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REVIEWSLE RECENSIONI
21/10/2023
Eric Sardinas
Midnight Junction
Se Steve Vai adora Eric Sardinas, questo elemento dovrebbe bastarci per celebrare il ritorno discografico di un artista semplicemente rock a trecentosessanta gradi, risultando speciale in così tanti modi che forse nemmeno questa carta immaginaria che state leggendo, potrebbe bastare.

 

“Suono la slide guitar, suono blues, ma è rock’n’roll che interpreto a modo mio”

(Eric Sardinas)

 

Eric Sardinas ha cinquantadue anni, suona la chitarra da quarantasei, pur essendo mancino ha deciso di suonare da destro e, per non complicarsi ulteriormente la vita, di impugnare non uno strumento elettrico “normale”, ma la chitarra resofonica, che possiamo ammirare anche nella copertina del nuovo album Midnight Junction. Non un “dobro”, oppure una chitarra slide (che è più una tecnica in cui effettivamente il musicista usa un accessorio chiamato bottleneck, per dare al suono un timbro molto caratteristico), ma una chitarra resofonica, e tranquilli, ve lo andiamo a spiegare di cosa si tratta.

La chitarra resofonica è sostanzialmente una chitarra acustica con un volume maggiore ed è stata inventata negli anni Venti da John Dopyera, il proprietario di un negozio a Los Angeles che si occupava di riparazione di strumenti a corde, oltre che di realizzazione di nuovi esemplari. Per ottenere una caratteristica volumetrica di questo tipo, è presente un cono nel corpo della chitarra che amplifica il suono e ciò avviene tramite il ponte dello strumento stesso. Infatti, quando le corde vengono suonate vibrano e il ponte, poggiato sul cono, trasferisce quelle vibrazioni a quest’ultimo. Pertanto, il cono è come se fosse un altoparlante in un amplificatore per chitarra. In questa maniera, si ottiene un volume molto più forte rispetto ad una qualsiasi chitarra acustica.

In più, se come il signor Sardinas, decidi di elettrificare tutto e suonarlo come se fossi un novello Jimi Hendrix, l’effetto finale sarà dirompente. E’ infatti in concerto che Eric va visto e goduto, e vi invitiamo ad andare a cercarvi filmati esplicativi su YouTube (a partire da questo), unito al fatto che a volte in passato, il chitarrista amaricano si è divertito a dare fuoco alle sue chitarre sul palco, con tanto di ustione di terzo grado al polso sinistro, durante un concerto australiano nel 2000.

 

Come succede per altri artisti, si tende a considerare Eric alla stregua di un bluesman ma è una definizione assolutamente riduttiva, sia per i suoi modelli di riferimento che per il modo di approcciarsi allo strumento. Sardinas iniziò a suonare la chitarra ispirandosi alle registrazioni vintage di bluesmen del Delta come Charlie Patton, Bukka White, Big Bill Broonzy, Elmore James e Muddy Waters, integrando poi questi elementi con il gospel, la Motown, l’R&B e il southern rock, fino al soul più viscerale.

Questa ratatouille di mondi sonori diversi si nota anche in Midnight Junction, andando a formare uno stile coeso e coerente, che abbraccia sia il musicista che chi decide di ascoltarlo. Un settimo album atteso da quasi dieci anni (in cui la presenza in concerto si è però fatta sentire, anche in indimenticabili date sul suolo italiano), prodotto da Matt Gruber (collaboratore di Desmond Child e tecnico del suono in molte colonne sonore di film hollywoodiani), in cui Sardinas si affianca a una sezione ritmica spettacolare, composta da Chris Frazier (Foreigner e Whitesnake) alla batteria, Koko Powell (Lenny Kravitz, Sheila E) al basso, David Schulz (The Goo Goo Dolls, Bo Diddley) alle tastiere e la leggenda dell’armonica blues Charlie Musselwhite come ospite speciale sul brano strumentale “Swamp Cooler“.

 

E’ lecito quindi definire questo Midnight Junction come un disco “rock” universale, che raccoglie tutte le anime musicali di Eric Sardinas, e le ripropone con freschezza e giocosità contagiosa, senza sconvolgere dal punto di vista compositivo ma utilizzando al meglio il senso della misura negli spazi concessi alla sua speciale chitarra, che non vanno mai a “coprire” la melodia e non appesantiscono il suono, prediligendo un approccio “live” e un po' “sporco”, che esalta sia le prestazioni strumentali di tutti i presenti che la voce ispirata e istintiva del nostro amico Eric.

Fatevi trasportare dalla colonna sonora ideale di un sabato sera di festa in birreria (magari con un palco bello capiente), un po' di divertimento e spensieratezza oggi possono diventare una medicina quasi miracolosa e necessaria.