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REVIEWSLE RECENSIONI
22/11/2017
King Khan
Murderburgers
Un disco del 2014, oggi ripubblicato su Khannibalism, che racchiude in dieci canzoni tutto ciò che può piacere ai fan del garage punk (e non solo a loro).
di Antonio Abbruzzese

Aris Ahmad Khan, alias King Khan, è da almeno venti anni che suona nel circuito del garage punk, dall’esordio di fine anni ’90, con gli Spaceshits, proseguendo con i progetti King Khan and the BBQ e King Khan and the Shrines che lo hanno fatto diventare una delle figure di spicco del garage punk del secondo millennio. In “Murderburgers” il cantante indo-canadese ritrova le vecchie conoscenze Greg Ashley (ch) e Oscar Michel (bs) della band californiana Gris Gris che insieme a Garrett Goddard (bt), Chris Stroffino (piano) e Wallace Lafont Jr. (sax) formano una backing band di assoluto rilievo. Il risultato è più che soddisfacente: riferimenti al punk e agli Stooges, exotica, garage, country e alle colonne sonore dei B-movie per la gioia degli appassionati del genere e di chi è cresciuto con le compilation della Crypt Records. Dieci brani quasi perfetti, ben suonati e ottimamente registrati (l’album è stato prodotto dallo stesso Ashley nei suoi studi di Oakland), con tutti i riferimenti già citati: dal punk rock di “Teeth Are Shite” alla Stoogiesiana/Damned style “Born in 77” (pezzo forte del disco), il country tra Hank Williams e DM Bob di “It's Just Begun” (stupenda!), il garage di “It's A Lie”, la tribale e trascinante open track “Discreate Disguise”. Poi chiudete gli occhi e immaginate i film di Russ Meyer ascoltando “Desert Mile” e “Run Doggy Run” (con super solo finale), riapriteli per assaporare “Winter Weather”, splendida ballata che chiude la scaletta richiamando alla memoria i Green On Red di “Here Come The Snakes”. Un bel disco che conferma King Khan tra i migliori talenti del garage punk contemporaneo.