciamo il possibile per andare a suonare in Anatolia almeno una volta ogni anno. Siamo affascinati dalle persone, dai musicisti e dalle sonorità di quelle terre.
Pasolini secondo gli Hate Moss, qualche vostra suggestione.
Il brano "AIKNOW" del nostro ultimo EP è una sorta di reinterpretazione odierna delle parole scritte da Pasolini, "Io So". Pasolini era un Poeta, un Artista e un Intellettuale. Era tutto ciò che più manca oggi. Una persona capace di mostrare con bellezza e raffinatezza il lato più terribile di una civiltà. Capace di fissare dei punti interrogativi nelle teste delle persone. Capace di mostrare ciò che più era, un essere umano.
Qual è il ruolo dell’arte per voi (e dell’artista).
L'arte deve servire a migliorare la qualità della vita delle persone, e ci teniamo a dire di tutte le persone. Che sia ricreativa, ludica o sociale se l'arte ha un compito questo è quello di comunicare, raccontare storie, tramandare culture e formare sentimenti.
Avete uno schema creativo rigido o cambia sempre? Ad esempio, partite dai testi o dalla composizione musicale? Ian la ritmica e Tina la parte melodica?
Non abbiamo schemi, di sovente succede che le canzoni nascono chitarra e voce e poi le trasformiamo in cose totalmente diverse, ma appunto non sempre è così. Spesso decidiamo di scrivere qualcosa che riguarda un tema a noi caro, altre volte magari un suono campionato alla stazione si trasforma nel beat perfetto.
Per quanto ho visto attraverso i vostri canali di comunicazione, amate celarvi, travisarvi, non svelarvi del tutto. Un’esigenza artistica in un mondo sovraccarico di immagine/i o una scelta di diversa natura?
Ci piace molto giocare con lo stile visivo, saturare esasperando il look in una foto e poi nella foto successiva avere un look totalmente neutro. Serve a rispecchiare l'ecletticità sonora che vorremmo raggiungere.
Quanto c’è dei vostri luoghi d’infanzia nella vostra musica?
Moltissimo, sia nei testi che nelle sonorità. Mescoliamo moltissimo il folclore dei posti da dove proveniamo. Dalle concarelle di Guardiagrele alle "Festas Juninhas" del Serrado Brasiliano.
Vi ho sentito live a Roma nello scorso autunno, in apertura degli I Hate My Village: sono rimasto molto colpito dall’energia che avete messo nel live e dalla forza che hanno i vostri brani. Rispetto allo studio di registrazione mi sembra che nei live sprigionate qualcosa in più. E si percepisce che vi divertite parecchio in mezzo al pubblico.
Si, il nostro è senza dubbio un progetto che funziona molto più Live che in Studio. Stare sul palco a fare casino è la nostra terapia, ci aiuta tantissimo e per questo facciamo il possibile per stare sempre in giro a suonare. Non riusciamo ancora ad equilibrare la sfera Live con la sfera Studio. Viviamo il live come una cosa e la versione studio come un'altra, ben distinta, per alcuni brani cambiano addirittura gli arrangiamenti.
Cosa state leggendo in questo periodo?
Tina: Lo Statuto delle Lavoratrici di Irene Soave. Ian: Il Resto è Rumore di Alex Ross.
Un paio di film ciascuno che salvereste dal rogo.
Dal rogo salveremmo tutto (risate, ndA)! Film preferiti: Cidade de Deus di Fernando Meirelles, Kátia Lund. 8 e 1/2 di Fellini. Settimo Sigillo di Ingmar Bergman. Pulp Fiction di Tarantino.
La musica che ascoltate quando fate l’amore.
Qualsiasi cosa dei Morphine. La colonna sonora di Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch.
Una band che volete salutare, come fossimo in radio.
Roger Waters: Ciao Roger! tanta stima. Thom Yorke: Ciao Thom, sei bravo cazzo...smettila di dire stronzate!
Sappiamo che state lavorando a un nuovo LP, potete anticipare qualcosa del nuovo lavoro?
Abbiamo registrato e stiamo finalizzando il disco tra Turchia , Europa e Sud America, sperando di captare tutte le sonorità che ci hanno influenzato. Ci saranno feat. con amici conosciuti lungo queste avventure.
Grazie mille Tina e Ian, al prossimo live!
Grazie Olaf e grazie a LOUDD e tutti i lettori.