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REVIEWSLE RECENSIONI
Naming and Blaming
The Public Opinion Afro Orchestra
2018  (Hopestreet Recordings)
BLACK/SOUL/R'N'B/FUNK
7/10
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22/01/2019
The Public Opinion Afro Orchestra
Naming and Blaming
Il progetto Public Opinion Afro Orchestra rinsalda il legame con quella che fu la stagione dell’Afrobeat, anche grazie alla copertina del disco disegnata da Lemi Ghariokwu...

È un inverno freddo questo di inizio duemiladiciannove, anche per il venditore black all’angolo della strada che offre tovagliette ed accendini ai passanti. Fa talmente freddo che ad un certo punto decide di andarsene dalla sua postazione abituale, se ne va non solo perché i passanti tirano dritto, ma forse anche per riuscire a scaldarsi un po’, camminando.

Se potessi condividere le mie cuffie con lui potrei fargli ascoltare qualcosa che seppure non gli riscalderebbe mani e piedi, lo farebbe con la mente ed il cuore.

Come ad esempio The Public Opinion Afro Orchestra che pompano funk nigeriano dentro i miei canali auditivi, mentre mi decido a scendere dall’auto riscaldata e mi avvio al lavoro. Fa freddo, e so già che la mia scorta di calore finirà presto. Ma intanto la band australiana fa il suo dovere e cerca di farmi dimenticare le crudezze del clima.

Un ensemble di 17 ragazzi, australiani, come detto, arrivati al secondo album Naming and Blaming, edito per la Hopestreet Recordings: pochi brani ci troverete ma lunghi ed ipnotici, non meno di sette minuti, dove l’afrobeat in quota Fela Kuti fa la parte del leone, ma ben attento a quel che gira intorno, hip hop, improvvisazione e critica sociale.

Naming and Blaming è un disco politico, i testi sono belli incazzati nel ricordare quello che fu il colonialismo nel continente africano (ed australiano), un comune sentire delle popolazioni indigene fatto di orgoglio delle proprie radici e di speranza in un avvenire che cambi davvero le cose.

Il progetto Public Opinion Afro Orchestra rinsalda il legame con quella che fu la stagione dell’Afrobeat, anche grazie alla copertina del disco disegnata da Lemi Ghariokwu, una leggenda per quanto riguarda l’arte dei collage, che già illustrò a suo tempo gli album di Fela Kuti, nume tutelare del gruppo e presenza che aleggia eterea in tutti i solchi.

Sarà per questo e non solo per questo che la crew spesso e volentieri viene invitata a suonare in Africa, dove già mi immagino torride jam session con i musicisti del posto, e forse chissà, per rompere il gelo che mi attanaglia, sarebbe bello poterla vedere in azione anche da noi.