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REVIEWSLE RECENSIONI
21/07/2025
Wet Leg
Moisturizer
Dalla chaise longue alla sdraio: Moisturizer è un disco per l’estate, perfetto per le vostre vacanze indie-rock. Dodici trascinanti tracce che riescono nell’ardua impresa di superare, in bellezza, il disco d’esordio.

Al primo ascolto completo di Moisturizer, che a onor del vero andrebbe scritto con l’iniziale minuscola (un’avvertenza caldeggiata anche per tutti i titoli dei brani ma che mi rifiuto di osservare in quanto inconciliabile con i miei rigorosi principi editoriali) possiamo tirare un sospiro di sollievo. Il record mondiale di durata di brano sullo stesso unico accordo risulta imbattuto. Nel caso, il primato sarebbe comunque rimasto in casa dei campioni in carica: i tre minuti e sedici secondi invariati di “Chaise Longue” non sono stati migliorati da nessun pezzo del nuovo disco. Per la cronaca, “Pillow Talk”, canzone numero nove, ci è andata vicino. Apprezziamo il tentativo, ma è lunga solo due minuti e cinquantasei.

Una notizia che merita una doppia lettura: intanto le lacune di immediatezza e spontaneità delle nuove tracce rispetto a quelle del primo album omonimo (ma un disco d’esordio è un disco d’esordio, direte voi) e l’assenza di certi tormentoni da botta e risposta con la folla nei live (il “What?!?” corale in risposta a “Excuse me”, e l’ormai ricorrente urlo suscitato da “Ur Mum”, con cui far esplodere il pubblico) è ampiamente colmata e controbilanciata da una sorprendente varietà compositiva. Poi, soprattutto, ci troviamo al cospetto di un disco un po’ meno punk e un po’ più intriso di ammiccamenti pop, ma ci sta. Meglio non ripetersi mai, e certi toni è preferibile non forzarli, il rischio di prendere delle cantonate è sempre dietro l’angolo. Anche perché il ritorno dei Wet Leg (com’era prevedibile) è uno dei dischi più divertenti mai sentiti da un po’ di tempo a questa parte.

 

Come non apprezzare il gesto. Dopo stagioni fitte di opere dense e faticose, l’estate ci porta in dono finalmente un album di indie rock-pop disimpegnato, scazzato, catchy, stravagante e sbarazzino. L’irriverente verve compositiva di Rhian Teasdale e Hester Chambers è ormai il marchio di fabbrica del genere Wet Leg, una specie di post-punk da scampagnata, intelligente e stracolmo (non è una novità) di ironia.

In formazione ora prendono stabilmente posto i tre musicisti che abbiamo imparato a conoscere in occasione delle partecipazioni ai principali, per non dire tutti, festival internazionali dall’uscita del primo album omonimo e il seguente tour di promozione. Da quello che si evince scartabellando nei numerosissimi video (amatoriali e non) su Youtube, non può non saltare all’occhio il modo in cui il bassista Ellis Durand, il batterista Henry Holmes e il chitarrista polistrumentista Joshua Mobaraki, shorts a parte ma comunque decisamente wetleggers honoris causa negli outfit, siano entrati a pieno merito nella band. Perché fare il turnista, quando sei sufficientemente cazzone come chi ti ha ingaggiato? Ormai sono membri ufficiali anche loro a tutti gli effetti, su questo non ci piove.

 

Moisturizer, almeno quanto l’album che l’ha preceduto, merita un ascolto analitico, traccia per traccia. Il disco comprende brani che vi piaceranno, altri che apprezzerete moltissimo, qualche canzone che vi lascerà a bocca aperta e due o tre hit per le quali impazzirete. Il fatto è che Rhian Teasdale parla spesso di amore e, visti i precedenti, vai a sapere se questa volta fa sul serio.

È con "CPR", il pezzo introduttivo nonché acronimo di Cardio-Pulmonary Resuscitation, che non perde tempo a dichiararsi. Il suo cuore è su di giri e ci vuole come minimo una respirazione bocca a bocca, per rimettersi in sesto. Un’introduzione che, sia per temi che per stile, fa il paio con il seguito, "Liquidity", entrambi sviluppati lungo i canoni di un indie-rock da manuale. La coppia di singoli successivi, "Catch These Fists" (canzone che ci mette in guardia sin dalla prima battuta) e la romantica "Davina McCall", riflettono due diverse visioni dell’amore, quello più combattivo e quello più accomodante. 

Seguono una manciata di brani decisamente più raffinati della media e che faranno sciogliere il pubblico dal vivo, e mi riferisco a "Jennifer's Body" (su tutte la mia preferita), "Mangetout", "Pond Song" e "Pokemon". Chiudono la tracklist la ruvida "Pillow Talk", la sinuosa indie-ballad "Don’t Speak", composizione perfetta per avviare la procedura per i saluti finali, l’unica testimonianza di canzone lenta dei Wet Leg, ovvero "11:21", fino a quella che ha tutte le carte in regola per essere il nuovo prossimo singolo, "U and Me At Home", una canzone con un ritornello così appiccicoso che non vi mollerà più.

 

Dodici canzoni che è facile liquidare in poco più di un paragrafo perché, davvero, nell’insieme rasentano la perfezione per un disco con simili credenziali. I Wet Leg, o le Wet Leg se vi rifiutate di riconoscere la nuova ragione sociale, con Moisturizer hanno davvero fatto centro. Risollevarsi dai fasti di un riempipista pigliatutto come "Chaise Longue" e confermare la propria abilità di songwriting da tormentone indie sarebbe stato impossibile, e se Rhian Teasdale e Hester Chambers si fossero messe a tavolino per ritentare l’alchimia di un brano riuscitissimo sarebbero incorse sicuramente in un errore madornale e senza ritorno, se non in una perdita di tempo.

Ci troviamo al cospetto di un’opera priva di qualunque forzatura, un genuino album indie rock che, siamo certi, passerà alla storia tra i dischi di una generazione che ricerca nella musica solo del sano e puro divertimento. Moisturizer, tutto il disco nel suo insieme, è la nuova "Chaise Longue", un album di qualità totale che, nel futuro della band, sarà ancora più difficile da eguagliare.