Gli Oxymorrons non si curano delle etichette e degli stereotipi. Di origine haitiana, dominicana e venezuelana nelle dosi di melanina, ma newyorkesi del Queens nei fatti, i fratelli Demi "Dee" e Kami "KI" e i compari Matty Mayz e Jafe Paulino fondono rap, rock, punk e molto altro con aggressività, catchyness e consapevolezza, accompagnando il loro sound a testi impegnati, che cercano di raccontare la loro esistenza come uomini di colore nella società e nell’industria musicale del rock.
Dopo l’EP di debutto Complex But Basic nel 2016 e qualche singolo sparso, i ragazzi di NYC arrivano finalmente al secondo EP, l’odierno Mohawks & Durags, pubblicato con la 333WreckordsCrew di Jason Aalon Butler dei Fever 333. Per riuscire a catturare con efficacia il loro sound, il frontman dei Fever333, oltre a collaborare in prima persona su uno dei pezzi (“Definition”), a cui ha contribuito con un featuring, assieme ai suoi protetti ha coinvolto dei produttori di primo piano: John Feldmann (Mod Sun, The Used, Blink-182), Zach Jones (Chelsea Grin, Dance Gavin Dance, As It Is), Marc Orell (Dropkick Murphys) e The Hustle Standard, con cui gli Oxymorrons avevano già collaborato per i singoli precedenti.
Le esperienze collettive dei quattro hip-hop-rockers hanno prodotto sette tracce che nella realtà sono sei: tre più tre inframmezzate da uno skit parlato (“Talk”), ma se parliamo di queste sei e la domanda è “come sono?”, la risposta è una sola: una bomba.
“Justice” è la prima traccia che ci si trova dinnanzi, un grido di guerra antirazzista, aggressivo e catartico, che urla della paura e della rabbia che gli uomini di colore devono spesso affrontare nell’attuale sistema giudiziario e amministrativo. Registrata nel febbraio 2020 a Los Angeles con Zach Jones, è stata scritta in sole quattro ore. Il coinvolgimento emotivo nel raccontare la frustrazione, lo spavento e la stanchezza nel vedere l’ennesimo caso di persone di colore uccise da atti di razzismo, la paura che il prossimo potrebbe essere qualcuno a te caro, ha portato i ragazzi a devolvere tutte le entrare derivanti dallo streaming, dal merchandising e dai download di questa canzone, sia ora che in futuro, a enti di beneficenza no-profit e movimenti che combattono le diseguaglianze, di modo da poter contribuire materialmente a lottare per il cambiamento.
Segue a ruota “Green Vision”, un perfetto singolo che interseca rock e hip-hop in salsa e atteggiamento NYC; una canzone nata già da qualche anno e già uscita in diverse versioni, che qui trova la sua forma definitiva con l’ottima produzione della combo Zach Jones & The Hustle Standard.
“Definition” è l’ottimo pezzo che chiude la prima convincente parte dell’EP, prodotto da John Feldman, Zach Jones e Jason Aalon Butler: un inno per tutti coloro che rifiutano di essere etichettati, inscatolati e – per l’appunto – definiti, un canto per chiunque non voglia dover scegliere tra le diverse anime della propria persona, solo perché la società chiede il pegno di una gabbia univoca, ma esiga il diritto di poter affermare la propria molteplicità e indefinitezza.
Superato lo skit si arriva a “Django”, l’ode degli Oxymorrons all’hip-hop e al rock degli anni Novanta…e all’orgoglio nero, che guarda non solo alle incarnazioni della resistenza nera note ai più, ma anche alle tante persone di colore senza nome che hanno combattuto per la liberazione dei loro popoli, a cui ognuno può sentirsi di assomigliare.
Segue “Ghost of Chuck Berry”, che rende omaggio a uno degli antenati e padri fondatori del rock & roll. Nel corso dei minuti si citano vari riferimenti al catalogo delle sue canzoni, in particolare l’outro, che accenna a "Maybellene", per poi fondere il mondo del rock’n’roll a icone hip-hop e rock moderne, a elementi di metal e blues, e arrivare a usare (ebbene sì) anche l’autotune nella voce. Quest’ultima forse una scelta che piacerà in particolare ai fan dell’hip-hop, ma ciò a cui si mira è una fusione di generi che vuole dimostrare quanto la mescolanza di cose che possono sembrare a loro modo anche antitetiche, se fatta con criterio e attenzione, possa creare un amalgama nuova, bella e piacevole. Una metafora di accettazione e convivenza scritta nel linguaggio di chi parla – letteralmente – anzitutto con la propria musica.
“Pretty People” è la traccia che chiude il disco (anche se in realtà è stata la prima ad essere scritta per l’EP) ed è stata realizzata assieme a Marc Orrell dei Dropkick Murphys. Obiettivo divertimento e punk style. Una canzone che parla delle pressioni che vengono spesso fatte per cambiare se stessi e il proprio codice espressivo e del finire con sentirsi sempre “altro” rispetto agli altri. Una nota che potrebbe sembrare riflessivo-depressiva per concludere l’esperienza di ascolto, se non fosse che gli Oxymorrons colgono invece l’occasione per sottolineare quanto invece è giusto essere felici di essere se stessi, perché essere liberi e fedeli a se stessi prevarrà sempre su qualsiasi spinta alla popolarità. Quella passa, è vuota, la sostanza invece resta. E quale persona migliore per contribuire alle voci dei cori di una simile canzone se non Chris#2 degli Anti-Flag? Punk rock e attitudine nella sua forma più pura.
Ribelli, esplosivi, fedeli alla linea, inclusivi, combattivi e impegnati. Gli Oxymorrons hanno realizzato un EP che ispira le persone ad essere libere (dagli stereotipi, dai vincoli e dalle oppressioni della società) e che scivola via come velluto nelle cuffie, portando spesso a premere il tasto replay. Amanti dell’hip-hop, del punk-hardcore e del rapcore? Avete il vostro nuovo gruppo da seguire.