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REVIEWSLE RECENSIONI
22/03/2018
Preoccupations
New Material
La via dell’emancipazione dalle torbide atmosfere Vietcong fa approdare i Preoccupations a una nuova tappa importante. I risultati sono un ottimo disco e uno stile che è sempre più solo loro.

Di tutta la nuova generazione ispirata dal post punk, i Preoccupations - insieme ai Protomartyr - rappresentano forse la versione più originale. Stiamo parlando di band che si sono cucite addosso un genere antico attraverso trame sensibilmente adeguate alla loro modernità, senza lasciarsi prendere la mano dalle linee guide e dall’estetica musicale imposte dal mercato. Ma c’è di più. “New Material” sta forse per nuovo tout court. La via dell’emancipazione dalle torbide atmosfere Vietcong fa approdare il gruppo a una nuova tappa importante. Sempre parchi nel numero di tracce (qui sono appena otto) e laconici nei titoli dei pezzi, i Preoccupations diventano ancora più definiti e concreti, affinando uno stile che è sempre più solo loro.

“New Material”, terzo long playing della band canadese, lascia infatti qualche speranza di salvezza in più dei precedenti e costituisce un’evoluzione ancora in meglio dallo scorso “Preoccupations”, l’album omonimo uscito nel 2016. Intanto la voce di Matt Flegel si fa molto meno intransigente e radicale che in passato, prestando il suo inconfondibile timbro a linee melodiche talvolte sin morbide o, comunque, molto più accessibili e senza particolari contrasti con il temperamento dei brani.

Le tracce stesse contengono arrangiamenti e soluzioni armoniche decisamente più user-friendly, anche nei frequenti ricorsi ai tempi dispari. Permane la disperazione abissale che si conferma il tratto distintivo della band. In “New Material”, però, l’impressione è che i Preoccupations abbiano voglia di sedersi e parlarne a quattr’occhi con chi li ascolta, confrontandosi con maggiore calma e adottando un linguaggio più intimo, sicuramente più comprensibile e in generale meno scostante.

L’album si apre con “Espionage”, un veloce brano indiscutibilmente nello stile consolidato del quartetto di Calgary, caratterizzato dai botta e risposta tra voce solista e cori nel ritornello. Ma la prima sorpresa arriva già con la seconda traccia, “Decompose”, che a scapito del titolo si muove compatta in un mood quasi math rock, con una melodia preoccupantemente serena. In “Disarray” risalta al massimo l’asperità del timbro di Matt Flegel (complice una linea vocale che richiama a tratti i Psychedelic Furs), qui accompagnato da cori in perfetto equilibrio lungo i continui cambi di tempo tra pari e dispari del brano.

Splendida, quindi, la linea di sequencer che introduce “Manipulation” e la trovata della rullata lunghissima ad aumentare le aspettative dell’esplosione emotiva del ritornello. “Antidote”, la canzone successiva, si snoda invece lungo un ritmo costruito tutto sui tamburi ad accompagnare una melodia articolata e compiacente, per poi perdersi in un eterno loop conclusivo che conduce il pezzo agli antipodi dell’intenzione iniziale. A questo punto, la sfida è tenere il tempo del riff iniziale di “Solace” con i suoi undici imballabilissimi ottavi, l’episodio meno elettronico dell’album in cui risalta una straordinaria parte di chitarra alla Johnny Marr.

“New Material”, in chiusura, torna però a precipitare il suono nelle tenebre. La penultima “Doubt” si distingue per il suo ritmo funereo portato all’estremo da una batteria ridotta all’osso, per concludere infine con il capolavoro di “Compliance”, uno strumentale dark in cinque quarti eseguito con un uso magistrale dei sintetizzatori, perfettamente amalgamati in un tessuto sonoro che si deteriora gradualmente in un crescendo di tensione, fino ad esplodere in un noise devastante.

È evidente che, con questo nuovo disco, i Preoccupations abbiano alzato l’asticella degli obiettivi. “New Material” è un album pressoché perfetto e, per questo, giustamente ambizioso, capace di condurre la band verso un meritato traguardo di successo ben oltre la cerchia dei fan della prima ora. È un disco che trasuda personalità e stile e che conferma l’alto livello artistico raggiunto, in grado allo stesso tempo di mantenere inalterato quell’approccio compositivo sofferto e claustrofobico a musica e testi che fa, dei Preoccupations, una delle realtà più interessanti degli ultimi anni.