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REVIEWSLE RECENSIONI
28/10/2025
Naïmah
Naïmah
Anche nella nebbiosa pianura padana possiamo trovare tracce di desert blues, soul e raffinato jazz, grazie ai Naïmah, giovane quartetto atipico che, come dice il nome, cerca di portare piacere e felicità con questo esordio autointitolato.
di Iputrap

"Non c’è riposo, non c’è quiete: tutto è in movimento, come chi cerca un equilibrio ma non riesce a trovarlo". (Naïmah)

 

I Naïmah si incontrano per la prima volta nel 2023, durante alcune jam session bolognesi e tra loro scatta subito l’alchimia perfetta, che li porta a creare questa band, sicuramente caratterizzata da una formazione non usuale. La particolarità vive nell’assenza di un batterista vero e proprio, e quindi il groove viene creato in modo essenziale e minimale, attraverso l’uso di casse e percussioni che danno respiro e spazio a melodie e armonie, passando di componente in componente, da Beatrice Lenzini alla voce, a Fabio Mazzini a chitarra e grancassa, a Giovanni Tamburini al flicorno e Luca Pasotti al basso fretless.

Questo equilibrio in apparenza instabile, si nutre di riferimenti di jazz classico grazie al flicorno tipico di certe sonorità fumose e raffinate, che però viene accorpato a un basso pulsante e che insieme a una chitarra versatile, riecheggia alcune ritmiche tipiche della musica nordafricana ma che potremmo definire come “desert blues”, perché a un certo punto sembra di arrivare dal Mali al Mississippi, come nel leggendario album del 1994 Talking Timbuktu a firma condivisa tra Ali Farka Toure e Ry Cooder.

 

Contaminazione è la lingua parlata in queste otto tracce che rappresentano l’esordio discografico dei Naïmah, a cui si aggiungono elementi soul antichi e moderni, grazie alla voce imperiosa di Beatrice Lenzini, capace di accarezzare in certi frangenti, come anche di toccare intensità quasi rock in altri, anche se il ritmo rimane atipico e spesso sostenuto solo da percussioni sparute e basso molto ritmico, che costruiscono insieme alcuni paesaggi sonori sicuramente fragili, quanto suggestivi.

La scelta facile di dare spazio al “peso” di una batteria classica, viene spazzata via da una consapevolezza che spinge al viaggio costante, dove l’identità di genere diventa un inno alla diversità e si nutre appositamente di stili e orientamenti anche molto diversi tra loro, ma sempre ricchi di emozioni e di sentimenti mai banali.

 

Tutto parte da una “Love and Die” che sembra essere la prima firma d’autore del gruppo, dato che una rielaborazione della stessa traccia, andrà a chiudere ciclicamente il disco. Come dice la band, "questo è un brano che si muove sul confine tra slancio e caduta, tra il desiderio di affidarsi e la paura di perdersi. Un simbolo di fragilità e trasformazione, che racconta una storia fatta di attese, illusioni e improvvisi silenzi". Nella sperimentazione costante che toccherà i successivi pezzi, questo incipit rappresenta una dichiarazione d’intenti e un manifesto sonoro così ampio e ambizioso, da dover essere sicuramente ampliato successivamente, grazie a quella magia che chiameremo “tempo”.

La sensazione, infatti, è quella di ascoltare un lavoro di grande spessore ma anche in cui sia evidente che il processo di maturazione del gruppo sia ancora molto ampio e che certe influenze andranno incorporate e armonizzate ancora di più, nei passi successivi a questo debutto. L’uso quasi totalizzante della lingua inglese, infatti, è certamente una discreta “coperta di Linus” che rende il tutto più internazionale, ma quando il quartetto azzarda l’uso dell’italiano nella splendida “Radice Nera”, si percepisce qualcosa di ancora più ardito e meraviglioso, che si spera i Naïmah abbiano il coraggio di esplorare nel loro futuro.

 

In conclusione, questo primo tassello artistico è consigliabile a chi ama la musica non banale e vissuta a trecentosessanta gradi, ma va soprattutto apprezzato come una sorta di “boccata di aria pulita”, in un universo dell’industria discografica dove tutto deve essere vincente, codificato e digerito in pochi minuti, per poi passare a un ennesimo nome simile ad altri, in cui saper suonare e cantare non è poi così importante, tanto ci pensa la tecnologia a sistemare tutto.

La musica reale però, è verità imperfetta ed emozione senza certezze. Benvenuti Naïmah!