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REVIEWSLE RECENSIONI
29/07/2025
Turnstile
Never Enough
Un disco furbissimo e smaccatamente mainstream, in cui l'urgenza e l'aggressivitĂ  dell'hardcore scompaiono in favore di un pop punk prevedibile e senza mordente.

Ci sono fenomeni che non riuscirò mai a comprendere. Ad esempio, come sia possibile che certe band dalla caratura artistica modesta, trovino così tanto apprezzamento da parte della critica specializzata. Sarà forse questione di hype, non so. Quel che certo che i Turnstile, a prescindere dall’indubbio successo commerciale (basta dare un rapido ascolto a questo Never Enough per comprenderne i motivi) ottengono sempre giudizi accomodanti dalla maggior parte della stampa. Dimenticato l’esordio di dieci anni fa improntato a un grintoso hardcore melodico, la band ha fatto il botto con Glow On del 2021, un disco che ha mietuto un gran successo commerciale sia negli States che nel Regno Unito, traghettando la band da piccoli localini di periferia alle arene.

Gli elementi vincenti della svolta sono stati la cadenza strascicata del frontman Brendan Yates (una voce senz’altro suggestiva, ma priva di consapevolezza tecnica), l'artificioso pop-punk da fratellanza (bella zio!), l'uso ostentato di groove prevedibili e hook melodici un po’ puerili ma di grande resa, componenti, queste, tutte presenti anche in questo Never Enough.

Ora, il tema non è chiedersi se i Turnstile siano ancora una band hardcore o meno. A modesto parere di chi scrive contaminare il suono, arricchirlo e cercare nuove forme espressive è cosa buona e giusta. Il problema è semmai come lo si fa.

Never Enough è un disco furbissimo, mainstream in modo sfrontato, seppur arrangiato con grande intelligenza. Tuttavia, proprio perché rivolto a un pubblico (semi) generalista, ci troviamo ad ascoltare canzoni che puntano all’acchiappo immediato, sacrificando però ardore, passione e creatività. Se dovessimo dare un giudizio considerando esclusivamente la fruibilità della proposta, saremmo largamente indulgenti: il disco è divertente, orecchiabile, e la melodia blinda ogni singola canzone, donandole immediata fruibilità. Tuttavia, chi ha qualche anno in più e nella propria vita ha ascoltato un po’ di musica, comprende immediatamente come la proposta ci metta pochissimo a mostrare la corda.

 

Parte la title track coi suoi bei tastieroni ariosi e una leccata melodica smaliziata, ma quando, poco dopo, entrano le chitarre a fare muro, ci si domanda come sia possibile per chi proviene dall’hardcore tirar fuori un suono così educato. La successiva "Sole" vorrebbe mostrare i muscoli, ma sono muscoli da palestra, non certo quelli forgiati nei vicoli di una lurida periferia, e il riff è così scontato che anche la bella intuizione di inserire dei synth roboanti sul finale, non riesce a placare la sensazione di deja vu.

"I Care" si gioca la carta della melodia tirando fuori un giro di chitarra che rimanda gli Smiths più pop, e l’effetto è piacevole, nonostante la voce di Brendan Yates, a cui qualche lezione di canto farebbe comodo. Funziona bene anche il pop punk di "Dreaming", in cui gli inserti di tromba tirano la band fuori dall’impaccio di una certa ripetitività di fondo.

Arrivati a metà disco, si ha la sensazione che se con Glow On i Turnstile avevano preso l'energia, l'aggressività e il carisma del punk, trasformandoli in un panino kebap no cipolla e salsa piccante, con Never Enogh abbiano aggiunto anche una cospicua dose di maionese, per attenuare ulteriormente la veracità del sapore, strizzando così l’occhio al consumatore medio.  

 

Molti degli sforzi della band per accaparrarsi consensi si ritorcono contro di loro, come nel dream pop apatico della deludente "Magic Man" o nel canovaccio frusto di "Dull". Tuttavia, nelle rare occasioni in cui la band si abbandona a divagazioni atmosferiche, si dimostra capace di costruire ottimi soundscape. La coda estesa del pezzo forte dell'album "Look Out For Me" o l'outro della citata "I Care" dimostrano che in questi casi i Turnstile sono in grado di abbandonare la scrittura lineare, suonando in modo eccellente. "Look Out For Me", in particolare, mostra la potenza di una paziente costruzione strumentale per sovvertire le aspettative e offrire una gratificazione a lenta combustione come nessun ritornello orecchiabile al mondo potrebbe vantare.

In momenti come questi, quando la band smette di aggrapparsi all'ideale elaborato e sterile del punk radiofonico che ha da tempo modellato entro confini così spietatamente precisi, Never Enough sembra parlare di una band dal grande potenziale.

Questi tiepidi surriscaldamenti richiedono una qualche forma di urgente riconsiderazione. Il costante riferimento che la band fa all’hardcore parlando di se stessa, ovviamente non ha più senso. Se questa è la strada che hanno deciso di imboccare, e parrebbe di si, ben per loro, il successo è senz’altro garantito. Se, tuttavia, al puro divertimento per teenager alla festa di fine anno scolastico, volessero aggiungere rilevanza creativa, occorrerebbe partire dalle cose buone di Never Enough e concentrarsi maggiormente sulla scrittura.

Detto questo, il disco ascoltato in macchina in un pomeriggio di cazzeggio, funziona abbastanza bene da meritarsi la sufficienza. Vedremo alla prossima.