Quante sono le band che hanno vissuto di rendita grazie al successo del debutto? Rispondo io per voi: tante. Quasi sempre però la luce dei riflettori di un successo immediato ha permesso di mettere in sicurezza il conto banca ma ha rappresentato un ostacolo creativo insormontabile. Tra questi uno dei quintetti che ho sempre apprezzato, i Gin Blossoms da Tempe, Arizona. Il loro New Miserable Experience (anno di grazia 1992) arrivò come una ventata di freschezza, tra melodie appiccicose come miele sotto il sole e chitarre pulite ma in grande spolvero, necessarie per arrangiare alla "americana" un pop/rock così suadente da rasentare la perfezione.
Effettivamente brani come "Hey Jealousy" o "Until I fall away" sono irripetibili, talmente irripetibili che quel disco è rimasto la croce e delizia dei cinque di Tempe. Dal quel 1992 sono passati 26 anni (mamma mia...) e tre dischi con qualche canzone azzeccata ("Miss Disarray" da No Chocolate Cake è la dimostrazione che il talento va in letargo ma quando si sveglia sa ancora graffiare).
Purtroppo, non è così con questo Mixed Reality, uscito il 15 Giugno scorso, che ci propone una band un po' a corto di idee oppure, per dirla senza troppi peli sulla lingua, inevitabilmente invecchiata ed ancora in cerca della formula magica di quell’ormai andato 1992. I Gin Blossoms, fortuna loro, li riconoscerete sempre alla prima nota, grazie alla voce, quella sempre stupenda e mai scontata, di Robin Wilson. Il buon Wilson ha il potere di evocare l'America della provincia, quella che esce dalla radio mentre attraversiamo il deserto dell'Arizona, da qualche parte alla periferia di Phoenix: è un dono, c'è poco da fare. La scrittura però non sorregge la sua ugola, perché quella formula di pop/rock veloce e melodioso è oggi diventata una minestra riscaldata e soprattutto le melodie non sono più a presa diretta come quelle passate.
C'è sempre un brano da canticchiare sotto la doccia nei dischi dei Gin Blossoms ed in Mixed Reality è l'opener "Break" ad avere le carte in regola, cosa che fa pensare ad un disco ben a fuoco. Solo che brano dopo brano esce fuori una stanchezza compositiva evidente: a fare bella una canzone non bastano più un giro di accordi, un arpeggio furioso e le storie di provincia di Wilson. Così si salva "Angels Fly" o la semplice ma sincera "Here Again", mentre non riescono ad emergere brani come "New Mexico Trouble" o "Girl On The Side". Per carità, c'è mestiere ed anche qualche rimando caro al sottoscritto (il riff di chitarra di "Miranda Chicago" rimanda a quel capolavoro che risponde al nome di "Me In Honey" dei R.E.M....o almeno spero sia una citazione voluta...).
Troppo, troppo poco da chi ancora mettendo sul lettore quel capolavoro di 26 anni fa mi sognare l'America e la potenza che due chitarre pulite, una voce calda ed una melodia azzeccata possono sprigionare. Col dolore nel cuore, ma Mixed Reality non è nemmeno lontano parente di quei Gin Blossoms. Se però è una scusa per farci ancora sentire dal vivo "Hey Jealousy", allora mi bevo questo vino annacquato.