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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
10/10/2025
Live Report
NewDad, 09/10/2025, Arci Bellezza, Milano
Sin dalle prime battute i New Dad elargiscono sorrisi a profusione, Julie indica spesso le persone mentre canta, quando suona si avvicina il più possibile al bordo del palco e più volte stringe mani alle prime file. Atmosfera bellissima, quindi, ed è soprattutto per questo che lo show decolla.

La cosa più sorprendente, almeno dal mio punto di vista, è che un'ora prima che aprano le porte della sala principale c'è già un bel po' di gente in coda. Niente di che, saranno una ventina di persone, ma quel che colpisce è che sono tutte ragazzine, alcune delle quali accompagnate dai genitori. Ci sono dei cartelli con richieste gentili ("Julie and Sean, please give me your guitar pick!" cosa puntualmente avvenuta alla fine del concerto) e qualcuna indossa addirittura dei "braccialetti dell'amicizia" sul modello di quelli dei fan di Taylor Swift, con la differenza che questi portano scritti i titoli delle canzoni dei NewDad. Una volta che il pubblico ha fatto il suo ingresso, assieme agli attempati come me, balza all'occhio la presenza di tanti giovani, molti di più di quelli che sarebbe lecito aspettarsi dallo show italiano di una band con questo livello di popolarità.

La prima considerazione è che, probabilmente, qualcosa si sta muovendo anche da noi: dopo il Covid ho iniziato ad avvertire un'urgenza nuova, come se ci fosse fame anche di nomi sconosciuti, ancora da scoprire. Non è un caso che la scorsa stagione l'Arci Bellezza abbia fatto registrare diversi sold out o quasi, alcuni dei quali per band agli esordi o poco più (sorprendente quello dei Chalk, che non hanno neppure ancora un disco all'attivo). La seconda è che evidentemente anche molti giovani ascoltano musica in modo sistematico, che sia sulle piattaforme o in formato fisico, e anche loro scoprono artisti nuovi. Non importa che accada per i suggerimenti di un genitore, per gli algoritmi di TikTok o per qualche playlist a cui arrivano per caso: quel che conta è che anche le nuove generazioni, che forse troppo presto abbiamo bollato come vittime passive di un neoliberalismo imperante, possano fare un percorso di ascolti che sia in tutto e per tutto personale.

La terza e ultima considerazione, è che i NewDad stanno davvero crescendo: nel gennaio scorso, quando uscì Madra, ci eravamo già accorti che questi irlandesi avessero qualcosa in più: provenienti da una scena in deciso fermento (tre quarti delle band più interessanti degli ultimi anni stanno lì), il terzetto di Galway ha da subito mostrato di saper maneggiare ingredienti scontati (dal Dream Pop allo Shoegaze) e di rimescolarli per creare canzoni che sono piccoli gioielli di piacevolezza melodica e raffinatezza sonora. Un'anima Pop alquanto evidente, seppure declinata quasi sempre in chiave "Indie", che forse rappresenta il segreto dietro a questa costante salita nelle preferenze del pubblico.

Il nuovo Altar rappresenta un salto di qualità non indifferente, le coordinate stilistiche sono più o meno le stesse ma le canzoni nel complesso funzionano meglio e mettono in mostra un potenziale commerciale che in futuro potrebbe dispiegarsi appieno.
Erano passati dalle nostre parti la scorsa estate nel contesto del Low Fest, in provincia di Piacenza, ma non se n'erano accorti in molti, il pubblico era più che altro lì per l'evento in sé piuttosto che per loro. Questa sera è diverso: sold out già in prevendita e prime file occupate da fan giovanissimi ed entusiasti; un successo annunciato, insomma.

Si parte alle 22.45 e sul palco sale la sola Julie Dawson che, senza chitarra, canta i primi versi di "Other Side", il brano di apertura del nuovo disco. Uno dopo l'altro arrivano anche gli altri tre, il suono si riempie e lo show ha inzio davvero. Fiachra Parslow (batteria), Sean O'Dowd (chitarra) e Marie Freiss, nuovo innesto al basso per questo tour, appaiono sufficientemente amalgamati e riproducono le canzoni con un tiro adeguato, anche se poco aggiungono alle versioni in studio. Purtroppo entrambe le chitarre si avvalgono di amplificatori digitali e tale soluzione non è esattamente l'ideale per un suono pieno e avvolgente. Molto meglio il basso, da questo punto di vista, che infatti svetta parecchio nelle varie esecuzioni. Per il resto si tratta di una buona live band, leggermente cresciuta rispetto alla prima volta che l'ho vista, ma che non offre nulla di trascendentale in termini di esperienza concertistica. I vari episodi sono resi molto bene, Julie canta con sicurezza e tiene il palco con disinvoltura, i fraseggi di Sean sono puntuali e precisi, ma l'insieme è nel complesso fin troppo controllato ed è difficile liberarsi dall'impressione di aver davanti un gruppo che svolge il compitino, seppure in modo egregio.

Quel che colpisce, semmai, è lo straordinario feeling che si crea in generale col pubblico e soprattutto con le prime file. La band è evidentemente sorpresa di trovarsi di fronte gente che conosce a memoria tutti i testi e che partecipa in modo così entusiasta. Sin dalle prime battute elargiscono sorrisi a profusione, Julie indica spesso le persone mentre canta, quando suona si avvicina il più possibile al bordo del palco e più volte stringe mani alle prime file. Atmosfera bellissima, quindi, ed è soprattutto per questo che lo show decolla.

In scaletta ci sono quasi unicamente i brani dei due dischi, tralasciando purtroppo tutto il materiale degli Ep e dei singoli precedenti (ad eccezione della sola "Blue"); un peccato, perché un brano splendido come "So Slowly", per esempio, non meritava di essere accantonato così presto. Spazio dunque alle nuove "Heavyweight", "Entertainer", "Pretty", "Puzzle", "Everything I Wanted", tutte potenziali hit (soprattutto queste ultime due) che certificano la bontà di questa band e di un disco come Altar (al momento nella mia personale top twenty dell'anno, lo dico senza mezzi termini). I brani di Madra sono un po' più potenti, risentono di un suono maggiormente influenzato dallo Shoegaze e possiedono una certa aura Dark Wave, nel complesso sono quelli dove il gruppo spinge di più e dove i suoni si inspessiscono: splendida "Sickly Sweet", col tormentone ipnotico del ritornello, l'anthemica "Nightmares" e una "Let Go" costruita su un crescendo d'intensità che il singalong del pubblico contribuisce ad enfatizzare.
Si finisce con la dolcezza Dream Pop di "Sinking Kind of Feeling", poi momentaneo congedo e ritorno per i bis, occupati da due singoli: la vecchia "Angel", che dalle reazioni è sembrata una delle preferite dai presenti, e la nuova "Roobosh", molto catchy nel ritmo e nelle melodie, ideale conclusione di un set nel complesso particolarmente dinamico.

Molto bene la prestazione, dunque, un po' meno la durata: 55 minuti, per una band con all'attivo due album, due Ep e una manciata di singoli, sono francamente un po' pochini. A guardarli, si capiva che si stessero divertendo un mondo, ragion per cui non capisco che cosa li abbia trattenuti dal suonare almeno una ventina di minuti in più.

Al di là di questo amaro in bocca, i NewDad si confermano un'ottima band: mi sbilancio e dico che tra qualche anno li vedremo in azione su palchi ben più grandi.